Pakistan. Cristiani vittime di schiavitù legalizzata
Padre Parvez riscatta i cristiani indebitati con i datori di lavoro e offre loro la possibilità di iniziare liberi una nuova vita
In Pakistan vige un sistema di schiavitù legalizzata. Si chiama peshgi. È un anticipo del salario che vincola il dipendente a lavorare per il datore di lavoro fino all’estinzione del debito e degli interessi maturati e che in pratica determina una forma di dipendenza permanente. Famiglie intere, bambini, donne e anziani inclusi, lavorano per saldare il debito. È un fenomeno particolarmente diffuso nella provincia del Punjab dove ci sono molte fabbriche che producono mattoni. “Si inizia con un prestito o un anticipo da parte dei datori di lavoro – ha spiegato all’agenzia di stampa Fides padre Emmanuel Parvez, parroco di Pansara, una cittadina della diocesi di Faisalabad – lo chiedono per la necessità di cure mediche, dato che in Pakistan l’assistenza sanitaria è tutta a carico dei privati. O, magari, per finanziare la festa di nozze di una figlia. Per restituire la somma dovuta sono necessari anni di lavoro senza diritti, senza certezze, senza paga, costretti in abitazioni fatiscenti. In molti casi, il lavoratore non riesce a ripagare il debito, che non si estingue con la sua morte ma che si riversa sulle successive generazioni, creando generazioni di schiavi”. Del peshgi spesso sono vittime i cristiani e gli indù che appartengono alle fasce più povere della popolazione. Padre Parvez dedica la vita a cercare di liberare questi nuovi schiavi. “Si reca – spiega Fides – dai proprietari delle fornaci e chiede l'entità del debito contratto, Poi, bussando alle porte di donatori, specialmente in Europa e negli USA, cerca di mettere insieme la somma necessaria al riscatto degli schiavi (in media tra 500 e mille euro per ogni famiglia). Il padrone, ricevuto il denaro, firma l’atto di liberazione e di estinzione del debito. Così don Parvez ha già liberato 40 famiglie cristiane, ricevendone immensa gratitudine,. A costoro ha procurato anche una modesta abitazione, costruendo un piccolo villaggio chiamato ‘Colonia Cristo Re’, sorto nella diocesi cattolica di Faisalabad. Il villaggio accoglierà trecento famiglie di contadini cristiani. Le famiglie liberate riescono a mandare i propri figli a scuola, riguadagnano libertà e dignità, sono accompagnate a cercare altri tipi di lavoro, nell’artigianato o in agricoltura. E' per loro una vita nuova, semplice ma felice”.