Paesi Bassi: il vescovo "autodichiara" la sede impedita
Grande confusione sul diritto canonico nella lettera del vescovo di Roermond. Ma anche una bella testimonianza sull'adorazione nella malattia.
Gravemente malato, il vescovo di Roermond (Paesi Bassi), mons. Hendrikus Smeets, ha inviato una lettera alla diocesi in cui comunica che, a causa del venir meno delle forze, dichiara la sede vescovile "impedita", passandone il governo al vicario generale, mons. René Maessen, con effetto dal 6 luglio scorso.
Cosa fa un vescovo che sente venir meno le forze? Di solito presenta – alla Sede Apostolica – la rinuncia «per infermità o altra grave causa» (can. 401§2) e si dimette anzitempo oppure, gli viene assegnato un coadiutore. Mons. Smeets si appella al diritto canonico ma in maniera piuttosto "creativa" e dichiara la sede impedita affermando: «non significa che mi dimetto, ma che faccio un grande passo indietro».
L'anomalia segnalata da Silere non Possum sta in questa sorta di "autodichiarazione". Ed ecco la contraddizione: se è lui stesso a dichiarare la sede impedita, allora stando al diritto canonico – cui pure il presule fa riferimento – l'impedimento non c'è, poiché questo si verifica «se il Vescovo diocesano è totalmente impedito di esercitare l'ufficio pastorale nella diocesi a motivo di prigionia, confino, esilio o inabilità, non essendo in grado di comunicare nemmeno per lettera con i suoi diocesani» (can. 412), cosa che invece mons. Smeets evidentemente sta facendo. In altre parole, la sede è impedita quando nemmeno una parola del vescovo (imprigionato, esiliato o privo di facoltà mentali) può arrivare ai fedeli.
Al di là dei canoni, mons. Smeets offre una testimonianza edificante nella sua lettera sulla preghiera silenziosa davanti al Santissimo: «un ottimo inizio di giornata. La pace e la devozione che emanano in quel momento mi offrono l'opportunità di affidare tutte le mie domande e preoccupazioni a Nostro Signore», che «ci dà la forza» per sostenere «tutti i momenti difficili della vita».