Patto sui migranti, le paure infondate di Amnesty
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Niente induce a temere per la sorte dei rifugiati che in futuro si presenteranno alle frontiere europee. Il “Patto migrazioni e asilo” licenziato dall'Europa regolamenta meglio le procedure di identificazione e gestione dei clandestini. Infondate le paure di Amnesty International.
Il 20 dicembre l’Unione Europea ha raggiunto un accordo su una serie di regole comuni al fine di far fronte all’immigrazione illegale. Si chiama “Patto migrazioni e asilo” ed era in discussione dal 2020. La sua approvazione arriva alla fine di un anno che ha visto un aumento del 17% degli ingressi illegali rispetto al 2022. Gli ultimi dati pubblicati dal Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, portano infatti a oltre 355mila il numero degli attraversamenti irregolari delle frontiere dell’Unione Europea via mare e via terra dall’inizio dell’anno, il più alto dal 2016, con un incremento del 61% sulla rotta del Mediterraneo centrale, quella che porta in Italia, per un totale di oltre 153mila ingressi, e del 116% sulla rotta dell’Africa occidentale, quella atlantica che raggiunge l’arcipelago delle Canarie, per un totale di oltre 32mila ingressi.
L’annuncio dell’accordo ha subito scatenato proteste. Decine di organizzazioni non governative, forse ancora prima di conoscerne esattamente il contenuto, lo hanno denunciato come «mal concepito, costoso e crudele». Ma era prevedibile che risultasse inaccettabile, scandaloso, agli occhi di chi si erge a paladino dei diritti dei “migranti” – diritti che esistono in effetti e che nessuno contesta, ma che non possono valere per quelli illegali – perché l’obiettivo del Patto è proteggere i confini dell’Unione Europea e il diritto di chiedere asilo, contro la marea di persone che invece entrano in Europa illegalmente, che si dichiarano rifugiati, approfittando delle leggi internazionali a tutela di chi fugge da guerre e persecuzione, solo per non essere fermati e respinti.
Il patto si articola infatti in cinque punti, cinque regolamenti, ognuno dei quali è inteso a rendere più rapide, chiare ed eque le procedure di identificazione e gestione degli emigranti illegali. Ecco in sintesi in contenuto dei cinque regolamenti.
Il Regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione decide quale Stato membro è tenuto ad accogliere una richiesta di asilo. Mantiene la norma in base alla quale ognuno deve presentare la propria richiesta al primo Paese dell’Ue in cui arriva, ma la responsabilità dello Stato di primo ingresso durerà 20 mesi, 12 per le persone salvate in mare. Inoltre stabilisce un meccanismo di “solidarietà obbligatoria” da attivare quando uno o più Stati si trovano sotto pressione. In tal caso gli altri Paesi membri possono intervenire o ricollocando dei richiedenti asilo sul proprio territorio o versando un contributo in denaro. È previsto un minimo di 30mila ricollocamenti e 600 milioni di finanziamenti all’anno.
Il Regolamento sulle procedure di asilo stabilisce le regole per presentare le richieste di asilo. Introduce una procedura accelerata, chiamata border procedure, che deve svolgersi al massimo in 12 settimane (sei mesi se includerà il rimpatrio). Consentirà alle autorità di esaminare più rapidamente le richieste di asilo e i richiedenti non saranno giuridicamente considerati dentro i confini dello Stato a cui rivolto la richiesta, anche se di fatto verranno ospitati sul suo territorio nazionale. La border procedure sarà applicata agli emigranti che mentono alle autorità, a quelli considerati un pericolo per la sicurezza e a quelli che provengono da Paesi ai cittadini dei quali non viene di solito concesso l'asilo, per i quali statisticamente si registra un tasso di asili concessi inferiore al 20%. «Principalmente si tratta di persone che hanno pochissime possibilità di ottenere protezione internazionale perché provengono da un Paese che non è in guerra» ha spiegato Fabienne Keller, eurodeputata francese di Renew Europe e relatrice del regolamento.
