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IMMIGRAZIONE

Pirateria nel Mediterraneo, i nuovi metodi degli scafisti

I trafficanti, tesi a impedire la chiusura dei porti italiani ai flussi di clandestini, hanno escogitato un'altra formula: la pirateria. In altri modi non si può chiamare la "ribellione" degli emigranti sulla nave Vos Thalassa, che hanno costretto l'equipaggio a consegnarli alla Guardia Costiera italiana. Serve un nuovo giro di vite contro la tratta.

Politica 11_07_2018
Immigrati a bordo del Diciotti (della Guardia Costiera)

I trafficanti e i loro alleati, tesi a impedire la chiusura dei porti italiani ai flussi di clandestini, hanno escogitato un'altra formula per far sbarcare nella penisola gli immigrati illegali: la pirateria.

Non si può definire diversamente la vicenda del rimorchiatore/nave appoggio Vos Thalassa che ha raccolto in mare 63 “naufraghi” su un barcone fatiscente nelle acque di competenza libica per la ricerca e soccorso, ma non ha potuto consegnarli alle motovedette di Tripoli accorse sul posto a causa delle minacce ricevute da coloro che erano stati appena salvati. La Guardia Costiera italiana ha inviato così il pattugliatore Diciotti che ha prelevato i migranti illegali per sbarcarli in Italia individuando i due facinorosi che avevano minacciato l’equipaggio italiano della Vos Thalassa, che lavora in quelle acque a supporto delle piattaforme petrolifere della Total. I migranti si sono ribellati e hanno minacciato e sequestrato l'equipaggio perchè non volevano tornare in Libia ha confermato all'agenzia di stampa AGI la Guardia costiera libica. “I migranti sarebbero stati avvicinati alle coste libiche per essere consegnati a noi", ha spiegato il contrammiraglio Ayoub Qassem, portavoce della Guardia costiera libica. "I migranti hanno però minacciato l'equipaggio perchè non volevano in alcun modo tornare verso la Libia" ha aggiunto. "La Guardia costiera ha inviato anche una propria motovedetta per accompagnare il rimorchiatore verso la costa, ma non c'è stato nulla da fare: le persone a bordo hanno continuato a protestare e a minacciare l'equipaggio, costringendo il rimorchiatore a dirigersi verso nord", conferma il contrammiraglio.

"Non abbiamo voluto fare nulla che potesse far degenerare ulteriormente la situazione. La nostra priorità era garantire l'incolumità dell'equipaggio e di tutte le altre persone", ha aggiunto Qassem, che ora teme che questo possa essere solo il primo di una serie di episodi di "ribellione da parte dei migranti". Meglio quindi precisare alcuni aspetti, anche di carattere linguistico. Nella storia della marineria non si è mai visto un gruppo di naufraghi minacciare chi li ha soccorsi, quindi sarebbe giusto chiamarli pirati, nome legittimo per chi attacca, minaccia e dirotta navi ed equipaggi. Corretto intervenire con una “robusta” nave militare italiana per togliere dai guai l’equipaggio della Vos Thalassa ma la Diciotti avrebbe dovuto tenere sotto custodia i “clandestini-pirati” fino al loro sbarco, ma in Libia, non in Italia. Secondo la Guardia Costiera dei 63 a bordo solo 2 (un sudanese e un ghanese) sarebbero quelli che hanno minacciato quella che però i libici chiamano “rivolta”. Meglio fare chiarezza poiché di farabutti e criminali da Asia e Africa negli ultimi anni ne abbiamo accolti fin troppi! Fonti del Viminale precisano che a bordo della Diciotti ci sono 4 algerini, un bengalese, un ciadiano, 2 egiziani, un ghanase, 10 libici, 4 marocchini, 1 nepalese, 23 pakistani, 7 palestinesi, 12 sudanesi e 1 yemenita. Forse solo quest’ultimo potrebbe avere diritto all’asilo ammesso che provenga da una zona di guerra

Meglio chiarire anche che i clandestini sanno bene che se respinti in Libia non finiranno in lager ma in centri d’accoglienza in attesa del rimpatrio. Del resto nessuno li ha obbligati a partire e moltissimi africani vanno anche oggi in Libia, non per raggiungere l’Europa, ma lavorare in quel paese nonostante le sue difficoltà. L’anno scorso un rapporto dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni rese noto che dei 375mila migranti africani censiti in Libia solo un terzo puntava a raggiungere l’Europa mentre gli altri cercavano lavoro nella stessa Libia da dove era più facile ed economico tornare a casa. Piuttosto è evidente che nessuno di coloro che vogliono venire in Europa vuole però tornare a casa dopo aver speso migliaia di euro (un capitale in Africa e in alcune zone dell’Asia) e in alcuni casi aver rischiato la vita nel deserto e in mare.

Se ha ragione il contrammiraglio Qassem di “clandestini-pirati” ne vedremo ancora: una ragione in più per vietare l’intervento di navi civili nelle acque di competenza libica e per ordinare alle navi militari italiane e Ue di consegnare i clandestini a Tripoli dove le agenzie dell’Onu provvederanno al loro rimpatrio. Solo chiudendo i porti a tutti i clandestini e dimostrando che la chiusura è totale cesseranno i traffici illeciti e con essi le morti in mare. Un’altra perplessità riguarda la Vos Thalassa, già impiegata in passato per soccorrere migranti illegali, curiosamente appartenente allo stesso armatore olandese, Vroon, che negli anni scorsi affittò due sue navi, la VOS Prudence e la Vos Hestia rispettivamente alle ong Medici Senza Frontiere e Save the Children che le impiegarono per raccogliere clandestini e sbarcarli esclusivamente in Italia.

Qualche riflessione dovrebbe suscitare anche dalla visita a Tripoli del presidente dell'Europarlamento Antonio Tajani. "La stabilità dell'Unione europea passa per la stabilità della Libia" ha detto dopo aver incontrato il premier del governo di accordo nazionale libico, Fayez al-Sarraj. "Se non si risolve il problema dell'immigrazione in Libia se non si risolve il problema dell’stabilità in Libia - ha dichiarato, proponendo una “lista nera dei trafficanti di esseri umani, di armi e di droga che sono sempre gli stessi, che sono spesso anche leader di organizzazioni terroristiche". La lista (per forza di cose nera) c’è già da anni e l’hanno messa a punto le autorità libiche, ma anche l’intelligence italiana, statunitense, britannica, francese, della Nato e della missione navale europea Eunavfor Med. Basterebbe dar loro la caccia chiudendo innanzitutto i flussi migratori illegali che li arricchiscono. I libici, con le loro limitate capacità. Lo stanno facendo ma l’Europa da anni si limita alle chiacchiere.