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VITA

Pillola del giorno dopo, non tutti stanno a guardare

La pillola del giorno dopo è abortiva. Ma sul bugiardino non lo vogliono scrivere. Una coalizione di associazioni cattoliche ha dunque fatto causa all'Agenzia del Farmaco Italiano, al Ministero della Salute e alle aziende farmaceutiche.

Vita e bioetica 03_05_2014
Pillola

Non tutti stanno a guardare. Ad esempio i Giuristi per la Vita, l’Onlus Pro Vita, l’Unione Cattolica Farmacisti Italiani, il Forum delle Associazioni Familiari e l’Associazione Italiana Ginecologi e Ostestrici Cattolici hanno deciso di mettere in stato d’accusa la famigerata pillola del giorno dopo (Norlevo). Questo preparato chimico, attesta la letteratura scientifica (si leggano gli studi di Kahlenborn, Severs, Stanford, Mikolajczyk, Alegre-del Rey, Puccetti, Mozzanega, Cosmi), può avere non solo effetti contraccettivi, ma anche abortivi.

Secondo invece una nota dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) del dicembre scorso, il “Norlevo (levonorgestrel) è un contraccettivo d’emergenza, comunemente chiamato ‘pillola del giorno dopo’. Agisce ritardando l’ovulazione, impedendo così la fecondazione”. Dei suoi possibili effetti abortivi non si fa cenno. Non solo, ma nella Gazzetta ufficiale del 4 febbraio di quest’anno si avvisa che il vecchio foglietto illustrativo del Norlevo in cui si indicava il meccanismo antinidatorio della molecola e dunque abortivo – l’embrione non riesce più ad impiantarsi in utero e così muore – è stato cambiato ed ora gli effetti presenti nel nuovo bugiardino sono solo quelli anticoncezionali. La posizione dell’Aifa è avvalorata in un certo qual modo anche da una sentenza del Tar del Lazio del 2001. In essa i giudici da una parte chiesero che nel foglietto illustrativo del Norlevo comparisse l’effetto antinidatorio, che come abbiamo appena visto oggi non è più indicato, ma dall’altra - dato che secondo loro la gravidanza inizia quando l’embrione si è impiantato sulla parete uterina – il Norlevo non era una pillola abortiva proprio perché i suoi effetti si producevano prima dell’impianto in utero dell’embrione.

Il 30 aprile scorso si è svolta l’ultima puntata di questa saga, puntata però non definitiva. Davanti alla Terza Sezione Quater del Tribunale Amministrativo del Lazio le realtà associative a cui facevamo cenno all’inizio hanno impugnato la determinazione dell’Aifa n. 2215/2013 in cui appunto si cancellava dal bugiardino l’azione di possibile impedimento dell’impianto dell’embrione da parte del Norlevo. Più in particolare l’oggetto del ricorso è il seguente: «l’annullamento, previa sospensione, della determinazione dell’Agenzia Italiana per il Farmaco V & A 2215 del 17 dicembre 2013, pubblicata per estratto sulla G.U., Serie Generale, n. 28 del 4.2.2014, Supp. Ord. n. 10, di modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso umano ‘Norlevo’ (14A00534), anche con particolare riguardo alla parte in cui si afferma in modo apodittico e indimostrato che il farmaco non può impedire l’impianto nell’utero di un ovulo fecondato, causando l’interruzione della gravidanza, cioè un aborto, provocando la morte dell’embrione».

Sul banco, non farmaceutico, ma degli imputati sono finiti oltre all’Aifa anche il Ministero della Salute, la società francese Laboratoire HRA Pharma produttrice della pillola e la società Aziende Chimiche Riunite Angelini S.p.A. che distribuisce il preparato in Italia.

All’udienza del 30 aprile, l’Avvocatura dello Stato, che rappresenta l’Aifa, ha chiesto un rinvio per approfondimenti. Il Tar ha concesso una proroga dei tempi e quindi il tutto è stato rimandato al 28 maggio. I Giuristi per la Vita stanno predisponendo una nota sull’intera vicenda.

Vicenda la quale ci ricorda che ancora una volta quando ci sono di mezzo dei bambini che devono nascere vale più il parere dei magistrati che gli asserti oggettivi degli scienziati.