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LIBERTÀ RELIGIOSA

Persecuzione culturale in Turkmenistan

I cristiani sono accusati di tradire la loro "fede ancestrale".

Cultura 11_02_2012
Turkmenistan

 

Il Turkmenistan, guidato dal presidente Berdymukhamedov, è uno Stato monopartitico; il Partito Democratico del Turkmenistan è l’unico esistente. L’opposizione politica e i mass-media indipendenti non sono permessi. Le autorità controllano rigorosamente le tipografie, gestiscono le macchine tipografiche e stabiliscono le politiche editoriali. È normale applicare la censura a tutti i media e alle informazioni dal resto del mondo. Il presidente ha ordinato la rimozione di tutte le antenne paraboliche in città, ma non tutti hanno ubbidito al decreto. I nuovi edifici hanno televisione su cavo, ma gli stabili vecchi hanno ancora un’abbondanza di antenne paraboliche.

Benché il governo abbia annunciato una libertà maggiore di accesso a Internet, ci sono ancora molti ostacoli. L’accesso è concesso solo a impiegati statali e la maggior parte dei siti delle organizzazioni internazionali per i diritti umani e dei siti religiosi è stata bloccata nel paese. Infine la velocità di connessione è estremamente bassa.
Le autorità, la polizia segreta e anche i membri individuali della società mantengono un controllo rigoroso su tutti i cittadini. I gruppi per la difesa dei diritti umani criticano il lento progresso delle riforme.

Il Turkmenistan è uno dei Paesi di transito per gli stupefacenti afgani destinati alla Russia e ai mercati europei. Secondo le stime, la metà di tutti i turcmeni fra i 15 e i 40 anni usa l’eroina o l’oppio. In quasi ogni famiglia nel paese c’è un drogato. Negli anni passati il sistema sanitario del paese si è deteriorato seriamente e molti soffrono di tubercolosi.
Su una popolazione totale di circa 5 milioni di abitanti, il numero di cristiani in Turkmenistan è molto esiguo: 32.500, inclusi i russi ortodossi. I turkmeni protestanti ed evangelici sono circa 2.500.
Il rapporto dell’Associazione Evangelica “Porte Aperte”, sottolinea che all’inizio degli anni ’90, i primi turkmeni si convertirono a Cristo attraverso la testimonianza della chiesa protestante russa. Nacquero piccoli gruppi di credenti, inizialmente come un’estensione della chiesa russa, ma ben presto svilupparono la propria identità culturale. La libertà religiosa iniziale nel paese fu ben presto stroncata e il governo iniziò a mettere i cristiani sotto pressione. Molti cristiani russi abbandonarono il paese a motivo del deterioramento della situazione.

Mentre il culto della persona dell’ex presidente Niyazov cresceva, i cristiani sperimentavano un’emarginazione sempre maggiore. Gran parte dei locali di culto protestante è stata demolita negli anni ’90. Molti gruppi e individui sono stati vessati, licenziati dal lavoro, multati, percossi ed espulsi dalle loro case. I cristiani sono stati incarcerati, severamente torturati ed esiliati.
A causa dello stretto monitoraggio degli abitanti nel paese, è difficile per i vari gruppi di cristiani incontrarsi e collaborare. Questo isolamento e la carenza di insegnamento e di materiali di studio hanno a volte causato confusioni, insegnamenti inesatti e una mancanza di fiducia reciproca.
Per viaggiare all’estero al fine di ottenere un’istruzione religiosa o assistere a conferenze, occorre il permesso del Consiglio che di solito non lo dà. I visti per entrare nel paese vengono generalmente negati ai pastori in visita o ai membri di organizzazioni cristiane.

Il governo e le autorità locali effettuano un controllo rigido sui turkmeni in generale e sui cristiani in particolare. Benché la Costituzione garantisca la libertà religiosa, tutte le comunità religiose devono essere registrate dal Consiglio degli Affari Religiosi (CRA), nel quale un rappresentante della Chiesa russo-ortodossa ha il potere di veto sugli affari di tutti gli altri gruppi cristiani. Tutta l’attività religiosa non registrata è messa al bando. L’ortodossia russa è l’unica forma di cristianesimo approvata dallo Stato. La Chiesa cattolica romana e un numero molto esiguo di chiese protestanti hanno ottenuto la registrazione.

Tutti i mezzi di comunicazione sono monitorati e le case private e i locali di culto registrati e non registrati subiscono a volte irruzioni della polizia. Si confiscano Bibbie e libri cristiani e i credenti vengono portati agli uffici di polizia per essere interrogati. Lì vengono minacciati, intimiditi e a volte multati. Rischiano anche l’espulsione dai loro appartamenti o di perdere il lavoro. I loro figli possono essere espulsi dalle scuole. Persino i parenti dei cristiani vengono messi sotto pressione e minacciati di perdere il posto di lavoro. Anche le comunità religiose registrate subiscono regolarmente visite di controllo. La legge non permette l’insegnamento religioso privato. Quelli che lo praticano possono andare incontro a conseguenze legali. È proibito pubblicare e diffondere materiali religiosi, e l’importazione è monitorata e censurata.

Per ogni titolo e quantità ci vuole il benestare del Consiglio degli Affari Religiosi, ma i permessi sono rari. La Società Biblica non ha il permesso di esistere. Non c’è nessuna libreria cristiana nel Paese. Le autorità, il clero, la società e il mahalla (distretto locale) fanno pressione sui cristiani per costringerli a ritornare all’islam. Questo vale soprattutto per le zone rurali. In alcune zone, una persona conosciuta come cristiano non può nemmeno ottenere un pezzo di terreno da coltivare. L’identità religiosa dei turcmeni è islamica, ma molti non ci si attengono strettamente. Tuttavia, abbandonare l’islam significa rinunciare a essere un turcmeno. Si applica una politica turcmena pro-etnica; i cristiani turcmeni vengono accusati di tradire la loro “fede ancestrale”.
Il rapporto di Porte Aperte afferma che il numero delle persone che si convertono a Cristo aumenta nonostante le difficoltà e che negli ultimi anni il numero di incursioni nelle chiese è diminuito leggermente in confronto agli anni precedenti. Nell’ultimo anno, nessun cristiano è stato condannato al carcere, benché parecchi cristiani siano stati portati agli uffici di polizia e detenuti lì per essere interrogati.

Nel mese di febbraio dello scorso anno, sono stati esclusi dall’amnistia - disposta dal presidente Berdymukhammedov per ragioni di “clemenza, giustizia e umanità” - 9 prigionieri di coscienza turkmeni, 8 Testimoni di Geova e un pastore protestante, detenuti per avere rifiutato il servizio militare. Lo ha riferito Asia News, che rileva che Asma Jahangir, Speciale Relatore sulla Libertà di Religione e di Credo per le Nazioni Unite e El Haji Malick Sow, presidente del Gruppo di Lavoro Onu sulla Detenzione Arbitraria, hanno inviato al governo turkmeno un “appello urgente” sulla sistematica detenzione del Testimoni di Geova obiettori di coscienza. L’art. 18 della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici riconosce a tutti il diritto di essere obiettori di coscienza e onera gli Stati di istituire servizi civili alternativi a quello militare obbligatorio.