Il Regolamento sulla crisi comprende le norme che dovranno regolare i casi di ingressi massicci e improvvisi in uno o più paesi, come è successo nel 2022 in quelli confinanti con l’Ucraina. Potrà essere allora attivato uno stato di crisi che innanzi tutto farà aumentare le misure di solidarietà degli altri Paesi. Inoltre potranno essere allungati i tempi relativi alle procedure di asilo e la border procedure sarà estesa alle persone che provengono da un Paese con un tasso di concessione dell’asilo inferiore al 50%.
Il Regolamento sullo screening prevede la creazione di regole comuni riguardanti l’identificazione delle persone prive di documenti che si presentano alle frontiere esterne dell’Ue tramite dati relativi a nazionalità, età, impronte digitali, immagine del volto al fine di aumentare la sicurezza nell’area Schengen.
Il Regolamento Eurodac prevede la creazione di un database comune, costantemente aggiornato, che consentirà di disporre di dati più accurati e completi, utili a rilevare gli spostamenti non autorizzati e ad evitare la formulazione di più richieste di asilo da parte della stessa persona.
Niente, anche a una lettura del testo integrale, induce a temere per la sorte dei rifugiati che in futuro si presenteranno alle frontiere europee. Dando voce alle proteste di molte associazioni, Amnesty International tuttavia ha dichiarato che le riforme decise dall’Ue «faranno arretrare di decenni la normativa sull’asilo», esporranno le persone «che necessitano di protezione a gravi violazioni dei diritti umani», provocheranno maggiori sofferenze alle persone migranti e una riduzione dei loro diritti.
Sono affermazioni gravi e del tutto infondate. Il Patto non contempla deroghe al diritto internazionale in materia di asilo, né potrebbe dal momento che tutti i Paesi membri dell’Ue hanno sottoscritto e ratificato la Convenzione di Ginevra per i rifugiati. Quanto ai diritti degli emigranti, l’accordo neanche entra nel merito perché riguarda solo la gestione di persone che entrano illegalmente in Europa. Quella degli emigranti regolari che chiedono permessi di lavoro per motivi di lavoro e di studio è materia dei singoli stati. In Italia, ad esempio, se ne occupa il ministero del lavoro e delle politiche sociali che emana regolarmente i cosiddetti “decreti flussi”.
«Invece di investire in un’accoglienza dignitosa all’interno dell’Unione europea – prosegue il comunicato di Amnesty International – e di ampliare percorsi sicuri e regolari per consentire alle persone di raggiungere la protezione in Europa senza dover ricorrere a viaggi pericolosi, questo Patto rappresenta un ulteriore passo verso l’esternalizzazione del controllo delle frontiere e l’elusione delle responsabilità europee in materia di protezione dei rifugiati».
Sono affermazioni altrettanto infondate, profondamente ingiuste e offensive. L’Europa non si disinteressa affatto della sorte di coloro che cercano scampo a violenze estreme anche se quasi mai è responsabile delle situazioni che li costringono a fuggire. È tra i principali finanziatori dell’Unhcr, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, e finanzia generosamente le innumerevoli organizzazioni non governative che affiancano l’Unhcr nell’assistenza ai profughi e ai rifugiati. Piuttosto, gli uni e gli altri forse dovrebbero essere meglio assistiti dall’Unhcr.
Nessuno dovrebbe vedersi costretto a rivolgersi a organizzazioni criminali per percorrere viaggi in effetti lunghi, disagevoli e costosi, in cerca di aiuto, trovandosi poi, una volta raggiunte le frontiere europee, sommerso da centinaia di migliaia di persone che pretendono asilo senza averne diritto. Questo dovrebbe essere inaccettabile, scandaloso e di questo sono responsabili le Nazioni Unite e gli altri Paesi membri della Convenzione di Ginevra per i rifugiati che, nei confronti di chi fugge perché minacciato nella vita e nella libertà, hanno le stesse responsabilità dei 27 paesi Ue, anche se a loro nessuno chiede mai conto.