Perde la sinistra, ma la destra vince solo a metà
Dopo le elezioni per il Sabor, il Parlamento monocamerale della Croazia, il Paese si è risvegliato spaccato in due e con il concreto rischio dell’ingovernabilità. La sinistra con l’Sdp perde, ma i conservatori dell’Hdz non convincono. La sorpresa è invece la lista indipendente chiamata Most, ago della bilancia.
All’indomani delle elezioni per il Sabor, il Parlamento monocamerale della Repubblica di Croazia, il Paese si è risvegliato spaccato in due e con il concreto rischio dell’ingovernabilità. Rispettando, infatti, le previsioni dell’immediata vigilia, le coalizioni guidate dai due partiti maggiori, l’Hdz di centro-destra e l’Sdp di sinistra, hanno ottenuto lo stesso numero di deputati (56). Alla coalizione di centro-destra vanno tuttavia aggiunti tre deputati eletti dai croati di Bosnia-Erzegovina e della diaspora, fatto che la rende coalizione di maggioranza relativa e permetterà quindi al leader dell’Hdz, Tomislav Karamarko, di ricevere dalle mani della Presidente della Repubblica, Kolinda Grabar-Kitarovic, il primo mandato esplorativo per formare il nuovo governo.
La sorpresa di queste elezioni è tuttavia rappresentata dallo straordinario successo dell’alleanza di liste e di personalità indipendenti di varia estrazione politica, di centro-destra e di centro-sinistra, chiamata Most (Ponte) guidata da Bo?o Petrov, attualmente sindaco di Metkovi?, che ha ottenuto ben 19 seggi, diventando così l’ago della bilancia per una futura maggioranza parlamentare. Come hanno osservato alcuni analisti, queste elezioni hanno rappresentato una sonora sconfitta della coalizione di sinistra che ha governato il Paese nella passata legislatura (24 deputati in meno), ma anche una vittoria a metà dell’Hdz e della coalizione di centro-destra, che pur quasi raddoppiando il numero degli eletti rispetto alle precedenti elezioni, che rappresentarono il minimo storico del consenso di questo partito e dei suoi alleati, ha mancato l’obiettivo della maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento (76, ivi inclusi gli otto rappresentanti delle minoranze nazionali che votano sempre in modo compatto a favore del governo). Il vero vincitore di questa tornata elettorale è quindi senza dubbio Bozo Petrov e il suo Most.
Petrov è uno psichiatra di trentasei anni, con un recentissimo passato politico nel piccolo partito di ispirazione cattolica Hrast, nel 2013 eletto a sorpresa sindaco di Metkovi, cittadina della Dalmazia meridionale al confine con l’Erzegovina. In soli sei mesi egli ha saputo risanare il disastrato bilancio comunale riducendo il debito pubblico di quasi un milione e mezzo di euro, tagliando radicalmente gli stipendi degli amministratori, i compensi dei consiglieri e dei membri dei vari enti comunali e razionalizzando le spese.
Per la prima volta nella giovane storia della Croazia indipendente, egli è stato capace di coagulare in modo vincente e credibile la grave insoddisfazione dei croati verso i partiti maggiori dovuta alla grave crisi economica e il forte degrado morale del Paese, caratterizzato da un’endemica corruzione a tutti i livelli dell’apparato dello Stato. Most ha riproposto a livello nazionale la ricetta attuata con successo in sede locale, vale a dire forti tagli alle spese dello Stato, l’eliminazione dei rami secchi dell’amministrazione statale, la razionalizzazione delle risorse, e soprattutto la lotta al clientelismo e alla corruzione. Non sorprende quindi che, ringraziando gli elettori della fiducia espressa loro, Petrov abbia annunciato, in caso di partecipazione al governo, «lacrime e sangue» per rimettere in piedi il Paese ed evitare uno scenario simile a quello greco.
Most non ha alcuna posizione ufficiale con riferimento i valori non negoziabili. Petrov è cattolico e due anni fa si è espresso a favore del referendum di “U ime obitelj” che ha permesso di inserire nella Costituzione croata una norma che considera la famiglia solamente come l’unione di vita tra un uomo e una donna. Tuttavia, il sindaco di Metkovic aggiunge che questa è una sua posizione personale, non impegnativa per il partito, nel quale a ciascun membro è lasciata libertà di coscienza su questi temi, giacché, egli afferma, le vere emergenze del Paese non sono di visione del mondo, bensì di carattere economico e morale.
Le prospettive per la formazione di un nuovo governo sono assai complesse. Nonostante la solenne promessa di non entrare in alcuna coalizione di governo con i partiti maggiori, il sorprendente successo della lista e il ruolo di ago della bilancia assunto a seguito del risultato elettorale, hanno convinto Petrov a mutare posizione, ponendo tuttavia come condizione ai futuri partner di governo l’assunzione di un programma di severe riforme economiche e sociali, la lotta alla corruzione e al clientelismo. In caso contrario, afferma il sindaco di Metkovic, la soluzione meno peggiore sarebbe quella di tornare subito alle urne. A complicare il quadro politico e le prospettive di un’alleanza di governo vi sono forti rivalità personali e vendette politiche per torti, veri o presunti, subiti in passato. Tanto per fare un esempio, il numero due di Most è Drago Prgomet, che fino a nove mesi fa era vice-presidente dell’Hdz, partito lasciato a causa di gravi dissidi con il leader del partito, Karamarko. Ciò rende difficile un’alleanza con la coalizione di maggioranza relativa, e con tutta probabilità, se vorrà stare al governo, l’Hdz dovrà sacrificare il proprio leader.
Dall’altra parte, Petrov è cattolico e di centro-destra, e un’alleanza con l’Sdp è assai complessa per le forti accentuazioni di weltanschauung estrema di stampo nostalgico-comunista e laicista dell’Sdp. Il primo ministro uscente Milanovi?, infatti, più volte ha apertamente definito il proprio esecutivo un «governo di visione del mondo», caratterizzando in questo modo l’elemento essenziale della sua azione di governo, che dal punto di vista della politica economica e sociale è stato semplicemente disastroso e perfino peggiore del malgoverno dei governi precedenti a guida Hdz. Una qualsiasi alleanza di governo, con il centro-destra o con la sinistra, passerà quindi quasi certamente solo attraverso l’accettazione da parte del partner di maggioranza del ruolo-chiave, all’interno dell’esecutivo, di Most e di Bozo Petrov, per il quale Prgomet non esclude una candidatura a primo ministro.
Comunque vadano le cose, il raddoppio del numero dei parlamentari e la conquista della maggioranza relativa rappresenta per l’Hdz una vittoria di Pirro, e la quasi certa fine politica di Karamarko. Il presidente dell’Hdz è del resto un personaggio dalle brillanti strategie politiche, ma anche dallo scarsissimo appeal mediatico. L’inesistente democrazia interna al partito ha portato alla perdita di importanti personalità politiche e quindi all’erosione di una fetta consistente del proprio elettorato. E infine, su Karamarko pesa come un macigno l’essere stato ministro degli Interni, quindi con il controllo della polizia e dei servizi segreti, all’epoca del governo a maggioranza Hdz di Ivo Sanader, successivamente finito in carcere per gravi reati di corruzione.
Egli è quindi considerato parte integrante del sistema corruttivo che strangola il Paese, ed è assai improbabile che Most accetti di far parte di una compagine governativa da lui guidata. Un suo passo indietro, sull’esempio del polacco Kaczynski, permetterebbe la formazione di una solida maggioranza di governo e farebbe solo bene all’Hdz, avviando un processo di democratizzazione interna al partito e migliorando la sua immagine pubblica.