Pakistan. Cristiana di 13 anni rapita, convertita all’Islam e sposata a forza
Continuano con il favore di polizia e giudici i casi di ragazzine cristiane rapite e costrette a convertirsi all’Islam e a sposare i rapitori. A febbraio è toccato alla tredicenne Shakaina
Johnson Masih e sua moglie Samina, una coppia cristiana, il 19 febbraio si erano recati presso una stazione di polizia di Lahore, Pakistan, per denunciare la scomparsa della figlia tredicenne, Shakaina. Due giorni dopo erano stati convocati dall’agente incaricato del caso che ha mostrato loro un certificato di matrimonio islamico e li ha informati che Shakaina era ormai una donna musulmana sposata e che rifiutava di tornare in famiglia. Secondo il certificato di matrimonio, era sposata a un certo Ali Bashir: “non avevamo mai sentito quel nome prima di allora – spiega Johnson Masih che ha raccontato la sua storia al quotidiano “Morning Star News” – Shakaina è ancora una bambina, è stata rapita e portata nel distretto di Okara dove è stata costretta a convertirsi e a contrarre il finto matrimonio”. Come in tanti altri casi analoghi, la polizia ha registrato la denuncia e aperto il caso malvolentieri. Nonostante le loro pressanti richieste, sono trascorsi più di 20 giorni e ancora i genitori di Shakaina non hanno potuto incontrarla, avere sue notizie e lei continua a essere nelle mani del sedicente marito. In Pakistan l’età minima per il matrimonio è 18 anni. La polizia ha rifiutato di attivarsi anche dopo che il padre di Shakaina ha esibito il certificato di nascita che prova la sua minore età: 13 anni e cinque mesi. Anche i passi intrapresi dall’avvocato Rana Abdul Hameed presso l’Alta Corte di Lahore non hanno dato esito: “è una grande ingiustizia per la povera gente, la legge che proibisce i matrimoni di minori c’è, ma la polizia non la fa rispettare e ignora le leggi in materia di stupro e sequestro di minori”. Anche le conversioni all’Islam di minori sono sanzionate, ma in aumento a causa della connivenza della polizia e dei giudici. Il padre di Shakaina, che fa le pulizie in un ufficio, dice che non avrà pace finché non gli sarà restituita sua figlia.