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MAESTRI

Per capire il marxismo ci voleva un gesuita

A 100 anni dalla nascita e 20 dalla morte di padre Gustav Wetter,
il maggior conoscitore di Marx e Lenin è un maestro da non dimenticare.

Cultura 19_11_2011
Lenin

 

Molto opportunamente, diversi organi di stampa cattolici - da La Civiltà Cattolica ad Avvenire - hanno ricordato il centenario della nascita e il ventennale della morte del padre gesuita viennese Gustav Andreas Wetter (1911-1993), da molti considerato il maggiore conoscitore delle opere filosofiche di Karl Marx (1818-1883) e di Vladimir Il’ic Lenin (1870-1924) nel secolo XX. Il fatto che il nome di padre Wetter sia oggi noto solo a pochi addetti ai lavori è una prova dello scarso interesse per i contemporanei non dei suoi lavori, ma del marxismo filosofico, che appare oggi fuori moda e lontanissimo. Ma non era così nel 1947, quando l’allora giovane gesuita pubblicò, in Germania e in Italia, il suo capolavoro, Il materialismo dialettico sovietico (Einaudi, Torino 1947).

Prima di tornare a questo libro, non vorrei omettere un ricordo personale. Negli anni 1973-1975 ho frequentato i corsi di filosofia marxista di padre Wetter alla Pontifica Università Gregoriana di Roma e sono stato fra gli studenti che, specialmente d’estate, gli davano una mano a riordinare le vaste collezioni del Centro di Studi Marxisti da lui fondato presso la stessa Università. La biblioteca non disponeva di aria condizionata, e lavorarci in agosto non era agevole. Ricordo di padre Wetter un elogio dell’abito talare, di cui non comprendeva il rifiuto da parte di tanti confratelli, dal momento che tra l’altro - diceva - teneva chi lo portava singolarmente al fresco d’estate.

Sul piano strettamente filosofico, i suoi corsi si risolvevano in una difesa di Lenin e anche del marxismo di Stato sovietico contro coloro che sostenevano che si trattava soltanto di perversioni o deviazioni rispetto al marxismo originario di Marx. Secondo lui non c’era nessuna deviazione. Il marxismo di Marx incarnandosi nella storia poteva farlo solo come leninismo. Benché padre Wetter amasse restare sul piano della filosofia, le implicazioni politiche di questa tesi erano evidenti, e minavano alla base la convinzione cattolico-democratica secondo cui, una volta liberato dalle deviazioni totalitarie sovietiche, il marxismo nella sua versione originaria di Marx si sarebbe rivelato uno strumento di emancipazione dei poveri che anche i cristiani avrebbero potuto utilizzare. In questo senso l’analisi di padre Wetter anticipava quella dell’istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede Libertatis nuntius, del 1984, redatta dal cardinale Joseph Ratzinger che del gesuita austriaco era attento lettore.

L’istruzione del 1984 è famosa per la definizione dei regimi comunisti come «vergogna del nostro tempo», ma si riconosce l’influenza di padre Wetter quando il documento afferma che in Marx l’espressione «lotta di classe» ha un significato non solo economico ma filosofico «e pertanto non può essere considerata come l’equivalente, di portata empirica, dell’espressione "acuto conflitto sociale"», e che nel marxismo non è assolutamente possibile - né lo stesso Marx lo avrebbe voluto - separare filosofia ed economia, materialismo dialettico intrinsecamente ateo e antireligioso e ricette, peraltro fallimentari, per risolvere i problemi economici. Ai cattolici democratici e ai teologi della liberazione latino-americani che avrebbero voluto proporre tale separazione il cardinale Ratzinger ripeteva nel 1984 che «il pensiero di Marx costituisce una concezione totalizzante del mondo nella quale numerosi dati di osservazione e di analisi descrittiva sono integrati in una struttura filosofico-ideologica, che predetermina il significato e l’importanza relativa che si riconosce loro. Gli a priori ideologici sono presupposti alla lettura della realtà sociale. Così la dissociazione degli elementi eterogenei che compongono questo amalgama epistemologicamente ibrido diventa impossibile, per cui mentre si crede di accettare solo ciò che si presenta come un’analisi, si è trascinati ad accettare la stessa filosofia o ideologia».

