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LEGGERE IL RAPPORTO FIDES

Per martirio o per estorsione, uccidere un religioso destabilizza un paese

L’agenzia Fides ha pubblicato il rapporto sui missionari uccisi nel corso dell’anno: sono 29, 18 dei quali sacerdoti. Come negli anni scorsi, molti missionari sono stati vittime di rapina o furto in contesti sociali di povertà. l sacerdotI e le comunità parrocchiali favoriscono la sicurezza, l’educazione, i servizi sanitari, i diritti umani. Per questo eliminare un sacerdote vuol dire più che eliminare una persona. Dalla sua morte può derivare la destabilizzazione di una comunità e il deterioramento della condizione dei soggetti deboli.

Libertà religiosa 02_01_2020

L’agenzia Fides ha appena pubblicato il consueto rapporto sui missionari uccisi nel corso dell’anno: sono 29, 18 dei quali sacerdoti, a cui si aggiungono un diacono permanente, due religiosi non sacerdoti, due suore e sei laici. Fides specifica di usare il termine “missionario” per tutti i battezzati poiché “in virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario. Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione”.

Per il secondo anno il continente in cui si sono registrate più perdite è l’Africa con 12 sacerdoti, un religioso, una religiosa e una laica uccisi. Altri 12 missionari sono morti in America Latina: sei sacerdoti, un diacono permanente, un religioso e quattro laici. In Europa, infine, in Portogallo, è stata uccisa una suora e in Asia, nelle Filippine, una laica.

Come negli anni scorsi, molti missionari sono stati vittime di tentativi di rapina o furto in contesti sociali di povertà, degrado, corruzione e violenza. A questo proposito Fides spiega di aver scelto di registrare “tutti i battezzati impegnati nella vita della Chiesa morti in modo violento, non espressamente in odio alla fede” preferendo perciò “non utilizzare il termine ‘martiri’ se non nel suo significato etimologico di ‘testimoni’, per non entrare in merito al giudizio che la Chiesa potrà eventualmente dare su alcuni di loro proponendoli, dopo un attento esame, per la beatificazione o la canonizzazione”.

Testimoni di fede e di carità sono i missionari che, come ricorda l’agenzia, “anche di fronte a situazioni di pericolo per la propria incolumità, ai richiami delle autorità civili o dei propri superiori religiosi, rimangono al proprio posto, consapevoli dei rischi che corrono, per essere fedeli agli impegni assunti e rimanere accanto alla gente che condivide gli stessi rischi”. Alcuni ne pagano le conseguenze in maniera estrema, ma non si conta il numero di vescovi, sacerdoti, religiosi aggrediti, derubati, minacciati e che tuttavia rifiutano di trasferirsi in sedi più sicure consapevoli dell’importanza del loro ruolo, della loro presenza. Sempre più frequenti in alcuni paesi dell’America Latina e dell’Africa sono, ad esempio, i sequestri di sacerdoti e religiosi, a scopo di estorsione. Nella maggior parte dei casi si concludono con la loro liberazione, ma talvolta hanno un esito tragico oppure si protraggono nel tempo con immaginabili conseguenze sulla salute fisica e mentale dei rapiti. Fides ricorda tra i missionari ancora nelle mani dei rapitori o di cui comunque non si ha più notizia, padre Pierluigi Maccalli, della Società delle Missioni Africane, rapito nel settembre del 2018 in Niger, suor Gloria Cecilia Narvaez Argoty, una missionaria colombiana rapita nel febbraio del 2017 in Mali, un sequestro rivendicato da un gruppo jihadista legato ad al Qaida, e il gesuita padre Paolo dall’Oglio, rapito a Raqqa, in Siria, addirittura nel 2013.

Come spiega padre Omar Sotelo Aguillar, direttore del Centro cattolico multimediale del Messico, “il sacerdote e le comunità parrocchiali favoriscono la sicurezza, l’educazione, i servizi sanitari, i diritti umani”. Per questo eliminare un sacerdote vuol dire più che eliminare una persona. Dalla sua morte può derivare la destabilizzazione di una comunità, l’inasprirsi di conflitti tra comunità, il deterioramento della condizione dei soggetti deboli, donne e bambini in particolare. Don David Tanko, ad esempio, in Nigeria, è stato vittima di un agguato nell’agosto del 2019 mentre si stava recando in un villaggio per cercare di mediare un accordo di pace tra Tiv e Jukun, due etnie in conflitto. L’uccisione di suor Ines Nieves Sancho nella Repubblica centrafricana – un omicidio particolarmente efferato – ha messo fine alla sua attività di promozione della condizione femminile condotta per decenni insegnando dei mestieri a donne e ragazze.

Loro, come tutti i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i laici uccisi – commenta Fides – “portavano nella vita quotidiana delle persone con cui vivevano la testimonianza evangelica di amore e di servizio, cercando di alleviare le sofferenze dei più deboli e alzando la voce in difesa dei loro diritti calpestati, denunciando il male e l’ingiustizia, aprendo il cuore alla speranza”.

Il fatto positivo rilevato dal rapporto 2019 è che il numero dei missionari uccisi durante l’anno è inferiore rispetto al 2018, anno in cui sono stati uccisi 35 sacerdoti, quattro laici e un seminarista, per un totale di 40 vittime, il dato peggiore dall’inizio del secolo e tra i peggiori dal 1990.

Per contro Fides sottolinea come fenomeno preoccupante il fatto che sia stia verificando una sorta di “globalizzazione della violenza” intendendo con ciò che nel 2019, rispetto al passato, è aumentato il numero dei paesi in cui sono stati uccisi dei missionari: “Nel 2019 il fenomeno appare più generalizzato e diffuso – si legge nel rapporto – sono stati bagnati dal sangue dei missionari dieci paesi dell’Africa, otto dell’America Latina, uno dell’Asia e uno dell’Europa.

Il rapporto, che può essere consultato alla pagina web dell’agenzia Fides in data 30 dicembre 2019, riporta in conclusione i dati riassuntivi relativi agli ultimi decenni. Tra il 1980 e il 1989 sono stati uccisi nel mondo 115 missionari; tra il 1990 e il 2000 il numero è salito a 604, 248 dei quali durante il genocidio dei Tutsi in Rwanda nel 1994; negli anni dal 2001 al 2018 il conteggio delle vittime è di 456.