Per gli islamisti la Bibbia è blasfema
Un'accorata denuncia dell'Aiuto alla Chiesa che Soffre.
«Le cose di cui abbiamo bisogno sono preghiere e pazienza». Invita alla calma monsignor Sebastian Shaw, vescovo ausiliario di Lahore che all’Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) racconta la preoccupazione e lo sgomento della comunità cattolica pachistana dopo la richiesta di bandire la Bibbia avanzata da alcuni esponenti del partito Jamiat-Ulema-e-Islami.
Parlando in una moschea di Lahore, il leader del partito estremista, Maulana Abdul Rauf Farooqi, ha definito «blasfemi» e addirittura «pornografici» alcuni passi della Bibbia, in quanto descriverebbero i profeti come «colpevoli di una varietà di crimini morali» e riferirebbero dei «comportamenti immorali» di alcune figure sacre venerate sia da cristiani che da musulmani, «come ad esempio Davide che avrebbe mandato un uomo in battaglia solo perché si era invaghito di sua moglie». Il gruppo di estremisti si è perfino rivolto alla Corte Suprema pachistana affinché apra un’indagine e dichiari blasfemi i brani biblici. E se la richiesta non dovesse essere accettata dal Tribunale Supremo, Farooqi ha già reso noto che i suoi avvocati si stanno preparando per richiedere ufficialmente che «il libro sia bandito».
«La nostra comunità è scioccata e preoccupata - ha detto ad ACS monsignor Shaw - noi cristiani viviamo in Pakistan ed abbiamo pieno diritto alla nostra Bibbia». Nonostante le legittime apprensioni, il presule invita a non rispondere alle provocazioni che aggraverebbero unicamente la situazione. Se alcuni esponenti del clero cattolico fossero costretti a condannare ufficialmente e duramente la petizione informale, la tensione aumenterebbe. «Dobbiamo essere saggi e chiedere alla gente di pregare per noi, così da ricordarci a Dio». Il vescovo si è comunque detto tranquillo, perché convinto che l’iniziativa del Jamiat-Ulema-e-Islami non riscuoterà alcun successo. «La Bibbia - ha affermato - è molto rispettata, anche dalla maggioranza dei musulmani».
La petizione informale sarebbe solo l’ennesimo tentativo degli estremisti di servirsi della Legge sulla Blasfemia, con la «scusa di dover difendere la loro religione». Il testo è in qualche modo collegato ai peggiori episodi di violenza accaduti ultimamente nel Paese, tra cui il recente omicidio del ministro federale per le minoranze, Shahbaz Bhatti, e del governatore del Punjab, Salman Taseer, entrambi “colpevoli” di aver criticato apertamente la normativa. La Legge punisce con la pena capitale chi dissacra in qualsiasi modo il Corano ed è a questo che ha fatto riferimento il leader estremista Farooqi per giustificare la richiesta del suo partito e presentarla coma una risposta al gesto compiuto dal pastore americano Terry Jones che nel marzo scorso diede fuoco in Florida ad una copia del libro sacro musulmano.
«Problemi come questo innescano reazioni a catena – ha affermato monsignor Shaw – ma se noi manteniamo la calma e diamo le risposte giuste, le tensioni scemeranno in poco tempo».
Forti critiche sono venute anche dalla Chiesa anglicana. In un appello alla Corte suprema, il vescovo di Lahore, monsignor Alexander John Malik, ha dichiarato che «acconsentire alla richiesta del Jamiat-Ulema-e-Islami, costituirebbe una grave violazione della libertà religiosa, garantita dalla Costituzione, e contribuirebbe a seminare discordia tra le due comunità».
Non è però la prima volta che il Sacro Testo cristiano è mira dei fondamentalisti. Come ha raccontato ad ACS padre Andrew Nisari, parroco della cattedrale del Sacro Cuore di Lahore, lo scorso marzo le guardie del duomo sono riuscite a fermare un uomo che stava per dare fuoco ad una Bibbia. «Inviti come quello di Farroqi, sono molto dolorosi per la nostra comunità. La gente è molto preoccupata - ha detto ad ACS - ed io ho più volte chiesto loro di non lasciarsi andare alla rabbia e alle emozioni. La vita per cristiani in Pakistan non è facile e l’unico modo per capirlo è venire qui e vivere quest’esperienza».
Aiuto alla Chiesa che Soffre è una grande sostenitrice di questa Chiesa, contribuendo a realizzare diversi progetti di sostegno alla pastorale. Numerosi i contributi alla costruzione e al restauro di chiese ed istituti, come il Seminario di San Pio X a Karachi, la Chiesa a Sarfaraz Colony nel Distretto Khushab, la Chiesa parrocchiale del Centro per la Catechesi a Karachi o il Centro di accoglienza per giovani a Nagar Parkar. Molti anche gli aiuti alla formazione, tra cui le 20 borse di studio per giovani cattolici con difficoltà economiche che potranno frequentare la Don Bosco Technical School, i corsi di formazione per 51 catechisti della diocesi di Multan e il programma triennale di educazione per 33 detenuti della prigione di Faisalabad. Sempre sul piano della formazione religiosa l’Opera ha finanziato la traduzione e la pubblicazione in Urdu della Bibbia, di libri per la catechesi e della Bibbia del Fanciullo. Dopo l’alluvione che a partire dal luglio 2010 ha colpito ampie zone del Paese – Khyber Pakhtunkhwa, Sindh, Punjab and Balochistan – l’impegno di ACS si è concentrato sulla risposta all’emergenza. Numerosi gli aiuti economici alle famiglie colpite, ma anche veicoli per raggiungere i centri di assistenza per gli alluvionati, come quello nel distretto di Toba Tek Singh, e sostegno per migliorare le misure di sicurezza (Lahore). Da ricordare, infine, che nei mesi scorsi la Sede italiana di ACS si è fatta promotrice di una raccolta-firme per sostenere la Chiesa in Pakistan nella sua battaglia per l’abolizione della Legge sulla Blasfemia.
“Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), Opera di diritto pontificio fondata nel 1947 da padre Werenfried van Straaten, si contraddistingue come l’unica organizzazione che realizza progetti per sostenere la pastorale della Chiesa laddove essa è perseguitata o priva di mezzi per adempiere la sua missione. Nel 2010 ha raccolto oltre 65 milioni di dollari nei 17 Paesi dove è presente con Sedi Nazionali e ha realizzato oltre 5.500 progetti in 153 nazioni.