Parole come sabbia
I racconti di uno scrittore autentico come Ezio Franceschini ripropongono l'eterna umana vicenda: il desiderio del bene senza fine e la tentazione sottile di accontentarsi di compromessi e sotterfugi. Storie semplici per animi semplici, perché è la purezza del cuore a salvare la vita.
Nei racconti di Ezio Franceschini si scopre sempre la stoffa dello scrittore autentico. Nativo del Trentino, classe 1906, Franceschini è stato docente di Letteratura latina medioevale e, dal 1963 al 1968, rettore all'Università cattolica di Milano. Professore austero, rivela una vena narrativa freschissima nelle storie di Parole come sabbia, raccolte in volume nel 1965 e recentemente ripubblicate dall'editrice Vita e Pensiero.
La Presentazione, di mano dell'autore, rivela l'intreccio tra la vita e il racconto: la dedicataria, la signorina Anna, è una donna illetterata che presta servizio nella mensa dell'università; il suo sorriso accoglie ogni sera il professore dopo una giornata faticosa per entrambi. Anna e le sue amiche, "quelle che il mondo chiama donne di servizio o più volgarmente e semplicemente serve", portano la cena e sorridono, guardando il professore "non come si guarda un uomo importante, ma come un vecchio amico, da cui non divide quel grembiule bianco, ma solo un diverso servizio, una diversa responsabilità".
Quel sorriso fa fiorire la semplicità di cuore dell'autore, il quale sa bene "che cosa significhi per un uomo stanco un accogliente sorriso di donna". È un fascino tanto intenso quanto puro quello che la figura femminile esercita sul suo animo. Un fascino che traluce negli incantevoli racconti nati nel regno di Anna, tra la cucina e la sala da pranzo, dove fatiche e ruoli differenti si intrecciano nella comune umanità.
Nascono così, come segno di riconoscenza per quel sorriso che ristora l'animo di un uomo stanco, piccole storie cariche di umanità. Parole come sabbia - le definisce Franceschini - "per qualche minuto di sollievo tra tante cose importanti e gravi che si fanno nella giornata". Ogni racconto ripropone in forme sempre nuove l'eterna umana vicenda: il desiderio del bene senza fine e la tentazione sottile di accontentarsi di compromessi e sotterfugi.
Così il lettore, condotto nell'anno di grazia 1130 "in un paese dei Vosgi sperduto tra montagne e foreste", incontra Wilfrido, giovane pescatore cresciuto alla scuola della pazienza e divenuto monaco, che nella sua semplicità vince la tentazione dell'orgoglio e dell'ira e muore d'amore, accompagnato in paradiso dall'arcangelo Raffaele.
Se certo è il Medioevo il tempo più amato dall'autore (un'età non idealizzata, ma reale, impastata di sangue e di riferimento a Dio), è il Paradiso il punto d'arrivo a cui ogni storia misteriosamente e realmente tende.
Lo svela con evidenza limpida la vicenda di Vasco di Bretagna, giovane bello e ardito, "uno dei cavalieri più famosi di Francia": in partenza per la prima crociata, fa una promessa decisiva a sua nonna, la duchessa Anna, "una vecchina che gli ottant'anni passati sembravano aver reso più piccola, ma alla quale nulla avevano tolto di una fierezza che le traspirava dagli occhi, dal volto, dalla maestà del portamento". Al giovane, mosso dallo spirito di avventura e dal desiderio di gloria ben più che dalla volontà di liberare la Terra Santa, la nonna chiede che ogni sera si guardi nel piccolo specchio di cristallo che gli dona e ripeta alcune parole: "Vasco, tizzone d'inferno, levato il santo battesimo, tu sei un perfetto animale. Ciononostante, Signore Iddio, abbi pietà di me". Legato dalla promessa di cavaliere il giovane obbedisce, sebbene non si senta né un tizzone d'inferno né un perfetto animale. E proprio la fedeltà alla preghiera insegnatagli dalla nonna darà origine al decisivo colpo di scena che lo porta alla gloria vera.
Storie semplici per animi semplici, perché è la purezza del cuore a salvare la vita. Storie per chi sa riscoprire che la libertà si misura nelle minute scelte quotidiane. Storie per uomini come tutti gli altri, siano eroi, monaci o professori.
Anche dalla sua attività di insegnamento nascono splendide favole: da Lezione di filosofia, in cui l'autore-protagonista propone con singolare profitto l'arte del sillogismo a una bottegaia, all'impareggiabile professore del racconto La lezione, che incanta le allieve di un educandato con il fascino della canzone di Melisenda, la contessa del Libano amata dall'antico trovatore e cantata da Giosue Carducci.
Sono l'amore, la poesia, la bellezza il cuore del narrare e del vivere di Franceschini, nel costante richiamo a una funzione alta della donna, scelta - unica creatura nell'universo - per dare a ognuno "un aiuto a percorrere le vie di Dio nel mondo, un aiuto che fosse nello stesso tempo amore e forza, bontà e pazienza, tenerezza e consiglio, serenità e sacrificio".
Nell'attrattiva costante e assoluta esercitata dalla femminilità c'è anche l'attesa serena di sorella morte, presenza discreta e pacificata nella scrittura e nei giorni di Franceschini. La attendono i suoi racconti e la attendeva una rosa sempre fresca che poneva ogni giorno sul proprio tavolo. Così, secondo l'insegnamento di Francesco d'Assisi, si preparava ad accogliere quella donna di misteriosa grazia, tramite supremo a Dio e compagna di strada per ogni uomo.
Ezio Franceschini
Parole come sabbia
Vita e Pensiero, 2006, pagine 220, euro 12.