Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Natale del Signore a cura di Ermes Dovico
ECUMENISMO

Palmer, l'anglicano che non voleva più "protestare"

Per i postumi di un incidente motociclistico, il 20 luglio è scomparso Anthony Joseph Palmer, vescovo della Comunione delle Chiese Evangeliche Episcopali. Nato nel Regno Unito, sposato a un’italiana, convertito adulto, “Tony” Palmer (così era noto) è stato un grande amico di Papa Francesco.

Ecclesia 28_07_2014
Tony Palmer

Per i postumi di un incidente motociclistico occorso in Gran Bretagna, e dopo lunghe ore passate in sala operatoria, il 20 luglio è scomparso Anthony Joseph Palmer, vescovo della Comunione delle Chiese Evangeliche Episcopali (Ceec), fondata nel 1995 e aderente alla Comunione Anglicana. Nato nel Regno Unito, cresciuto in Sudafrica, ex assicuratore medico, sposato a un’italiana, convertito adulto, “Tony” Palmer (così era noto) è stato un grande amico di Papa Francesco. Lunedì 28 luglio avrebbe dovuto esserci anche lui all’incontro “segreto” di Caserta con il Pontefice e il pastore Giovanni Traettino della Chiesa Evangelica della Riconciliazione.

La loro non era certo un’amicizia all’insegna di un irenismo oramai senza sapore. «Io capisco Tony Palmer perché ho vissuto lo stesso percorso», ha commentato don Dwight Longenecker, americano ex protestante ed ex anglicano, oggi sacerdote cattolico, e vera e propria “personalità” del web. «Cresciuto in una famiglia evangelica nordamericana, ho cercato la Chiesa storica e sono diventato anglicano. Questo passo mi ha avvicinato al cattolicesimo e ho finito per essere accolto nella piena comunione della Chiesa cattolica. Percorrendo questa strada, ho affermato tutta la pienezza della fede nella Chiesa cattolica e tutti gli aspetti positivi delle tradizioni evangelica e anglicana allo stesso tempo. Non ho negato gli aspetti positivi della mia ma diventando cattolico li ho affermati ancor di più». Aggiunge infatti sempre don Longenecker che «da un po’ di tempo oramai la vera divisione nel cristianesimo non è più tra cattolici e protestanti. È tra i cristiani che credono nella religione rivelata e quelli che credono in una religione relativa. La vera divisione è tra i progressisti che vogliono alterare la fede storica in base allo spirito del tempo e chi crede che lo spirito del tempo vada sfidato dalla verità eterna e immutabile del Vangelo cristiano. Coloro che credono in una forma relativa, progressiva e modernista del cristianesimo disprezzano l’elemento miracoloso della religione e pensano che la Chiesa debba adattarsi completamente ai bisogni della società moderna».

Il giovane Palmer era tra quelli che a Cristo ci credevano sul serio ed è così che ha incontrato il Papa. La Ceec di cui Palmer è stato un rappresentante di spicco è sorta all’interno del cosiddetto “movimento della convergenza”, che, a partire dagli anni 1970, ha portato un certo numero di protestanti conservatori degli Stati Uniti di tendenza evangelical, molti dei quali con uno stile di preghiera carismatico, a riscoprire la tradizione liturgica ed episcopale della Comunione Anglicana, diffondendosi poi in Europa grazie agli sforzi dell’arcivescovo missionario Robert L. Wise e in questo modo anche in Italia con la Comunità “L’Arca”, fondata a Todi proprio da Palmer.  

Il vescovo anglicano e il Papa cattolico si conoscevano da tempo, ma per Palmer il momento forse più decisivo e incisivo è arrivato il 14 gennaio quando, in qualità di responsabile dell’International Ecumenical Officer della Ceec, lo ha ricevuto il Pontefice. Tra le molte cose di cui immaginiamo (e mai sapremo) si siano parlati, c’è stata anche la Charismatic Evangelical Leadership Conference, in programma per il febbraio successivo in Texas, sotto gli auspici di Kenneth Copeland, un famoso leader del movimento evangelical pentecostale Word of Faith. Palmer l’ha sicuramente illustrata, spiegata e commentata a Francesco; gliene avrà certamente sottolineato l’importanza, magari insistendo proprio sulla quasi unicità di un evento così. I dettagli saranno stati quel che saranno stati, ma la realtà di fatto che tutti hanno poi potuto vedere con gli occhi e ascoltare con le orecchie è che il vescovo anglicano e il Papa cattolico hanno deciso di provare a sfruttarla quell’occasione speciale. Come? Con un messaggio del Papa, la prima volta di un Papa cattolico alla grande kermesse dei protestanti pentecostali. Anzi, con un video registrato nella stanza del Papa a Santa Marta dall’iPhone di Palmer. 

Un filmato casereccio, domestico, in cui il Pontefice balbetta un poco l’inglese e poi si fa sottotitolare, ma che importa? Quando l’anglicano Palmer ha preso la parola davanti agli evangelical, tutti lo hanno ascoltato come un fratello sincero. E Palmer di cos’ha parlato? Praticamente solo del cattolicesimo: dei carismatici cattolici italiani, della Chiesa Cattolica per intero, dell’antica amicizia con l’arcivescovo Jorge Mario Bergoglio, del Conclave che poi lo ha eletto al Soglio di Pietro, dell’emozione che ha provato nel vedere Papa quello che lui considera uno dei suoi tre padri spirituali, di sua moglie che ha riscoperto il cattolicesimo e dei loro figli educati in questa stessa fede. E subito dopo, quando nessuno se lo aspettava, Palmer ha annunciato l’impossibile, il video del Papa cattolico. La sala protestante lo ha ascoltato, attonita e ammutolita; qualcuno (d’importante, d’influente) ha poi addirittura deciso di convertirsi al cattolicesimo. E Papa Francesco ha parlato di nostalgia, un sentimento forte, fortissimo: il languore più profondo, lo struggimento viscerale, la mancanza strutturale di qualcosa, il senso dell’incompiutezza, il desiderio di un compimento profondo. Ai protestanti manca il compimento autentico del cristianesimo, e tanto loro quanto i cattolici soffrono per la mancata unità del corpo di Cristo. Con una parola spesa via smartphone in Texas, “nostalgia”, Francesco ha fatto più passi avanti di mille discorsi ecumenici, di mille dialoghi interreligiosi.

L’anglicano Palmer parlava del Papa con una reverenza e con una carità che molti cattolici hanno purtroppo scordato. Avevano un piano, Palmer e Francesco, le cui radici risalgono ai tempi in cui il vescovo anglicano avvicinò la Chiesa di san Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Lavorare per l’unità dell’unica Chiesa. Che è la nostalgia di una cosa bellissima, perduta e da riguadagnare, non un sogno futuribile aperto a qualsiasi sperimentazione. Diceva l’anglicano Palmer, lo diceva in faccia ai protestanti: «La protesta di Martin Lutero è finita. E la vostra?»