Padre Maccalli in visita nel suo Niger
Il 17 settembre, nel sesto anniversario del suo rapimento, ha voluto rivedere i suoi parrocchiani prima di recarsi in Benin dove adesso svolgerà la sua attività missionaria
Nel settembre del 2018 padre Pier Luigi Maccalli, sacerdote della Societàdelle Missioni Africane (SMA), era stato rapito da un gruppo jihadista nella sua parrocchia di Bomoanga, in Niger. Era da poco rientrato da una vacanza in Italia e con un altro missionario, John Arokiya Dass, aveva appena finito di programmare l’anno pastorale 2018-2019. Nella notte del 17 settembre uomini armati erano entrati nel complesso della missione e lo avevano portato via. Nelle loro mani è rimasto fino all’8 ottobre del 2020 quando, insieme ad altre persone, è stato liberato in Mali. A sei anni esatti dal sequestro, il 17 settembre padre Maccalli è tornato in Niger per una breve visita prima di recarsi nel vicino Benin dove lo aspetta il compito di preparare dei giovani missionari SMA che, dice, saranno mandati “nelle periferie del mondo come segno di speranza e artigiani di pace”. Con commozione ha potuto incontrare i suoi ex parrocchiani accorsi per salutarlo. Molti di loro, ha raccontato all’agenzia di stampa Fides, sono stati obbligati ad andarsene dai loro villaggi minacciati dai jihadisti. “Si trovano sfollati nei centri di Makalondi e Torodi. Vita dura e senza prospettiva. Manca loro il lavoro dei campi che è la prima fonte di sostentamento della famiglia. Manca la casa, il cibo e le finanze per la scuola dei figli. Mancano medicine soprattutto, per curare la debole speranza. L’aiuto della Caritas diocesana, dello Stato e delle organizzazioni umanitarie ha parato le urgenze, ma l’inquietudine è sul futuro che resta molto oscuro. L’insicurezza è in crescita su strade e località e continuano attacchi mirati a luoghi presidiati dai militari. La popolazione locale, specie di Bomoanga, è presa tra due fuochi: da una parte le incursioni a carattere jihadista e dall’altra i militari che diffidano di tutti e rastrellano gente accusata di collaborare con il terrorismo. La gioia del ritorno si è trasformata presto in amarezza e tutt’ora custodisco in cuore tanta tristezza. Confesso che l’incontrare tante persone care, dimagrite di peso e dal volto scavato dalla sofferenza, mi ha fatto tanta pena e mi ha molto rattristato”. Padre Maccalli ha anche fatto una visita di cortesia all’ambasciata italiana dove ha rassicurato l’ambasciatore preoccupato per la sua sicurezza di aver preso le necessarie precauzioni. “Come padre missionario – ha spiegato – sono tornato a casa a rivedere fratelli, sorelle, figlie e figlie. Ho ponderato e preso le dovute precauzioni di sicurezza, ma ci tenevo a ritornare in Niger per dare speranza, con la mia presenza e la mia storia di liberazione, a una popolazione che sta tuttora soffrendo. Un padre non abbandona i suoi, specie in tempo di insicurezza”.