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VIAGGIO APOSTOLICO

Papa a Vilnius, contro i "canti di sirena" delle ideologie

«In questo luogo della memoria, ti imploriamo, Signore, che il tuo grido ci mantenga svegli». Così Papa Francesco, al ghetto di Vilnius 75 anni dopo la sua distruzione. E' il secondo giorno del Viaggio Apostolico nei Paesi Baltici. Il Papa si rivolge anche ai giovani: «Andiamo controcorrente rispetto a questo individualismo che isola»

Ecclesia 24_09_2018
Il Papa al ghetto di Vilnius

«In questo luogo della memoria, ti imploriamo, Signore, che il tuo grido ci mantenga svegli. Che il tuo grido, Signore, ci liberi dalla malattia spirituale da cui, come popolo, siamo sempre tentati: dimenticarci dei nostri padri, di quanto è stato vissuto e patito». Con queste parole Papa Francesco ha meditato davanti al Monumento delle Vittime delle Occupazioni e Lotte per la Libertà di Vilnius, nel giorno del 75° anniversario del genocidio ebraico in Lituania. «…che quel grido sia stimolo per non adeguarci alle mode del momento, agli slogan semplificatori, e ad ogni tentativo di ridurre e togliere a qualsiasi persona la dignità di cui Tu l’hai rivestita».

Si è concluso ieri il secondo giorno del viaggio in Lituania, Estonia e Lettonia che si concluderà domani, martedì 25 settembre. La domenica si è aperta con la Santa messa celebrata dal Papa a Kaunas, seconda città lituana. Durante l’Angelus Francesco ha ricordato come questa nazione 75 anni fa «assisteva alla definitiva distruzione del ghetto di Vilnius» e «così culminava l’annientamento di migliaia di ebrei che era già iniziato due anni prima». Forte il monito del Papa anche per l’oggi. «Facciamo memoria di quei tempi», ha detto, «e chiediamo al Signore che ci faccia dono del discernimento per scoprire in tempo qualsiasi nuovo germe di quell’atteggiamento pernicioso, di qualsiasi aria che atrofizza il cuore delle generazioni che non l’hanno sperimentato e che potrebbero correre dietro quei canti di sirena». 

Per questo già dai discorsi di sabato, Francesco ha indicato la via del servizio verso il prossimo come l’antidoto contro ogni empietà. «Andiamo controcorrente rispetto a questo individualismo che isola», ha detto ai giovani radunati nella piazza della cattedrale di Vilnius. Un egoismo «che ci fa diventare egocentrici e vanitosi, preoccupati solamente dell’immagine e del proprio benessere, di come apparire». No, noi «Siamo cristiani e vogliamo puntare sulla santità, ma puntate sulla santità a partire dall’incontro e dalla comunione con gli altri, a partire dalle loro necessità».

Si tratta di non chiudersi e davanti alla Madonna della Misericordia di Vilnus aveva detto «che si può proteggere senza attaccare, che è possibile essere prudenti senza il malsano bisogno di diffidare di tutti». Perché, ha aggiunto, «a volte sembra che aprirci al mondo ci proietti in spazi di competizione, dove “l’uomo è lupo per l’uomo” e dove c’è posto solo per il conflitto che ci divide, per le tensioni che ci consumano, per l’odio e l’inimicizia che non ci portano da nessuna parte».

Alle autorità del paese, nel suo primo discorso in Lituania, aveva appunto ricordato che l’originalità che può portare il popolo lituano è quella di «“ospitare le differenze”. Per mezzo del dialogo, dell’apertura e della comprensione esse possono trasformarsi in ponte di unione tra l’oriente e l’occidente europeo. Questo può essere il frutto di una storia matura, che come popolo voi offrite alla comunità internazionale e in particolare all’Unione Europea».

Un atteggiamento di apertura che Francesco ripete spesso nel suo magistero e nella predicazione, un modo di essere che scaturisce dal fuggire la tentazione di voler essere primi.  «Gesù nel Vangelo», ha detto all’Angelus, «ci ricorda una tentazione sulla quale dovremo vigilare con attenzione: l’ansia di essere i primi, di primeggiare sugli altri, che può annidarsi in ogni cuore umano. Quante volte è accaduto che un popolo si creda superiore, con più diritti acquisiti, con maggiori privilegi da preservare o conquistare. Qual è il rimedio che propone Gesù quando appare tale pulsione nel nostro cuore e nella mentalità di una società o di un Paese? Farsi l’ultimo di tutti e il servo di tutti».

Per fare questo, ha detto sabato ai giovani, «non abbiate paura di decidervi per Gesù di abbracciare la sua causa, quella del Vangelo della umanità, degli esseri umani. Perché Egli non scenderà mai dalla barca della vostra vita, sarà sempre all’incrocio delle nostre strade, non smetterà mai di ricostruirci, anche se a volte noi ci impegniamo nel demolirci».