Padre Ermanno, l'elefantino e i 220mila euro miracolosi
Il 3 gennaio è morto a Roma padre Ermanno Battisti, missionari del Pime che in 33 anni di Guinea Bissau si è distinto per le sue realizzazioni e per la saggezza umana e cristiana. É stato un autentico missionario che annunziava Cristo con la vita e la parola, anche portando in silenzio e umiltà le molte e pesanti croci.
Il 3 gennaio è morto a Roma padre Ermanno Battisti, missionari del Pime che in 33 anni di Guinea Bissau si è distinto per le sue realizzazioni e per la saggezza umana e cristiana con cui le dirigeva. Ha fatto appena a tempo a stampare la sua autobiografia (Un elefantino miracoloso, Mimep, 2014, con circa 500 foto in 300 pagine!), che è volato al Cielo, dove migliaia di bambini e di giovani africani l’aspettavano, in compagnia dei loro genitori e di tanti altri. La sua improvvisa scomparsa ha suscitato un’ondata di messaggi di condoglianze sul suo sito e su Facebook, con molti ricordi che rimangono indimenticabili in chi l’ha conosciuto. É stato un autentico missionario che annunziava Cristo con la vita e la parola, anche portando in silenzio e umiltà, con dignità e pazienza, le molte e pesanti croci che hanno manifestato la sua partecipazione alla Passione del suo amato Gesù.
Ermanno Battisti è nato nel 1937 in Alto Adige a Predoi (provincia di Bolzano), l’ultimo comune della Valle Aurina e il più a Nord d’Italia, ai piedi della “Vetta d’Italia”, che segna il confine con l’Austria. Ricorda: «La mia famiglia era povera, avevamo solo un orticello e alcune galline. Durante la guerra, alle volte noi bambini tornavamo a casa pieni di fame, ma non c’era pane, lo stipendio dei genitori non bastava. Allora, mamma Clara ci mandava nel vicino cimitero a pregare per i defunti perché ci aiutassero, cosa che facevamo volentieri, prima di riprendere le nostre scorribande nel paese e, guarda caso, qualche buona contadina ci dava un pezzo di pane di segale fatto in casa». La povertà, vissuta nella fede autentica della famiglia, ha educato i fratelli Battisti e orientato la vita di Ermanno verso le “periferie dell’umanità”.
Tale infatti è la Guinea Bissau (il Pime è presente dal 1946), uno degli ultimi Paesi africani in tutti i sensi (nelle classifiche dell’Onu), dove padre Ermanno, sacerdote nel 1962 e redattore di Italia Missionaria fino al 1968, è stato missionario dal 1969 al 2010, quando, malandato in salute, è tornato in Italia come direttore-redattore di Infor- Pime, il bollettino interno di relazioni, interviste, proposte e dibattiti dei missionari (la rivista ufficiale della direzione generale è “Il Vincolo”). In “Un elefantino miracoloso”, padre Ermanno racconta la sua missione in Guinea Bissau, interessante perché introduce, raccontando fatti, nella comprensione profonda e amorevole della vita, cultura e mentalità di un popolo africano; e perché fa conoscere le meraviglie sorprendenti che lo Spirito Santo compie là dove nasce la Chiesa: il protagonista della “missione alle genti” è proprio lo Spirito Santo! Il missionario, anche quando realizza numerose e grandi opere (come Battisti), è solo un piccolo e debole strumento di una forza soprannaturale, che lo sorpassa infinitamente. Per cui padre Ermanno ringrazia lo Spirito Santo per tutto quello che è riuscito a fare, anche in campo pastorale.
