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CRISI ECONOMICA

Più tasse non salvano e penalizzano i cittadini

Non è vera l'equazione “più tasse = più servizi”, mentre è vera l'equazione “più tasse = più spese statali”, ovvero più socialismo.

Attualità 17_08_2011
tasse

L’immagine del parassita è sempre d’attualità, adesso lo usa lo Stato per insultare i suoi cittadini. Più precisamente è l’Agenzia delle Entrate che definisce “parassiti” gli “evasori fiscali”.

Non siamo qui certo a difendere il diritto all’evasione fiscale, eppure qualche riflessione si impone sul rapporto distorto che si è consolidato in Italia tra Stato e cittadini: ad esempio, è una vita che persone che manteniamo noi con il nostro lavoro (impiegati alle poste, dipendenti delle Asl, docenti universitari, medici, forze dell’ordine…) invece di trattarci come i loro datori di lavoro (e di stipendio) ci fanno capire di considerarci, quando va bene, un fastidio.

Ma la questione delle tasse merita una qualche considerazione specifica. Ai tempi della mia istruzione obbligatoria che dicevano che nel tanto vituperato Medioevo, il popolo viveva in una situazione di semi-schiavitù. Erano liberi, certo, ma costretti a pagare la “decima”, ossia a cedere la decima parte del loro guadagno alla Chiesa, definita per questo avida ed assetata di denaro, un vero parassita alle spalle dei poveri lavoratori. Che cattiveria prendere il 10% del frutto dell'onesto lavoro di gente onesta.

Bene, è stato calcolato che in Italia la pressione fiscale reale si aggira tra il 70% e l'80% e oltre. Tradotto: voi credete di lavorare per mantenere la vostra famiglia, e invece quasi tutto quello che guadagnate se lo prende lo stato. In Italia ci sono tasse che gridano vendetta al cospetto di Dio: tasse sull'abitazione privata dei cittadini, tasse sulla successione, persino gli studi di settore sono in realtà una tassa mascherata, che funziona come il “pizzo”: se non vuoi guai, paga... Per tacere, poi, di come vengono impiegati i soldi pubblici: finanziamenti di campagne a favore dell'omosessualità; aborti e “cambiamenti di sesso” gratuiti; un mercato delle “energie rinnovabili” più drogato di un cavallo da corsa drogato; il canone obbligatorio per una televisione di stato che fa più male che bene al paese... Manteniamo un presidente della repubblica che costa più della regina d'Inghilterra, ed un presidente dell'Unione Europea che guadagna più di quello degli Stati Uniti. Avanti di questo passi, quando la tassazione arriverà al 100% e oltre (magari grazie alle tasse dirette che l'Unione Europea da tempo desidera imporre) potremo fregiarci finalmente del titolo di “paese socialista”, dove tutto apparterrà allo stato che – per forza di cose – elargirà servizi, tanti servizi (tutti) ai cittadini. Ovviamente con i soldi che rimarranno (non molti) dopo aver pagato gli stipendi dei dipendenti pubblici, le strutture per ospitarli con tutti i comfort, i vari servizi (acqua, energia, riscaldamento) e i mezzi (computer, auto...), stipendi d'oro per gli amministratori... Si, perché non è vera l'equazione “più tasse = più servizi”, mentre è vera l'equazione “più tasse = più spese statali”, ossia più potere allo stato a scapito dei cittadini, ovvero più socialismo.

Perché la questione è questa: l'equilibrio del potere tra lo stato e la società, cioè i cittadini. La dottrina sociale della Chiesa insegna la formula di questo equilibrio con il Principio di Sussidiarietà, uno dei tre pilastri della Dottrina Sociale della Chiesa insieme al principio di Solidarietà e di Organicità o del Bene Comune. Il Principio di Sussidiarietà si ritrova già in Aristotele e in San Tommaso, ma ha avuto una prima definizione magisteriale nell'enciclica Rerum Novarum di Leone XIII (§ 11). Questo principio in sostanza stabilisce che lo stato ha dei limiti ben precisi (ad esempio non può sostituirsi alla famiglia nell'educazione dei figli), ma soprattutto ha il diritto (e il dovere) di intervenire solo e soltanto quando la società da sola non riesce a soddisfare le sue necessità. Lo stato ha quindi una funzione di aiuto (sussidiaria, appunto) nei confronti della società, che resta la vera protagonista della vita di una nazione.

Per questo motivo la Chiesa da un lato riconosce la necessità dello stato e quindi invita a “dare a Cesare quel che è di Cesare”; dall'altro lato, però, è bene attenta a limitare il potere di Cesare. Potere che, per ovvi motivi, è direttamente proporzionale alla pressione fiscale.

Qualche esempio:

"La privata proprietà non venga stremata da imposte eccessive. Il diritto della proprietà derivando non da legge umana, ma dalla naturale, lo Stato non può annientarlo, ma solamente temperarne l'uso ed armonizzarlo col bene comune, ed è ingiustizia ed inumanità esigere dai privati, sotto nome d'imposte, più del dovere" (Leone XIII, lettera enciclica Rerum Novarum, § 35).

"Non è lecito allo Stato di pesare tanto con imposte e tasse esorbitanti sulla proprietà privata fino al punto da condurla quasi allo stremo" (Pio XII, lettera enciclica Quadragesimo anno, § 49).

"Oggi gli Stati moderni tendono a moltiplicare i loro interventi e ad assicurare un numero crescente di servizi; esercitano un controllo più stretto sull'economia; intervengono preventivamente nella protezione sociale di numerose categorie di lavoratori; anche i loro bisogni di denaro crescono nella misura in cui le loro amministrazioni si gonfiano. Spesso le imposizioni troppo pesanti opprimono l'iniziativa privata, frenano lo sviluppo dell'industria e del commercio, scoraggiano le buone volontà" (Pio XII, Discorso ai partecipanti al X Congresso dell'Associazione Fiscale Internazionale (I.F.A.) indetto a Roma dal 1° al 5 ottobre 1956, del 2-10-1956).

"[...] il bene dell'individuo viene del tutto subordinato al funzionamento del meccanismo economico-sociale, mentre ritiene, d'altro canto, che quel medesimo bene possa essere realizzato prescindendo dalla sua autonoma scelta, dalla sua unica ed esclusiva assunzione di responsabilità davanti al bene o al male. L'uomo così è ridotto ad una serie di relazioni sociali, e scompare il concetto di persona come soggetto autonomo di decisione morale, il quale costruisce mediante tale decisione l'ordine sociale. Da questa errata concezione della persona discendono la distorsione del diritto che definisce la sfera di esercizio della libertà, nonché l'opposizione alla proprietà privata. L'uomo, infatti, privo di qualcosa che possa «dir suo» e della possibilità di guadagnarsi da vivere con la sua iniziativa, viene a dipendere dalla macchina sociale e da coloro che la controllano: il che gli rende molto più difficile riconoscere la sua dignità di persona ed inceppa il cammino per la costituzione di un'autentica comunità umana" (Giovanni Paolo II, lettera enciclica Centesimus annus, § 13).

La morale della favola mi sembra questa: per una buona disinfestazione è importante capire quali sono i veri parassiti che infestano la casa.