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EDITORIALE

Per affermare ciò che siamo

Il ricorso al TAR contro le Linee guida per i giornalisti sulle persone LGBT è anche la denuncia di una dittatura che ci sta soffocando con la complicità di chi dovrebbe informare. Ma soprattutto rappresenta la decisione a testimoniare la verità.

Editoriali 24_03_2014
Il ricorso al TAR

«Quel che sta avvenendo ricorda molto da vicino il periodo delle leggi “fascistissime”, ovvero quelle normative emanate da Mussolini tra il 1925 e il 1926 che trasformarono l’Italia in una vera e propria dittatura. Anche ora tra una legge, un regolamento, una sentenza e delle linee guida si sta arrivando rapidamente all’instaurazione di una dittatura». Questo scrivevo lo scorso 15 dicembre commentando appunto le “Linee guida per una informazione rispettosa delle persone LGBT”, che erano state appena rese note.

Ma c’è qualcosa di più e di peggio rispetto a novanta anni fa: l’assoluto conformismo di quelle che dovrebbero essere le prime vittime del totalitarismo, i giornalisti. Salvo rarissime eccezioni, nessuno si è scandalizzato per queste Linee guida, nessuno ha invocato il diritto di cronaca e di libertà di espressione. Addirittura l’Ordine dei Giornalisti viene citato come corresponsabile di questo sfregio alla dignità delle persone prima ancora che alla professione giornalistica.

Leggendo i giornali si capisce anche il perché di questo silenzio: la stragrande maggioranza dei colleghi si è già adeguata da tempo all’omosessualmente corretto. Così si dà per scontata l’assoluta naturalezza del matrimonio omosessuale – pardon, fra persone dello stesso sesso -, o del diritto all’adozione; che non si debba più parlare di padre e madre. E guai a dire il contrario, subito arriva l’esperto a spiegare l’insuperabile arretratezza di una cultura ancora influenzata dalla presenza ingombrante della Chiesa cattolica. Nella migliore delle ipotesi, un sorrisino di compassione accompagna chi si ostina a sostenere la famiglia naturale come unica, nella peggiore si viene trattati da pericolosi omofobi, istigatori alla violenza e all’odio. E Dio solo sa dove ci porterà questa strada.

Noi sappiamo solo che è importante continuare a testimoniare la verità, a non avere paura di «quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima»; e per questo è importante anche porre un piccolo gesto di resistenza come il ricorso al TAR contro le Linee Guida per i giornalisti - come raccontato da Gianfranco Amato nell’articolo di Primo Piano –. E al proposito un ringraziamento va ai Giuristi per la Vita, che hanno curato questo ricorso dal punto di vista legale, ma con i quali – più in generale - abbiamo condiviso questi mesi di battaglie per salvare la libertà di espressione e la libertà religiosa nel nostro paese.  

Non è che non siamo in grado di vivere senza un nemico, come qualche “papista” dell’ultima ora ci accusa. E’ che – ci piaccia o meno - il nemico ci ha dichiarato guerra, e per capirne bene le dimensioni si vada a rileggere il discorso di Benedetto XVI alla Curia Romana del 21 dicembre 2012. Una nuova dittatura ci sta lentamente soffocando e il peccato più grave oggi pare ormai essere quello di omissione, girarsi dall’altra parte facendo finta di non vedere la realtà, tanto “l’importante è testimoniare la bellezza del cristianesimo”.

Cari signori, la bellezza del cristianesimo sta proprio in un incontro che spalanca le nostre vite alla realtà, che non ci costringe a censurare nulla, che ci spinge a giudicare ogni cosa e ogni fatto in cui ci imbattiamo a partire da Gesù Cristo risorto dai morti. Certo, lo scopo della nostra vita non è affermare la naturalezza del rapporto tra uomo e donna, e guai se le nostre battaglie non fossero l’occasione per testimoniare qualcosa di infinitamente più grande, che coincide con il significato della nostra vita. Ma proprio per questo oggi non possiamo non vedere che viene portato un attacco alla natura dell’uomo - «maschio e femmina lo creò» - così come creato da Dio.

Non possiamo non vedere che la realtà oggi in Italia è, ad esempio, che sempre più numerosi i nostri figli – anche i più piccoli - tornano a casa da scuola raccontando di oscene lezioni di educazione sessuale o all’identità di genere; che nei documenti della pubblica amministrazione vengono progressivamente eliminati padre e madre per fare posto a genitore 1 e genitore 2; che in tutti i programmi tv, per ragazzi e per adulti, spunta immancabile l’esaltazione dell’omosessualità e la derisione del naturale rapporto tra uomo e donna. E potremmo andare avanti.

Questa è la realtà, possiamo ignorarla? E può esserci una bellezza nel cristianesimo che fugge dalla realtà? 

Sono un giornalista, posso ignorare che mi stanno togliendo la possibilità di svolgere la mia professione seguendo la verità? E ognuno si può fare la stessa domanda per la realtà che vive: genitore, pubblico funzionario, imprenditore, medico, e così via.

Il ricorso al TAR che ho presentato è solo un segno della decisione a lottare fino in fondo per affermare non un’ideologia, ma la realtà e il diritto di ognuno a riconoscerla. Chiunque nel proprio ambito può porre gesti che vanno nella stessa direzione, e tanti già lo stanno facendo. Anche per questo, come Nuova BQ abbiamo dato vita all'Osservatorio sul Gender, Gender Watch News, uno strumento che può essere di aiuto e di punto di riferimento in questa battaglia. Che non stiamo anzitutto combattendo contro qualcuno, ma per affermare ciò che siamo, le ragioni della nostra vita.