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TERRITORI PALESTINESI

Pace tra Hamas e al-Fatah. Torna il nazi-islamismo?

Entro l'anno - dicono - nascerà lo Stato palestinese figlio da mamma laica e padre fondamentalista. Forse che a celebrare le nozze sia l'antisemitismo?

Attualità 05_05_2011
Il saluto nazista di Hamas

 

L’accordo storico che riconcilia Hamas e al-Fatah è nato da una furibonda guerra diplomatica, ma è nato; il 4 maggio, al Cairo, nella sala riunioni dei servizi segreti egiziani che han fatto da mediatori. Finisce qui la sfida che per quattro anni ha contrapposto le due anime del mondo palestinese, quella "estrema", islamista, di Hamas, che dal 2005 governa sulla Striscia di Gaza, e quella "presentabile", laica, dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) in Cisgordania, ruotante attorno all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina egemonizzata dal partito al-Fatah. Nascerà - loro dicono entro l’anno - lo Stato palestinese unitario, che Khaled Meshaal, capo dell’ufficio politico di Hamas, benedice dicendo: «La nostra divisione serviva solo al nemico sionista». Cosa ciò significhi, lo si comprende ricordando chi sono i soggetti contraenti il nuovo patto di unità nazionale.

Il primo è Hamas che è… Hamas. Braccio operativo palestinese dei Fratelli musulmani nati in Egitto, è quell’organizzazione islamista la cui carta di fondazione del 1988, lo Statuto del Movimento di Resistenza Islamico (dal nome dell’organizzazione, Harakat al-Muqawama al-Islamiyya, di cui Hamas è l’acronimo, che del resto significa "fervore"), ha come primo obiettivo la distruzione fisica dello Stato di Israele, là dove nel prologo recita: «"Israele sarà stabilito, e rimarrà in esistenza finché l’islam non lo ponga nel nulla, così come ha posto nel nulla altri che furono prima di lui" (parole dell’imam e martire Hassan al-Banna [fondatore dei Fratelli Musulmani, 1906-1949], possa Allah avere misericordia di lui)». Seguono poi diverse proposizioni antisemite, l’esaltazione dei Protocolli degli Anziani di Sion (all’art. 32) e il "concorso esterno" di diverse prese di posizione negazioniste dell’Olocausto ebraico da parte di suoi dirigenti.

Recentemente, l’omicidio di Vittorio Arrigoni a Gaza ha messo in evidenza come la strategia di "jihad locale" perseguita da Hamas nella regione conosca le sue frizioni con quella dello "jihad globale" accarezzata dal mondo salafita, creando l’illusione di un Hamas spostatosi su posizioni più "borghesi"; ma ha pure ricordato che se non proprio un gioco delle parti, lo scontro tra quelle due visioni è anche un derby in casa. I componenti il commando salafita che ha assassinato Arrigoni provenivano quasi tutti dai ranghi delle Brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio armato dello stesso Hamas.

Il secondo dei contraenti il nuovo patto di unità palestinese lo guida Mahmud Abbas, meglio noto con il titolo onorifico (kunya) di Abu Mazen, cioè - dopo il breve ad interim di Rawhi Ahmad Muhammad Fattuh - lo storico successore di Yasser Arafat (1929-2004) alla guida dell’ANP dal gennaio 2005. Di al-Fatah, OLP e quindi ANP Abu Mazen incarna da sempre l’anima "moderata" e diplomatica che ha definitivamente traghettato l’irrendentismo palestinese armato nella nuova era della collaborazione persino con Israele. La stessa nascita dell’ANP dal milieu dell’OLP nel 1994, in seguito agli Accordi di Oslo, ha del resto siglato, soprattutto propagandisticamente, proprio il momento della svolta.

Ebbene, il "moderato" Abu Mazen della presentabile ANP è un dottore in Storia all’Università di Damasco in Siria che ha poi proseguito gli studi completando nel 1982 un dottorato nella medesima disciplina all’Università di Mosca, allora intitolata a Patrice Lumumba, discutendo, all’Istituto di Studi Orientali dell’Accademia Sovietica delle Scienze, una tesi intitolata La connessione tra nazismo e sionismo, 1933-1945. Supervisore fu il professor Yevgeny M. Primakov, al tempo ufficiale del KGB e poi ministro di fama. Abu Mazen ha quindi pubblicato detta tesi in versione riveduta nel 1984 ad Amman, in Giordania, presso l’editore Dar Ibn Rushd, con il titolo L’altra faccia. Le relazioni segrete fra il nazismo e i capi del movimento sionista. Il "moderato" Abu Mazen vi scrive che gli ebrei gonfiano per principio e malizia le cifre dell’Olocausto.

Vale solo la pena di accennare al fatto che già Arafat si mosse lungo questa strada. Nel 1946 Arafat conobbe in Egitto Haj Amin al-Husseini, il famoso gran muftì di Gerusalemme antisemita e filonazista, già capospedizione il 23 agosto 1929 di un pogrom costato la vita a 60 ebrei a Hebron (e pochi giorni dopo di un altro, a Safad, 45 vittime, e ancora così nel 1936), traduttore in arabo dei "Protocolli" che a tutt’oggi piacciano ad Hamas, titolare, dal 1941, di un ufficio di rappresentanza a Berlino e al processo di Norimberga additato come uno degl’iniziatori dell’Olocausto dal vice di Adolf Eichmann, Dieter Wisliceny (il quale aggiunse pure che il muftì avrebbe visitato in incognito le camere a gas di Auschwitz). Di questo al-Husseini Arafat era persino un lontano parente (ed è in onore di Arafat che Abu Mazen ha chiamato Yasser il proprio figlio).

Uscito indenne dalla Seconda guerra mondiale, entrato segretamente nell’Egitto amministrato dai britannici grazie a un ex ufficiale nazista, il muftì iniziò ad addestrare il giovanissimo Arafat. Che nel 1947 uccise il suo primo ebreo. Mentre anche Gamal Abd el-Nasser, leader dell’Egitto nazionalista, considerava al-Husseini un maestro, nel 1969 Arafat reclutò per l’OLP personaggi come Erich Altern, leader della Sezione affari ebraici della Gestapo, e Willy Berner, ufficiale delle SS a Mauthausen.

Alla ritrovata unità palestinese calzano insomma bene le parole di Ismail Haniyeh, una delle guide di Hamas nella Striscia di Gaza e già quinto primo ministro dell’ANP fra 2006 e 2007, che il 2 maggio ha definito il defunto Osama bin Laden «un combattente della Guerra Santa musulmana».