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a cura di Stefano Fontana

L'ANNIVERSARIO

Pio XII, il grande dimenticato della DSC

È vero che sul piano formale Pio XII non ha scritto encicliche sociali nello stretto senso del termine, ma come tutti sanno, ha pronunciato dei memorabili Messaggi natalizi radiofonici che valgono come delle encicliche sociali. E che oggi vale la pena rileggere.

Dottrina sociale 07_03_2019

Pochi giorni fa ricorreva la data dell’elezione di Pio XII al trono papale, avvenuta il 2 marzo 1939. Molti lo hanno ricordato in questi giorni, anche se l’attenzione si è concentrata da parte dei principali media quasi esclusivamente sulla questione degli ebrei. Da parte mia vorrei ricordarlo dal punto di vista della Dottrina sociale della Chiesa. Prima di tutto per constatare l’oblio in cui il suo insegnamento sociale è caduto. Quasi sempre si salta da Pio XI a Giovanni XXIII, dalla Quadragesimo anno (1931) alla Mater et magistra (1961). È vero che sul piano formale Pio XII non ha scritto encicliche sociali nello stretto senso del termine, ma come tutti sanno, ha pronunciato dei memorabili Messaggi natalizi radiofonici che valgono come delle encicliche sociali. Vale la pena rileggere soprattutto quelli del 1941 e del 1944. Del resto, l’epoca da lui vissuta - con la guerra, i totalitarismi, le democrazie – è stata caratterizzata da sconvolgimenti sociali e politici di primo piano, che hanno segnato poi le epoche successive: il suo pensiero andrebbe riconsiderato solo a partire da queste semplici constatazioni.

Invece così non è. Una possibile spiegazione, da parte cattolica, consiste ancora una volta nella cosiddetta “svolta conciliare”, che sarebbe stata anticipata e poi iniziata da Giovanni XXIII, svolta che avrebbe coperto con il panno dell’oblio il magistero precedente e soprattutto quello di Pio XII, così carico di valenze preconciliari. Sì, qualche enciclica sociale preconciliare viene considerata, ma prevalentemente come anticipazione del magistero sociale conciliare o postconciliare, come “preistoria” di una storia che sarebbe cominciata dopo. Cosa si ricorda, infatti, della Quadragesimo anno di Pio XI? Si ricorda solo il principio di sussidiarietà esposto nel paragrafo 80 e l’accusa contro il potere internazionale della finanza. Tutto il resto è stato dimenticato. La stessa Rerum novarum viene eletta come anticipazione di sviluppi moderni. Così, credo, è accaduto anche per Pio XII e i suoi Messaggi natalizi.

Nell’occasione di questo 80mo anniversario dell’elezione di Pio XII vorrei almeno ricordare alcune sue riflessioni sulla democrazia contenute nel Messaggio natalizio del 1944, mentre si andava verso la conclusione della guerra. Il Papa osserva che dopo la tragica esperienza della guerra si è diffusa tra i popoli l’idea che, se fosse stato possibile sindacare e correggere il potere, il “mondo non sarebbe stato trascinato nel turbine disastroso della guerra”. Non c’è quindi da meravigliarsi se “la tendenza democratica investe i popoli”.

Egli ricorda che nell’enciclica Libertas del 1888, Leone XIII aveva chiarito due cose a proposito della democrazia: la prima è che “non è vietato preferire governi temperati di forma popolare, salva però la dottrina cattolica circa l’origine e l’uso del potere pubblico”; la seconda è che “la Chiesa non ripudia nessuna delle varie forme di governo, purché adatte per sé a procurare il bene dei cittadini”. In altri termini c’è una vera democrazia e c’è una falsa democrazia.

Pio XII spiega la differenza tra vera e falsa democrazia in due tempi. Prima di tutto distingue tra “popolo” e “massa”: “il popolo vive e si muove di vita propria; la massa è per sé inerte, e non può essere mossa che dal di fuori”. Di essa, abilmente maneggiata, può servirsi lo Stato, il quale può ridurre la massa a una semplice macchina. In questo senso “la massa è nemica radicale della democrazia”. Su due concetti la falsa democrazia può prevalere sulla vera democrazia: il concetto di libertà e quello di uguaglianza. La libertà da dovere morale della persona diventa “una pretensione tirannica di dare libero sfogo agli impulsi”; l’uguaglianza degenera in livellamento meccanico. A questo ultimo proposito, Pio XII ricorda che “tutte le ineguaglianze, derivanti non dall’arbitrio, ma dalla natura stessa delle cose … non sono affatto un ostacolo all’esistenza e al predominio di un autentico spirito di comunità e di fratellanza”.

In un secondo momento egli spiega la differenza tra vera e falsa democrazia con riferimento al fondamento dell’autorità. C’è un “ordine assoluto degli esseri e dei fini” su cui si fonda l’autorità: se la democrazia significasse il rifiuto di questo ordine assoluto, allora la democrazia sarebbe inaccettabile. Quell’”ordine assoluto – spiega Pio XII – alla luce della sana ragione e segnatamente della fede cristiana, non può avere altra origine che in un Dio personale, nostro Creatore” … e ne consegue che “la dignità dell’uomo è la dignità dell’immagine di Dio, la dignità dello Stato è la dignità della comunità morale voluta da Dio, la dignità dell’autorità politica la dignità della sua partecipazione all’autorità di Dio”. La democrazia, in altre parole, è vera o falsa nella misura in cui adempie o non adempie alla “missione di attuare l’ordine voluto da Dio”. Con il che, come si vede, nessuna democrazia attuale può salvarsi.