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APPROPRAZIONE INDEBITA

Papato e mass media, storie di incomprensioni

Quando giornal , tv e internet offrono letture sbagliate. Al centro della giornata di studio l’affascinante
ma qualche volta difficile rapporto
tra Chiesa e giornalisti. Da Paolo VI
a Benedetto XVI passando
per Giovanni Paolo II gli episodi
nati da travisamenti.

 

Le «incomprensioni» tra Chiesa cattolica e media: una questione attuale ma con radici antiche, che è stata ieri oggetto di una giornata di studio in Vaticano. Organizzato dall’Osservatore Romano nel contesto del 150° anno di storia, il Convegno ha visto riuniti nell’Aula vecchia del Sinodo, a porte chiuse, due storici, cinque vaticanisti non italiani e un cardinale, a discutere del difficile e affascinante rapporto tra Chiesa e Papato da una parte e circo mediatico dall’altra.

Si è trattato di un evento cui la Santa Sede ha dato una grande importanza visto che vi hanno assistito, anche se non continuativamente, tutti i vertici della Segreteria di Stato, a partire dal cardinale Tarcisio Bertone. Il porporato ha anche voluto porgere un breve saluto definendo la giornata di studi «un’iniziativa molto bella alla quale penso di poter dedicare qualche postilla, quando avrò ordinato le mie carte, quando avrò qualche elemento in più per questa riflessione».

L’incontro è stato introdotto e moderato da Giovanni Maria Vian, direttore del quotidiano vaticano, che ha sottolineato come papa Ratzinger sia «sensibilissimo alla comunicazione, nel solco della tradizione cristiana e usi un linguaggio chiaro e non referenziale».

I primi due interventi sono stati quelli degli storici Lucetta Scaraffia e Andrea Riccardi, i quali hanno in qualche modo "relativizzato" le incomprensioni che hanno caratterizzato i rapporti con i media nell’attuale pontificato.

La Scaraffia ha ricordato come nel 1968 l’enciclica Humanae vitae con la quale Paolo VI condannò la pillola per il controllo delle nascite ha segnato «una rottura nella luna di miele con l’opinione pubblica» che si era inaugurata con Giovanni XXIII e il Concilio Vaticano II. Secondo la professoressa tra papa Montini e l’opinione pubblica ci fu senz’altro un «fraintendimento, un malinteso e questa prima crisi tra Papi e informazione è un incidente significativo che ha creato un modello più o meno riproposto in tutti i casi successivi fino al Papa attuale».

«Ma anche Giovanni Paolo II – ha ricordato Riccardi – è stato all’inizio un Papa impopolare. Subiva il confronto con Paolo VI, Papa prima contestato e disprezzato ma poi esaltato per la sua complessità in contrapposizione alla graniticità, per alcuni allora alla rozzezza, delle certezze del Papa polacco». Riccardi più in generale ha anche osservato l’importanza dei media nella vita della Chiesa, sottolineando come il Vaticano II sia stato il primo Concilio ad essere "arrivato" ai fedeli non attraverso i vescovi e i sacerdoti ma attraverso la carta stampata, la radio e la tv.

Definito il quadro storico, gli interventi dei giornalisti hanno aiutato a sviscerare alcuni aspetti ed episodi particolari che hanno caratterizzato i rapporti tra media e attuale pontificato. Il francese Jean-Marie Guenois de <+corsivo>Le Figaro<+tondo> ha parlato di Ratzinger il "pastore tedesco", dove, ha ricordato, da tedesco si passa a nazista e dopo sei anni dall’elezione «ancora è diffuso questo stereotipo», insieme a quello del teologo «lontano, affascinante sì, ma troppo rigoroso».

Don Antonio Pelayo, della spagnola Antena3, ha sviscerato il celebre episodio della lezione magistrale pronunciata da Benedetto XVI a Ratisbona nel settembre 2006. Il vaticanista iberico ha formulato una argomentata critica a come la stampa italiana coprì e per certi versi distorse l’evento, provocando di fatto le forti e rabbiose critiche nel mondo islamico. Il tedesco Paul Badde di Die Welt ha rievocato invece il caso Williamson che esplose nei primi mesi del 2009, un «disastro mediatico e di comunicazione interna» vaticana che però ebbe una ricaduta positiva, in quanto, in qualche modo, non impedì che si procedesse alla revoca delle scomuniche ai vescovi "lefebvriani" permettendo così che potesse essere intrapreso un cammino per il loro pieno reinserimento nella Chiesa cattolica.

L’inglese John Hooper, de The Guardian, ha da parte sua parlato dei due episodi del marzo 2009 e novembre 2010 in cui il Papa fece delle dichiarazioni riguardo all’uso dei condom che vennero distorte o strumentalizzate dai media. Mentre monsignor Carlo Maria Polvani, della Segreteria di stato, ha letto l’intervento del vaticanista statunitense John Allen, rimasto bloccato in patria, sul tema dello scandalo degli abusi sessuali compiuti da sacerdoti, dove la stampa spesso non ha brillato per «equilibrio e completezza», mentre la Chiesa non di rado ha saputo dare solo risposte controproducenti.

Alla fine il cardinale Gianfranco Ravasi ha tirato le fila della giornata, ricordando che problemi di comunicazione la Chiesa li ha avuto fin dall’inizio della cristianità, basta leggere l’epistolario paolino per accorgersene, e ribadendo la necessità di un dialogo continuo tra media e Chiesa, la quale però deve sempre conservare la propria «identità».?

Da Avvenire dell'11 novembre 2011