Persecuzione di un apostata, a Bradford come nel Punjab
Nissar Hussain, un pakistano musulmano convertitosi al cristianesimo 15 anni fa, è stato avvertito dall’anti-terrorismo di lasciare immediatamente casa sua, assieme a tutta la famiglia. La minaccia di morte è seria e la polizia gli concede una scorta. Tutto questo non avviene nel Punjab o in altre regioni a rischio terrorismo. Ma a Bradford, Regno Unito.
Nissar Hussain, un pakistano musulmano convertitosi al cristianesimo 15 anni fa, è stato avvertito dall’anti-terrorismo di lasciare immediatamente casa sua, assieme a tutta la famiglia. Era condannato a morte dalla legge coranica e la minaccia di omicidio era diventata molto seria. Tanto seria che sono occorse cinque pattuglie di polizia, armate di fucili semi-automatici, per scortarlo fuori casa e proteggere il suo percorso fino a una casa-rifugio, dove ora vive sotto scorta. I fatti risalgono a metà ottobre, anche se la notizia è stata diffusa solo questa settimana. Succede, non nel Punjab o in qualche altra regione a rischio terrorismo del Pakistan, ma a Bradford, Regno Unito.
L’odissea di Nissar Hussain inizia a Bradford nel 2000, quando confessa a un suo amico di essersi convertito al cristianesimo, assieme a tutta la sua famiglia. L’amico gli toglie immediatamente il saluto, poi diffonde la notizia dell’atto di apostasia. L’abbandono dell’islam è punito con la pena capitale, secondo la legge coranica. La famiglia inizia a subire pressioni sempre più pesanti dalla comunità musulmana di Bradford. Un appartamento vuoto vicino a quello di Nissar viene dato alle fiamme. L’uomo è convinto che si tratti di un avvertimento esplicito e decide di abbandonare la casa. Nel settembre del 2008, la famiglia Hussain si trasferisce a Manningham, un sobborgo di Bradford. Nel nuovo quartiere la vita procede tranquilla, perché gli Hussain e il loro “reato” non sono conosciuti. Almeno finché non vengono approcciati da Channel 4, per un servizio sull’apostasia e sulla persecuzione dei convertiti al cristianesimo nel Regno Unito. Nissar, vuoi per coraggio personale, vuoi per inesperienza, decide di parlare senza copertura, mostrando il suo volto e dichiarando ai microfoni il suo nome. E da quel momento la persecuzione è diventata costante.
Gli ultimi sette anni, Nissar Hussain e la sua famiglia li hanno passati subendo lanci di uova sull’auto e sulle finestre, fuochi d’artificio lanciati contro le finestre, insulti e percosse per strada, finestrini dell’auto e finestre di casa frantumate per decine di volte, sei volte nel solo 2015. Sono danni che alla famiglia sono costati migliaia di sterline spese nei lavori di riparazione, oltre alla paura e alla situazione invivibile. Nel novembre del 2015, Nissar è stato aggredito da due uomini armati di picozza, mentre tornava a casa sulla sua auto. Hanno tentato di ucciderlo, stando alla testimonianza della vittima. Pur non riuscendoci, lo hanno mandato in ospedale con ferite gravi. Ne ha avuto per due settimane. “Grazie a Dio, sono sopravvissuto all’attacco, parando un colpo che mirava alla testa, si son rotte tutte le ossa della mia mano destra”. Nello stesso attacco gli aggressori gli hanno procurato anche una frattura al ginocchio.
La polizia aveva preso atto della situazione e aveva dislocato un’auto di sorveglianza di fronte alla casa dei perseguitati. Ma non c'erano risorse sufficienti per fornire una protezione a tempo pieno, h24 e sette giorni su sette. Così è stata presa la decisione del trasferimento in una località sicura. A metà ottobre, con una scorta notevole, la famiglia ha lasciato di nuovo la casa. “Abbiamo lasciato Manningham con le lacrime agli occhi – dice Nissar – quando ci siamo trasferiti qui nove anni fa, era per fuggire dalla persecuzione di un’altra comunità di Bradford e non ci saremmo aspettati che la stessa persecuzione avesse mostrato di nuovo il suo terribile volto”. Dopo anni di abusi, aggressioni e intimidazioni: “Abbiamo considerato la minaccia alle nostre vite semplicemente insostenibile e negli ultimi mesi di discussione con la British Pakistani Christian Association, abbiamo deciso di trasferirci”. La polizia del West Yorkshire tiene a precisare, in una nota, che “ci sono diversi altri casi di persone che vivono nel distretto di Bradford e che non hanno subito alcun problema a causa della loro fede, della conversione a un’altra fede o per la scelta di non avere fede”
Però la British Pakistani Christian Association, che si sta occupando di questo caso direttamente e ha lanciato una petizione per i diritti degli apostati esprime tutta la sua preoccupazione per il moltiplicarsi di questi casi. “Per diversi anni abbiamo assistito alla crescita del numero di casi di apostasia nel Regno Unito e alle dure persecuzioni a cui sono stati sottoposti – dice Wilson Chowdhry, presidente dell’associazione dei cristiani pakistani – La nostra crescente preoccupazione ci ha spinti a investigare su questa piaga sociale sempre più frequente. Sin da quando abbiamo incontrato Nissar Hussain, abbiamo ottenuto udienze presso ufficiali di Scotland Yard (la polizia britannica, ndr) e il sottosegretario di Stato per gli Affari Interni Karen Bradley, perché abbiamo scoperto un errore nella definizione degli attacchi contro Nissar e i suoi familiari. Erano indicati come una ‘lite fra vicini’ e non come un crimine di odio religioso”. Forse è per questo che la polizia locale dichiara che i casi di persecuzione religiosa sono rari? Non li riconosce come tali?
Secondo Chowdhry nelle città inglesi, i quartieri a maggioranza musulmana stanno diventando delle zone interdette per chi decide di convertirsi ed è accusato di apostasia. Come in Pakistan, la libertà di religione è solo un miraggio.
E questo succede proprio perché, nel corso degli ultimi due decenni, nel nome di un malinteso senso di tolleranza, viene tollerata anche l’intolleranza dei persecutori.