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SETTIMANA SANTA /MARTEDI'

Perché credo nella Chiesa del Cristo

Spesso sentiamo dire: "Credo in Cristo, ma non nella Chiesa". Ma è un'affermazione che nega l'esplicita volontà di Gesù. Ecco perché.

Attualità 03_04_2012
Vannini - Vocazione
Proseguiamo con le riflessioni tratte dall'ultimo libro di mons. Girolamo Grillo
"Perchè credo. I miei interrogativi sulla fede" (Marietti, pp. 300 euro 28), con prefazione di mons. Luigi Negri.

Perché nel Credo o Simbolo Apostolico si usa l’espressione «Credo la Chiesa» e non nella Chiesa? La domanda non è superflua, ma di grande importanza. Si deve partire, infatti, da una esatta concezione della Chiesa per capirne il significato. La Chiesa, in realtà, in una chiara concezione teologica è anzitutto la sposa di Cristo, che Egli, morendo sulla croce, dalla quale è nata, ha lavato con il suo sangue, al fine di poterla amare con una infinita tenerezza nuziale. Ecco perché essa diventa subito il suo corpo mistico, attraverso il quale tutti gli uomini possono attingere alla sua vita e quindi raggiungere la salvezza. In secondo luogo la Chiesa è quel popolo di sacerdoti, re e profeti, di cui si diventa parte con il battesimo e di cui si diviene annunciatori e messaggeri nel mondo.

Evidentemente la Chiesa è nata da una volontà esplicita di Gesù, la qual cosa ci consente di poterla amare, prima ancora e al di là delle strutture e delle istituzioni gerarchiche, anche se queste ultime, come vedremo, sono state volute dallo stesso Gesù. La Chiesa realizza, inoltre, il mistero trinitario, nel senso che le tre Persone divine concretizzano magnificamente anche il sogno di ogni comunità umana, familiare o politica, che è quello di costituire un’unità, pur restando molti: l’unità nella diversità. È con grande stupore che, guardando così la Chiesa, si può vedere in essa un’unica comunità, nella quale sono salvaguardate le personalità dei singoli e l’unità di tutti. La Chiesa, in altri termini, è l’immagine della santissima Trinità.

Ecco perché Gesù
, nella preghiera dell’ultima Cena, rivolgendosi al Padre, eleva un’invocazione angosciante: «Che siano tutti una cosa sola, come Tu e io siamo una cosa sola» oppure «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 27,21). Ed ecco perché ogni cristiano autentico, quando pronuncia le parole «credo la Chiesa», deve sentirsi inondato da una forza misteriosa, cioè dal mistero della santissima Trinità, che è un oceano d’amore. Vivere la Chiesa è come vivere in seno al mistero trinitario, mistero che illumina l’intera condizione umana. Come ciascuna delle tre Persone divine trova la sua pienezza nelle altre, così anche noi credendo la Chiesa e vivendo la Chiesa siamo immersi in un grande abisso d’amore, che ci libera da ogni tristezza e ci assicura la vera gioia.

Abbiamo ritenuto opportuno
insistere su questa premessa proprio per fare notare quanto sia inesatta l’espressione udita spesso sulla bocca di molti nostri contemporanei: «Credo in Cristo, ma non nella Chiesa». Di certo, la cosa non può che rattristarci, se l’espressione, più che alla Chiesa, dovesse riferirsi ad uomini di chiesa che non sempre si comportano dignitosamente. Gli scandali e i tradimenti nella Chiesa, purtroppo, ci sono sempre stati, fin dall’epoca Apostolica. Ma se la Chiesa, nonostante tali scandali, come una barca, è rimasta sempre a galla, ciò sta a dimostrare chiaramente che essa è veramente di origine divina. La Chiesa, infatti, è nata da una volontà esplicita di Gesù. Non risponde affatto a verità quanto nel 1902 ha affermato Alfred Loisy in L’Évangile et l’église e cioè che «Gesù annunziò il Regno e invece nacque la Chiesa», per iniziativa dei suoi seguaci, i quali crearono delle strutture per cercare di affrontare meglio la fine del mondo che essi ritenevano imminente. No!

Basterebbe rileggere un tantino le ben note “parabole del Regno”, in cui la Chiesa è descritta da Gesù come una realtà destinata a svilupparsi lentamente. Egli ricorre, ad esempio, alla parabola del “granello di senapa”, che è il più piccolo di tutti i semi, ma dal quale spunterà un grande albero; alla parabola del “campo”, dove bisogna lasciare crescere il grano e la zizzania fino al giorno della mietitura, e a quella della “rete da pesca” destinata a pescare pesci buoni e pesci cattivi. Gesù ha inoltre la coscienza che i suoi discepoli vivranno a lungo sulla terra, come si può dedurre dal fatto che Egli li invia nel mondo a predicare la buona novella a tutte le creature, cosa che certamente non avrebbe potuto realizzarsi dalla mattina alla sera.

Non si può pretendere
, pertanto, di scindere Cristo dalla sua Chiesa, di credere all’uno, senza credere alla sua Sposa e al suo Corpo. Non si può credere a Cristo, quindi, senza credere alla sua Chiesa. Così il Regno di Dio annunziato da Gesù si inserisce nella storia, facendo irruzione nel presente e nell’attualità; ragion per cui il Regno è creatore di vincoli che tendono progressivamente a conquistare tutta la famiglia umana. Ecco perché i cattolici hanno sempre identificato la Chiesa e il Regno, conferendo alla comunità cristiana le caratteristiche stesse del regno di Dio. Il Concilio Vaticano II ha percepito chiaramente questa prospettiva, quando nella Lumen Gentium ha affermato che la Chiesa costituisce in terra il germe e l’inizio di questo regno (cfr. n. 5).