Ora, questa è precisamente la tesi principale dell’opera di padre Wetter Il materialismo dialettico sovietico del 1947 - e di tanti scritti successivi - che ha una storia e un destino paradossali. Il libro nasce da conversazioni fra il gesuita e lo storico comunista Delio Cantimori (1904-1966), che propose l’opera nella sua versione italiana alla casa editrice Einaudi per la sua collana di punta, «Saggi», fortemente orientata a sinistra - come tutta la Einaudi - e con molte opere marxiste. La pubblicazione suscitò due reazioni completamente diverse. Fuori dell’Italia la versione tedesca fu pacificamente ritenuta un classico, un’opera fondamentale per comprendere Marx e Lenin a partire non dall’azione politica ma dalla filosofia. Anche in Paesi comunisti come la Jugoslavia divenne un libro di testo in diverse università, e padre Wetter diventò un protagonista abituale dei seminari organizzati sull’isola di Korcula, in Croazia, organizzati dalla rivista teorica marxista jugoslava Praxis insieme ai filosofi marxisti Herbert Marcuse (1898-1979) ed Ernst Bloch (1885-1977) e più tardi all’altro filosofo tedesco - non marxista, ma molto interessato a Marx - Jürgen Habermas.

In Italia invece l’intellettuale comunista, e docente alla scuola quadri del Partito Comunista Italiano, Giuseppe Berti (1901-1979), lanciò un attacco violentissimo che aveva di mira anche Cantimori. Berti sostenne che si trattava di un complotto vaticano contro il comunismo, svelato dal fatto che padre Wetter era professore al collegio Russicum - ne sarebbe poi diventato rettore nel 1949 - dove, secondo una leggenda persistente negli ambienti di sinistra, il Vaticano e i servizi segreti degli Stati Uniti formavano sacerdoti da infiltrare poi clandestinamente come agenti nei Paesi del blocco sovietico.

In verità Berti aveva ben poco da ridire sulla sofisticata analisi filosofica di padre Wetter, che forse andava al di là delle capacità di comprensione sua e dei giornalisti della stampa comunista italiana che si unirono al coro sul complotto. Ma c’era un vero problema teorico soggiacente. Che nel comunismo il materialismo dialettico sia inseparabile dal materialismo storico, che l’analisi economica sia conseguenza e non causa di una filosofia atea, che Lenin non sia un traditore ma un conseguente interprete di Marx, sono tutti elementi sottolineati da padre Wetter con tesi la cui precisione appariva persino ovvia agli studiosi di marxismo dell’Europa dell’Est, che - trovandosi già al potere - avevano meno necessità di presentare il comunismo in modo falso e cosmetico per ragioni di propaganda. Era invece il Partito Comunista Italiano che aveva bisogno di sedurre qualche cattolico democratico con la favola di un Marx che parte non da un pregiudizio filosofico, ma da un presunto amore per i poveri, di un materialismo storico accettabile anche per i cattolici e separabile dal materialismo dialettico ateo, di un «tradimento» del marxismo da parte di chi dai suoi principi faceva derivare regimi totalitari, mentre «in Italia sarebbe stato tutto diverso».

Padre Wetter aveva ragione e i comunisti italiani avevano torto. Lo avrebbe scritto il cardinale Ratzinger nella citata istruzione Libertatis nuntius: «l’ateismo e la negazione della persona umana, della sua libertà e dei suoi diritti, sono centrali nella concezione marxista», e «il disconoscimento della natura spirituale della persona porta a subordinare totalmente quest’ultima alla collettività e a negare, così, i principi di una vita sociale e politica conforme alla dignità umana». Ma lo aveva già visto con chiarezza lo storico comunista, poi ex-comunista, Arthur Rosenberg (1889-1943): «Marx non si rifece […] dal proletariato, dai suoi bisogni e dalle sue sofferenze, dalla necessità di liberarnelo, per trovare poi, come unica via della salvezza del proletariato, la Rivoluzione. Al contrario, egli camminò proprio all'inverso […]. Nel cercare la possibilità della Rivoluzione, Marx trova il proletariato» (Storia del Bolscevismo, trad. it., Sansoni, Firenze 1969, p. 3).