Paritarie a Bologna: vince il buon senso
Il Comune di Bologna ha deciso di mantenere, con il voto a favore di Pd, Pdl e Lega, i finanziamenti alle scuole materne paritarie convenzionate. In questo caso il metodo delle larghe intese ha prodotto qualcosa di buono, come mantenere la collaborazione tra pubblico e società civile, uno dei pilastri del welfare.
Dopo il funesto esito del referendum comunale del maggio scorso, il Comune di Bologna ha compiuto una scelta di buon senso, mantenendo in vita il sistema delle convenzioni per il finanziamento alle scuole materne paritarie. A votare a favore dell’ordine del giorno con cui è stato salvato il principio della collaborazione pubblico-privato nell’erogazione dei servizi d’istruzione, previsto peraltro dalla Costituzione italiana, sono stati Pd, Pdl e Lega, con il no di Sel, Movimento Cinque Stelle e gruppo misto. Anche in questo caso il metodo delle larghe intese ha prodotto qualcosa di buono che torna utile all’interesse generale e favorisce la fruizione di diritti inalienabili dell’individuo.
I promotori del referendum del 26 maggio hanno tuttavia denunciato una sorta di “tradimento” della volontà popolare, visto che oltre il 60% degli 85.000 votanti si era espresso per l’abolizione di quei finanziamenti alle paritarie. Va ricordato, però, che ad esprimersi in quella consultazione furono solo il 28% degli aventi diritto, il che rende francamente poco attendibile il responso delle urne in termini di rappresentatività della popolazione scolastica bolognese. Lo rilevò proprio un esponente del Pd, il deputato Edoardo Patriarca: "I dati sull'affluenza al referendum a Bologna dimostrano che ha votato una minoranza. Insomma si è trattato di una battaglia ideologica che non interessa la gran parte dei cittadini bolognesi che hanno capito che la sussidiarietà è la chiave di volta laddove lo Stato non riesce ad arrivare".
Pochi giorni fa erano approdati in consiglio comunale due opposti ordini del giorno: quello del Pd, che chiedeva di non smantellare un sistema collaudato, e quello di Sel e del Movimento 5 Stelle, che chiedeva, invece, di rispettare l’esito del voto e cancellare, sia pure gradualmente, il finanziamento alle private. Ne era nata una vivace discussione, durante la quale non erano mancate le proteste in aula dei sostenitori del referendum. Ma anche all’interno della maggioranza qualche voce discorde si era fatta sentire, come quella del renziano, Francesco Errani che aveva annunciato la propria astensione. La diatriba, tutta interna al Pd, la dice lunga sulle difficoltà di quel partito di conciliare posizioni massimaliste e punti di vista più liberali. Pd e Pdl hanno votato insieme (27 i voti a favore, 5 i contrari e 1 astenuto) contro l’esito del referendum.
Il sindaco del Partito democratico, Virginio Merola fin dall’indizione del referendum si era detto contrario all’abolizione di quei finanziamenti (un milione di euro all’anno) per le scuole materne paritarie convenzionate e favorevole al mantenimento dell’attuale sistema pubblico integrato. E nei giorni scorsi, dopo la decisione presa dal consiglio comunale, ha dichiarato: "Io credo che una sinistra moderna concepisca il pubblico non solo come comunale o statale, credo che la nostra idea di un sistema scolastico integrato sia più adeguata ai tempi". Parole sacrosante, ma che in certa sinistra nostalgica di modelli statuali sconfitti dalla storia non fanno certamente breccia. E c’è da aspettarsi che anche nella Parma governata dai grillini o nella Regione Puglia di Vendola prima o poi verranno riproposte iniziative referendarie simili a quella bolognese di maggio, figlie di uno statalismo manicheo, che nega il pluralismo educativo e la funzione insostituibile del privato sociale.
Le scuole pubbliche e le scuole private non sono in competizione, ma devono concorrere alla realizzazione e al soddisfacimento dei bisogni fondamentali e primari dell’individuo, come quello dell’istruzione. Con le risorse destinate attualmente alle scuole dell’infanzia paritarie a gestione privata, infatti, il Comune di Bologna potrà continuare a garantire, nelle scuole gestite direttamente, meno del 10% del numero di posti convenzionati. Si tratta cioè di 145 posti (dato che il costo per bambino nelle scuole comunali è di 6.900 euro all’anno), contro i 1.736 posti assicurati dalle paritarie convenzionate. L’alleanza strategica a Bologna tra istituzioni pubbliche e società civile organizzata è una conquista di civiltà e un punto di forza cui non si può rinunciare, se si vuole che il sistema di welfare di cui la scuola dell’infanzia è pilastro di primaria rilevanza continui a restare di tipo universalistico, ma anche di qualità crescente.
Questo punto di vista è stato sostenuto con vigore e coerenza da intellettuali, studiosi e addetti ai lavori durante la campagna referendaria. Ora può considerarsi acquisito alla coscienza dominante dei bolognesi e delle forze politiche che governano la città. Certamente una boccata d’ossigeno e un sospiro di sollievo per tutte le coscienze attente a preservare i valori costituzionali fondamentali, non ultimo quello della collaborazione pubblico-privato nell’erogazione dei servizi fondamentali alla crescita e allo sviluppo degli individui e delle formazioni sociali.