ECONOMIA
Perché l'Italia ha perso il treno della moneta unica
L'Euro compie 10 anni in salute problematica. E il nostro Paese ha la sua responsabilità perché l'ha usato per coprire i problemi e non risolverli.
Editoriali
02_01_2012
C’è una nuova leggenda metropolitana che si è diffusa sottovoce negli ambienti finanziari internazionali: quella secondo cui alcune tipografie svizzere specializzate nella produzione di carte-valori stiano stampando, su commessa del Governo di Berlino, grandi quantità di banconote di marchi tedeschi. La Germania in pratica si starebbe preparando all’uscita dall’euro e, secondo questi cultori della fantaeconomia, avrebbe già un piano per abbandonare la moneta unica europea nell’arco di un solo week end.
In realtà l’euro è la moneta unica europea da dodici anni dato che dal primo gennaio 1999, pur restando in circolazione le “vecchie” monete nazionali, i cambi erano stati bloccati e tutte le operazioni finanziarie (compresa l’emissione di assegni) erano già possibili in euro. E si può dire che fino al 2009, negli anni in cui l’economia in Europa sembrava marciare con sufficiente tranquillità, la moneta unica ha dato il meglio di sé. Ha contributo a tenere bassi i tassi di interesse, ha evitato che si verificassero brusche impennate dei prezzi (salvo alcuni impropri aggiustamenti iniziali), ha contribuito ad allargare e quindi a rendere più efficienti i mercati. E peraltro anche grazie alla moneta unica i paesi europei hanno saputo rispondere con efficacia all’instabilità finanziaria provocata dai terribili attentati del settembre 2001.
Ma in questi dodici anni si sono poste anche le premesse per la crisi che è scoppiata negli ultimi mesi. Nel 2000, con un anno di ritardo, ha aderito all’euro la Grecia (dove banconote e monete hanno cominciato a circolare nel 2002), ma alcuni anni dopo si è scoperto che l’allora Governo di Atene aveva truccato i propri bilanci per nascondere almeno in parte i propri debiti. Per di più proprio in quegli anni la Grecia varava un grande piano di investimenti in vista delle Olimpiadi del 2004 aumentando ancora di più il proprio disavanzo.