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a cura di Andrea Zambrano

GLOBALISMI

Ostrakon Selinunte

I templi di Selinunte okkupati dai colossi di internet e vipperie belle. La mia giornata archeologica vanificata da Google e da un potere superiore che ormai dispone anche del mio tempo e decide anche come farmelo buttare via. Con gioia. 

Fuori schema 31_07_2019

L’ultima volta che ho visitato i templi di Selinunte è stato 32 anni fa. Ieri ci sono ritornato per mostrare ai miei figli che cosa resta di quello che era l’ultimo avamposto di civiltà greca prima della terra dei fenici. Purtroppo però, non ci è stato possibile neppure avvicinarci alla biglietteria. Davanti al cancello che dà ingresso al parco archeologico più grande d’Europa un accrocchio di uomini in camicia bianca e auricolari sostava con fare circospetto. Al centro invece un uomo, in perfetto stile “impiegato statale” respingeva i turisti: “Gli scavi oggi pomeriggio sono chiusi. Tornate domattina”.

Alle mie insistenze, un po’ lagnose per la verità rispetto alla media dei respinti, mi è stato risposto che il parco era chiuso per un evento privato e che non mi potevano dare altre spiegazioni. Evento privato? Nessuna spiegazione? E chi mai dovrà esserci sul tempio di Hera a cenare guardando il fantastico tramonto sul mare? Poco distante il venditore di souvenir allarga le braccia: “Ci sono tutti i signori di internett”, dice. “Hanno dato disposizione di tenere persino le persiane delle finestre chiuse per non disturbare la cena e non fare foto. Dicono che ci sarà anche Obbama e George Clooney e poi quello là…quello bassotto che fa i film dove sempre corre…ah…Tom Cruise”.

Anche in questi casi, internett aiuta. E vengo a sapere che a Selinunte è in corso la sesta edizione del Google Camp, l’evento-vipposo-super-esclusivo-mondiale che riunisce per alcuni giorni al Verdura resort di Sciacca praticamente quelli che oggi sono gli uomini più potenti della terra: i due fondatori di Google, Larry Page e Sergey Brin che invitano per alcuni giorni di mare, conferenze, eventi, cene e altro gente del calibro di Mark Zuckerberg (Facebook), Barry Diller (Tripadvisor e Expedia), David Geffen (DreamWorks). E poi attori come Clooney e Cruise, nababbi da tutto il mondo. C’è persino un neozelandese che ha piazzato il suo mega yatch davanti al prestigioso resort siciliano.

Si vocifera della presenza dell’ex presidente Obama e del principe Harry, mentre l’arrivo di Lapo e John Elkan sembra quasi passare in sordina. Un poliziotto appena uscito per fare la ricognizione di sicurezza, si lascia sfuggire che ad allietare la serata ci sarà Chris Martin, frontman del Coldplay e lì – lo ammetto, ma solo lì -, un moto di invidia mi prende.

Ci piazziamo davanti all’ingresso dove vediamo sfrecciare i pulmini neri coi vetri oscurati che trasportano i fortunati commensali. C’è chi sostiene di aver visto una bionda boccolosa: “E’ Madonna!”. Ma non se ne ricava un ragno dal buco: tutto è super segreto, impossibile distinguere qualche personaggio famoso, un’impresa farsi spillare qualche info dagli uomini della sicurezza. Solo con i poliziotti si crea un feeling speciale: “Che poi – dice uno di loro – a mangiare su quelle pietre con le posate d’oro, non è che si commette un sacrilegio?”. E’ possibile, è pur sempre un luogo che un tempo molto remoto era stato sacro, ma ormai alle profanazioni siamo abituati. Per lo meno dopo che il Vaticano ha affittato la Cappella Sistina – si dice – alla Porsche per un evento esclusivo. E’ il massimo del kitch: appropriarsi in virtù del proprio potere di luoghi speciali e unici per usarli come contorno del proprio ego o se vogliamo della propria magniloquenza.

Beati loro, si dirà. Però un cruccio mi rimane. Le persone più importanti della terra, importanti perché controllando internett decidono davvero i nostri gusti, le nostre scelte e per certi versi orientano anche il nostro modo di lavorare e di muoverci, si sono sentiti in potere di chiedere alla Regione Sicilia un patrimonio dell’umanità per poterne disporre a piacimento. Affitto? Presumiano di sì, a proposito, quanto? Ma comunque, a fronte di un pagamento che andrà nelle casse della Regione, ai malcapitati che ieri si sono fatti 50 o 100 km di macchina per venire a visitare i templi per trovarli chiusi da lor signori, quale ricaduta economica arriverà per il disguido subito? Nessuna. Solo il fastidio di aver mancato un appuntamento che difficilmente nella vita potrebbe ripetersi con facilità a patto di non abitare vicino.

E’, se vogliamo, anche questa una forma di totalitarismo globalista. Google e Facebook già adesso orientano le nostre ricerche, quello che vediamo e quello che cerchiamo, Amazon addirittura orienta i nostri acquisti, la DreamWorks decide praticamente che cosa far vedere ai bambini per la loro formazione e Tripadvisor ci suggerisce dove farci mangiare.

Adesso, tutti insieme lor signori, dispongono anche di come dobbiamo spendere il nostro tempo e come dobbiamo buttarlo via se per una malcapitata coincidenza, nello stesso giorno ci si trova a transitare sulla statale tra Agrigento e Trapani. “Io pago, io posso”. Anche questa è – seppur edulcorata dal conformismo e dal “vabbè ma che sarà mai?”, una forma di controllo totalitario.

Possiamo scriverlo? Dato che questo articolo sarà veicolato anche attraverso canali social e Google, non sarebbe male che questo si potesse ancora dire: “Così Google mi ha rubato un po’ della mia libertà e ha disposto a piacimento del mio tempo”. Però io devo stare anche contento e non mi devo lamentare. 

E dato che ci si è voluti far belli appropriandosi di un simbolo dell’antica civiltà greca, non sarebbe male ripercorrerne anche gli insegnamenti. Si racconta che Aristide venne chiamato il giusto perché aiutò un ateniese a scrivere proprio il suo nome sul pezzo di coccio, chiamato ostrakon (da cui deriva la parola ostracizzare), grazie al quale ogni cittadino poteva scegliere chi esiliare come personaggio sgradito alla polis. Ebbene, Aristide, che si era scontrato con Temistocle, aiutò quel malcapitato a scrivere proprio il suo nome, come gli chiedeva l’uomo. E andò in esilio.

Ecco, cari Google e compagnia bella: fate conto che io sono quell’ignorante ateniese e voi siate Aristide. E che questo sia il mio ostrakon.