Politica estera, scoglio per il nuovo governo
Bisognerà capire quanto, nell’eventuale governo Lega-Cinque Stelle, la scelta unilaterale di far decadere le sanzioni alla Russia potrà risultare compatibile con la permanenza dell’Italia nell’Alleanza Atlantica. Perfino il presidente ungherese Orban non aveva mai manifestato un intento così netto di cancellazione delle sanzioni.
Il programma di governo Lega e Cinque Stelle lo stanno limando, ma è abbastanza definito nei suoi contenuti. Nel week-end verrà sottoposto alle basi dei rispettivi partiti, on line nel caso del Movimento Cinque Stelle, nei gazebo per quanto riguarda gli elettori leghisti. I nodi da sciogliere, però, rimangono due: la scelta del premier e le strategie di politica estera.
Sulla scelta dell’inquilino di Palazzo Chigi lo schema sembra definito: sarà un pentastellato (Fraccaro? Bonafede? Carelli? Conte? Lo stesso Di Maio, che non avrebbe ancora abbandonato l’idea?), ma con un leghista nel ruolo di sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega ai servizi segreti (Giorgetti?). Ministeri di peso come gli interni e lo sviluppo economico potrebbero andare alla Lega, mentre welfare e difesa certamente andrebbero ai Cinque Stelle; su esteri ed economia bisogna ancora trovare la quadra.
Ma la questione che attualmente preoccupa di più il Quirinale e che rischia paradossalmente di far rinascere, sia pure sul fronte dell’opposizione, il Patto del Nazareno, è quella della collocazione internazionale dell’Italia e il suo atteggiamento, sia nei riguardi dell’Unione europea che rispetto a Usa e Russia.
Nella bozza quasi definitiva di contratto di governo giallo-verde, compaiono poche righe relative alla fedeltà italiana all’Alleanza Atlantica, mentre si spiegano con maggiori argomentazioni le ragioni della sintonia con la Russia. Peraltro i legami di Putin con i due partiti italiani che si accingono a governare insieme sono assai noti e dunque non è difficile prevedere un ulteriore avvicinamento tra l’Italia e la Russia.
Il punto più controverso è quello dell’indicazione, contenuta nel documento, del ritiro immediato delle sanzioni nei confronti di Mosca, che si associa ad un altro aspetto, quello relativo alla riconsiderazione/rivalutazione delle missioni internazionali, che rischia di incidere non poco sui nostri rapporti con la Nato e il Pentagono e sull’attività e il prestigio internazionale delle nostre forze armate.
Bisognerà capire, e bisognerà capirlo presto, quanto l’eventuale ufficializzazione, da parte del nascente governo Lega-Cinque Stelle, della scelta unilaterale di far decadere le sanzioni alla Russia potrà risultare compatibile con la permanenza dell’Italia nell’Alleanza Atlantica. Perfino il presidente ungherese Orban, cui in più occasioni lo stesso Salvini ha strizzato l’occhio, non aveva mai manifestato un intento così netto di cancellazione delle sanzioni a Mosca, come invece accade nel contratto di governo Lega-Cinque Stelle.
D’altronde lo zar russo non ha perso tempo nel dirsi contento del possibile nuovo governo italiano, esprimendo apprezzamento per i due vincitori delle elezioni politiche del 4 marzo. Un asse, quindi, che parte solidissimo e che rischia di alimentare lo scetticismo che si sta diffondendo verso l’Italia nelle cancellerie europee e oltre oceano, alla Casa Bianca, dove si guarda con sospetto alle manovre della politica italiana di queste settimane.
Si diceva della possibilità che si cementi una nuova alleanza tra Pd e Forza Italia, che pure in questa legislatura rappresentano forze minoritarie e non in grado di incidere, almeno numericamente, sulle scelte di politica estera del nostro Paese. Sia i dem che gli azzurri continuano ad esprimere forti preoccupazioni per l’eventuale partenza del governo Lega-Cinque Stelle, proprio perché esso rischierebbe, secondo loro, di affossare l’Unione e di far diventare l’Italia una seconda Grecia, con un debito pubblico insostenibile e un’ipotesi contagio per altri Stati. La deriva greca è costata all’Unione 700 miliardi di euro, 60 dei quali li ha sborsati l’Italia, e quindi noi contribuenti. In questo caso, ove le ricette leghiste e pentastellate in ambito finanziario si rivelassero costose e naufragassero sugli scogli dell’irrealizzabilità, l’Italia affonderebbe e diventerebbe difficile risalire la china.
Ma questi sono i ragionamenti che fanno i burocrati europei e le forze della conservazione dello status quo. Un’Unione europea come sommatoria di apparati decisionali verticistici e lontani dai popoli del Vecchio continente sembra aver fatto il suo tempo. Le avvisaglie non sono mancate in questi anni, dalla crisi greca alla Brexit, senza contare i mal di pancia in altri Stati. E’ ora di rifondare l’Unione su basi nuove. Lega e Cinque Stelle, scardinando l’assetto esistente, possono forse aprire la strada a questo processo di ripensamento delle istituzioni europee e della governance, ma devono vincere resistenze fortissime, che nell’ultima settimana hanno sprigionato tutta la loro forza, appoggiandosi anche a formazioni politiche nazionali, come detto.
Lega e Cinque Stelle non parlano più, nell’ultima bozza di governo, di uscita dall’euro, ma insistono sulla necessità di rivedere alcuni trattati. Il fatto è che per rivedere i trattati ci vuole spesso l’unanimità e un atteggiamento di estrema intransigenza da parte del probabile nuovo governo italiano potrebbe isolare il nostro Paese anziché favorire la nascita di una nuova Europa, fondata su trattati più equi.
Per tutte queste ragioni sarebbe riduttivo osservare l’evoluzione della politica italiana di questi ultimi due mesi con un occhio rivolto soltanto ai confini nazionali. Occorre invece allargare l’orizzonte e scrutare i riflessi che le scelte politiche italiane potrebbero avere sui nuovi equilibri geopolitici mondiali.