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LEGGE DI BILANCIO

Piove sul bagnato: lo Stato aiuta il settore pubblico

Nonostante la crisi economica abbia prodotto la chiusura di migliaia di imprese e messo in ginocchio lavoratori autonomi, liberi professionisti e partite Iva, il Governo porta avanti il suo miope disegno di continuare a rafforzare il settore pubblico, per nulla danneggiato dalla pandemia. E’ quanto emerge dal testo della legge di bilancio. Ora dovrà essere discusso in Parlamento

Economia 18_11_2020
Gualtieri e Conte

Nonostante la crisi economica abbia prodotto la chiusura di migliaia di imprese e messo in ginocchio lavoratori autonomi, liberi professionisti e partite Iva, il Governo porta avanti il suo miope disegno di continuare a rafforzare il settore pubblico, per nulla danneggiato dalla pandemia. E’ quanto emerge dal testo della legge di bilancio che ha ottenuto due giorni fa il via libera dal Consiglio dei ministri e che ora dovrà essere discusso in Parlamento.

Dei 38 miliardi previsti per il 2021, ben 6,7 saranno destinati al rinnovo dei contratti del pubblico impiego e 3,6 a nuove assunzioni in ministeri ed enti della pubblica amministrazione. Oltre un quarto degli stanziamenti per il prossimo anno andranno dunque a rimpinguare un settore che non ha in alcun modo patito disagi durante il 2020 e che addirittura viene rafforzato con incrementi salariali e ampliamento degli organici. Il paradosso è che i sindacati, non contenti di queste somme, invocano ulteriori concessioni per i dipendenti pubblici e minacciano addirittura lo sciopero. Se la sono presa con il premier Giuseppe Conte accusandolo di non averli coinvolti nella stesura del testo della legge, ma l’inquilino di Palazzo Chigi si è difeso chiarendo di aver promesso dialogo, non concertazione. Questo conferma da un lato l’attitudine dell’esecutivo a blindare l’esercito dei “garantiti” e dall’altro l’anacronismo delle battaglie portate avanti dalle principali sigle sindacali che, nonostante l’emergenza pandemica, si ostinano a perseguire obiettivi di retroguardia destinati a frenare ulteriormente la produttività e la competitività dell’Italia.

Il Governo è sotto attacco anche da parte di Confindustria, che lamenta il carattere assistenzialista della manovra finanziaria. Il Presidente Carlo Bonomi va dritto al punto: "L’esecutivo pensa solo all’emergenza. Servono idee e investimenti, non sussidi".

E in effetti il numero uno di viale dell’Astronomia invoca da mesi un Patto per l’Italia che coinvolga tutte le forze vive del Paese per definire insieme le scelte prioritarie e strategiche per la ripartenza. Invece il Governo continua a fare di testa sua, senza coinvolgere più di tanto le opposizioni e ignorando i ripetuti appelli delle organizzazioni rappresentative di imprenditori, artigiani e commercianti, particolarmente vessate dal Covid e terrorizzate dalla prolungata incertezza socio-economica.

Anche il centrodestra, che pure si dice pronto a collaborare con proposte in Parlamento, vista la delicatezza del momento, non risparmia tuttavia critiche all’esecutivo e invoca una moratoria fiscale di un anno e congrui incentivi per i lavoratori autonomi e altre categorie maggiormente danneggiate dal fermo delle attività produttive e commerciali.

Nei 228 articoli della legge di bilancio ci sono quindi gli stanziamenti per nuove assunzioni che ministeri e enti della pubblica amministrazione centrale potranno effettuare dal 2021 al 2033 in deroga ai tetti di spesa e al turn over. Nei dettagli, si parla di 14.000 assunzioni, 10.000 delle quali a tempo indeterminato. Per la precisione, circa 3300 riguarderanno il pianeta giustizia, 140 il Ministero delle politiche agricole, 250 il Ministero dell’Interno, 142 il Ministero della Salute, 550 le ragionierie territoriali dello Stato e le rimanenti interesseranno altri enti pubblici.

Tra le voci che fanno più rabbrividire c’è anche quella relativa ai 126 milioni di spesa annua prevista per retribuire 2800 funzionari che dovranno aiutare il sud a gestire meglio i fondi europei. Ci sono poi altri 4 miliardi per finanziare il reddito di cittadinanza, nonostante le statistiche ufficiali documentino il sostanziale fallimento di quel sussidio, che solo in un caso su quattro è servito al beneficiario per trovare lavoro, peraltro quasi mai stabile.

I ristori, cioè le briciole riservate a categorie che hanno perso fino al 90% del loro fatturato, verranno rinnovati e costeranno altri 4 miliardi alle casse dello Stato, ma non riusciranno a impedire altre chiusure di attività, che appaiono ormai inevitabili qualora perdurasse questo clima di incertezza anche a Natale. In Francia e Germania, va ricordato, i rispettivi governi hanno erogato immediatamente aiuti pari al 75% del fatturato a tutte le attività commerciali e imprenditoriali costrette a chiudere.

Nonostante questi interventi siano stati inseriti nella legge di bilancio, è previsto un ulteriore scostamento di bilancio per altri 20 miliardi, tutti soldi che prima o poi qualcuno dovrà recuperare e che, presumibilmente, a pandemia finita, imporranno tagli selvaggi alla spesa pubblica e tasse esose per il ceto medio.

Sulla manovra italiana aleggia peraltro lo spettro di un ridimensionamento del Recovery Fund, visto che in sede europea Polonia e Ungheria hanno posto il veto al pacchetto da 1800 miliardi di aiuti per la ricostruzione post Covid. Il negoziato appare dunque in salita e quei 209 miliardi che l’Italia attende da Bruxelles non sono così sicuri, almeno per ora. Peraltro Bonomi avverte che in larga parte sono già stati bruciati dalle scelte sbagliate che il Governo ha fatto in questi mesi, sprecando in sussidi improduttivi risorse preziose che, se destinate alle imprese, avrebbero generato reddito, occupazione, crescita. E questo errore l’Italia potrebbe presto pagarlo a caro prezzo, anche con rivolte sociali difficilmente controllabili.