L’elefantino è una statuetta in legno palissandro che padre Ermanno (aveva imparato a lavorare il legno da bambino), scolpì all’inizio della sua missione in Africa, quando ancora imparava il criolo, la lingua nazionale col portoghese. A Bissau era incaricato di seguire i ragazzi e i giovani delle scuole cattoliche e vedeva che, finite le elementari e alcuni anche le medie, non trovavano lavoro. Mentre studiava l’arte e l’artigianato locali e, con naturale senso artistico, si convinceva che nell’arte tradizionale sta il tesoro nascosto da mettere in luce per produrre lavoro e ricchezza. Raduna i suoi giovani, prende un tronchetto di palissandro e con uno scalpello e un martello scolpisce in pochi giorni un elefantino non ancora lavorato, ma sufficiente per entusiasmare i suoi alunni. Li sfida a fare meglio e scrive: «Ho scoperto che i miei giovani avevano abilità manuale e immaginazione mai immaginate. Mi hanno scolpito elefantini e altre statuette più belli dei miei e abbiamo incominciato a venderli con un banchetto per la strada. Con loro somma felicità, hanno incominciato a guadagnare qualcosa col loro lavoro! Appena si è diffusa la voce di questa nuova attività lavorativa, venivano da tutte le parti con un loro piccolo dono (una gallina, uova, banane, zucche) per diventare miei alunni».
Così è nato il “Centro artistico nazionale” che prepara scultori, pittori, artigiani che col legno, la paglia, le foglie di palma e altro materiale locale, l’hanno affermato come un’opera di valore nazionale, premiata e visitata dai politici, che acquistano una parte dei suoi prodotti da offrire come dono ai personaggi stranieri in visita alla Guinea Bissau. Il primo “elefantino miracoloso” di padre Ermanno è rimasto anche loggi sulla sua scrivania a Roma, perché da quel piccolo e insignificante oggetto sono nate in seguito, con l’aiuto generoso di molti amici e benefattori italiani, le molte opere del missionario alto atesino: le borse di studio per mandare giovani nelle Università portoghesi o italiane, la parrocchia di Cristo Redentore a Bissau, con tutte le strutture esterne ed interne (porte, finestre, banchi, altare, sedie, candelieri, Crocifissi, Via Crucis, battistero, ecc.) scolpite in legno secondo l’arte locale delle varie etnie guineane; l’Hospital pediatrico S. José em Bòr, unico in Guinea (con 60 letti); la Casa di accoglienza Bambaran per bambini abbandonati e studenti; la chiesa parrocchiale e le strutture della nuova parrocchia di Bòr, quartiere periferico di Bissau; la scuola di Bòr, “Ermondade” (fraternità) che arriva fino al Liceo; e altre opere minori.
Nel dicembre 2005 ho potuto visitare le molteplici imprese di padre Ermanno e ho chiesto all’amico missionario come ha fatto a trovare così tanti aiuti. Dice che ha sempre avuto una fiducia totale nella Provvidenza di Dio, com’è nella tradizione dei missionari in un Paese poverissimo come la Guinea Bissau. In “Un elefantino miracoloso” padre Battisti ricorda: «Quando negli anni 2000-2004 ero al Centro missionario Pime di Milano, incaricato dei progetti dei nostri missionari, un mattino mi telefonano dalle televisioni di Mediaset che il programma La fabbrica del sorriso ha a disposizione 220.000 euro per l’ospedale pediatrico di Bòr. Ne ho ringraziato il Signore. Non faccio a tempo a riprendere il mio lavoro, che mi arriva padre Vincenzo, un confratello missionario nel Brasile dei poveri che mi dice: “Vorrei fare nella mia missione un’opera per i bambini ammalati e avrei bisogno di circa 220.000 euro”. Ho pensato: ecco una prova per la mia fiducia nella Provvidenza e ho detto a padre Vincenzo: “Questa somma l’ho appena ricevuta per i bambini africani, è venuta dal Cielo e la dò a te per i bambini brasiliani. Sono sicuro che il Signore provvederà anche al mio ospedale per i bambini a Bissau”. Vincenzo mi ringrazia e tutto contento esce dal mio studio. Da non credere, ma è la pura verità. Nel pomeriggio, suona il telefono e un signore sconosciuto mi dice che per l’ospedale dei bambini in Guinea Bissau può dare 220.000 euro, esattamente la cifra che avevo dato a padre Vincenzo poco prima. Potrebbe sembrare una coincidenza ma, francamente, alla luce di tante altre cose successe, lo ritengo davvero un miracolo».