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Petizione all’Onu per Asia Bibi. In Pakistan, un’altra cristiana accusata di blasfemia

Al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite 50 attivisti e intellettuali hanno presentato un appello a Islamabad, per la liberazione della donna. I firmatari denunciano gli abusi perpetrati in base alla “legge nera” e le pessime condizioni in carcere. Intanto a Lahore emerge un nuovo caso: una 26enne denunciata perché si è rifiutata di convertirsi all’islam.

 

 

Ginevra (AsiaNews) - Nel giorno in cui in Pakistan un'altra giovane donna viene accusata di blasfemia, alle Nazioni Unite 50 attivisti per i diritti umani e personalità politiche di primo piano - fra cui un ex presidente dell'Assemblea Onu - lanciano una petizione al governo di Islamabad per la liberazione di Asia Bibi. Cristiana e madre di cinque figli, nel novembre 2010 Asia è stata condannata a morte in base alla "legge nera" ed è in attesa della sentenza di appello, rinchiusa in isolamento nel carcere femminile di Sheikhupura (nel Punjab). Per la sua liberazione si sono mobilitati anche il governatore del Punjab Salman Taseer e Shahbaz Bhatti, ministro per le Minoranze religiose: entrambi sono stati assassinati lo scorso anno, per mano degli estremisti islamici. Anche Benedetto XVI ha lanciato un appello per la liberazione di Asia Bibi, provata nel fisico e nel morale dalla lunga prigionia.

Al Palazzo delle Nazioni di Ginevra in Svizzera, sede europea della rappresentanza Onu, è in corso la 19ma sessione del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, che si concluderà il 23 marzo prossimo. La petizione è stata illustrata ieri a oltre 400 attivisti per i diritti umani dalla giornalista di France 24 Anne-Isabelle Tollet, autrice del libro "Blasfema", in cui si racconta la storia di Asia Bibi. Fra i firmatari del documento in cui si invoca "l'urgente liberazione" della donna cristiana, vi sono anche Jan Kavan, presidente dell'Assemblea generale Onu nel 2002-3; l'attivista cinese Yang Jianli, prigioniera di coscienza e sopravvissuta al massacro di piazza Tiananmen; Christina Fu presidente di New Hope Foundation; Vanee Meisinger, del Pan Pacific and Southeast Asia Women's Association of Thailand.

L'appello ricorda il "crimine" commesso da Asia Bibi (nella foto con due figli), ovvero aver bevuto un bicchiere d'acqua raccolta da un pozzo di proprietà di un musulmano. Da qui l'accusa di aver "infettato" la fonte, poi la discussione con le altre donne e, infine, l'incriminazione per aver "insultato il profeta Maometto". Il documento denuncia anche le infime condizioni della cella in cui è rinchiusa la donna, che "può toccare le due pareti solo allungando le braccia". Da ultimo, i firmatari evidenziano gli abusi commessi in base alla "legge nera", pretesto per colpire rivali in affari e minoranze etniche e religiose. In conclusione, l'appello al governo della Repubblica islamica del Pakistan a "liberare Asia Bibi".

Intanto in Pakistan un'altra giovane donna cristiana è stata accusata di blasfemia. La polizia del distretto di Bahawalnagar, a Lahore, ha incriminato la 26enne Shamim, madre di una bambina di cinque mesi, per "insulti al profeta Maometto". Il fatto è avvenuto lo scorso 28 febbraio, ma è emerso solo ieri mentre la giovane è ancora sotto la custodia delle forze dell'ordine. Secondo la famiglia, Shamim è stata "ingiustamente accusata" perché avrebbe rifiutato di convertirsi all'islam. La resistenza opposta ha spinto un gruppo di parenti - che di recente hanno abbracciato la fede di Maometto - a denunciarla in base alla "legge nera".

Da Asia News del 14 marzo 2012