«Parlano di ponti e nella Chiesa mettono i muri»
Monsignor Negri, arcivescovo di Ferrara, reagisce al dossier sul fondamentalismo cattolico pubblicato dalla rivista "La Nuova Europa": «È uno schema di comodo, senza contenuti culturali, da cui però vengono tirate conseguenze assolutamente scorrette». «Si vadano a riprendere il discorso di don Giussani alla Dc lombarda nel 1987, quello di "meno stato, più società". È fondamentalismo anche questo?».
«Un disagio fortissimo, quasi uno sgomento». La voce al telefono di monsignor Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, esprime benissimo il sentimento che cerca di esternare. Ma cos’è che provoca questo disagio a monsignor Negri? La lettura di un corposo dossier dedicato al fondamentalismo cattolico, pubblicato da “La Nuova Europa”, periodico emanazione di Russia Cristiana.
Eh sì, avete letto bene: in questa Europa dove l’allarme terrorismo islamico è praticamente quotidiano e dove può anche capitare che un prete venga sgozzato durante la messa, per qualche intellettuale la vera emergenza è il fondamentalismo cattolico. E il bello è che a guidare questa riflessione non è una testata laicista, ma un periodico cattolico e un giornalista esponente di primo piano del movimento di Comunione e Liberazione, per tantissimi anni compagno di strada di monsignor Negri. Secondo Maurizio Vitali, ex direttore del mensile ufficiale di Cl Litterae Communionis e per 15 anni uomo-comunicazione del governatore della Lombardia Roberto Formigoni, i fondamentalisti cattolici costituiscono un universo composito di siti e personaggi “impauriti” e “scandalizzati” dalla misericordia, ossessionati dal problema etico, che si rifugiano nella dottrina e nella militanza, che vedono gay ed extracomunitari come nemici, e che ovviamente sono ostili nei confronti di papa Francesco. Gente, si capisce, che arroccata a difesa della propria identità è incapace di incontrare davvero gli uomini e si dedica a costruire muri. In questo articolo, per pudore, monsignor Negri non è mai citato in prima persona (è citato invece in altri articoli) ma è chiaro che è anche lui tra i bersagli del dossier. Quanto alla Bussola, viene citata diverse volte ma collocata in un’area contigua al fondamentalismo, un po’ quello che il PCI e la CGIL furono per le Brigate Rosse. Ci sarebbe da ridere se non fosse una cosa triste e seria allo stesso tempo.
Monsignor Negri, lei è stato sorpreso da questo attacco…
Sono esterrefatto. È impensabile che una cosa così venga da una rivista espressione dell’intelligentissimo e articolato lavoro di Russia Cristiana, un frutto delle straordinarie iniziative di don Francesco Ricci, grazie alla quale il movimento di CL ha dialogato con un mondo allora impenetrabile. Grazie a questo lavoro abbiamo conosciuto le Chiese dell’Est europeo, abbiamo incontrato i dissidenti russi e più in generale dell’Est, abbiamo letto e fatto conoscere i loro testi che erano sconosciuti in Italia. Un lavoro culturale imponente, oggi contraddetto da analisi di questo livello, che sono anzitutto una restrizione orrenda delle prospettive culturali.
Ma esiste il fondamentalismo cattolico?
Viene usata una definizione schematica e mai chiaramente identificata di quello che sarebbe il fondamentalismo cattolico, sostanzialmente un attaccamento alla dottrina che respinge la misericordia. Ma dove sta scritto? Io posso dire che ho avuto fin dall’incontro con don Luigi Giussani una straordinaria consapevolezza della mia identità cattolica, e una altrettanto straordinaria consapevolezza della dottrina cattolica; e vorrei che Vitali trovasse una sola persona che dicesse di me che non sono stato capace di dialogare, di incontrarmi con la sua sensibilità, con la sua cultura. È ora di smetterla di formulare delle definizioni di comodo alla luce delle quali poi tirare conseguenze che sono assolutamente scorrette.
Con questa descrizione del fondamentalismo, chiunque affermi con chiarezza la propria identità può rientrarci.
Ripeto: questa è un’immagine di comodo che circola nel mondo cattolico e non, senza alcun contenuto culturale. Personalmente non mi sento definito da questo schema: ho la coscienza molto decisa perché me l’hanno insegnata i miei grandi professori di teologia, me l’ha insegnata don Giussani, me l’hanno insegnata altre grandi personalità che ho incontrato come i cardinali Biffi, Caffarra, Ruini. E devo sentirmi dire che non sono aperto al dialogo? O che utilizzo la mia identità come una clava, uno strumento di offesa e di discriminazione?
Ma allora mi chiedo: cosa ne facciamo del grande discorso che monsignor Giussani fece alla Dc lombarda nel 1987, da cui venne lo slogan straordinario di “meno stato più società”, e che propiziò la rinascita vigorosa della dottrina sociale della Chiesa? È fondamentalismo anche questo? Ogni affermazione chiara, esplicita, con una sua struttura logica è fondamentalismo? Allora il dialogo è possibile solo tra gente che non ha coscienza o gente che senza accorgersi serve un pensiero unico dominante. Un pensiero unico dominante che ha deciso che le identità sono da ridurre, da diminuire quando non da eliminare perché il dialogo possa essere fatto. Ma così il dialogo diventa un idolo. Il dialogo fra vuoti non è dialogo, è la soggezione di molti a chi ha delle idee molto precise, e le tiene ben nascoste per farle passare in modo surrettizio nella vita della società.
Nel lungo articolo si fa anche un elenco di siti e personaggi che sarebbero in qualche modo legati al fondamentalismo cattolico, sembra una lista di proscrizione.
Si mettono insieme siti diversi per formazione e responsabilità, ma che certamente convergono nella comune appartenenza alla fede cattolica. Ma allora chiederei: è più importante una immagine di comodo o questa comune appartenenza alla Chiesa che ci tiene insieme anche se in posizioni molto diverse? Si proclama la necessità di fare i ponti con il mondo, con i non credenti, con chi ha una posizione culturale diversa e poi si costruiscono muri all’interno della cattolicità. Con questo articolo si dice che con questi è inutile dialogare perché sono legati a una concezione tale della dottrina cattolica che impedisce loro di aprirsi all’interno della Chiesa e verso il mondo. Poi è assolutamente imperdonabile che in questa lunga lista sia stato tirato dentro anche il sito dell’Osservatorio cardinale Van Thuan: lui un martire della fede sotto il comunismo, e il sito, diretto da monsignor Gianpaolo Crepaldi, che fa un lavoro eccezionale per l’attualizzazione della Dottrina sociale della Chiesa. Lo dico con decisione: chi parla di ponti costruisce muri all’interno del mondo cattolico.