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PREVISIONI POLITICHE

Ormai il dado è tratto. Meglio fare le elezioni subito

Ormai il dado è tratto e bisogna rivotare presto. E allora, anziché votare in autunno, con il rischio che un nuovo esito incerto faccia mancare la scadenza della legge di bilancio, meglio votare subito. Far gestire a tecnici di passaggio le nomine in scadenza sarebbe un affronto agli elettori italiani. 

Politica 09_05_2018
Mattarella e la Coppa Italia

La legislatura sembra avviata verso un rapido epilogo, le forze politiche in realtà non hanno mai smesso di fare campagna elettorale dopo il 4 marzo, avendo avuto fin da subito la chiara percezione che si sarebbe tornati presto a chiedere nuovamente il voto ai cittadini.

Ma le nubi si addensano all’orizzonte, soprattutto dal punto di vista economico-finanziario. Ci sono fondati timori sulla tenuta dei conti pubblici e già ieri i segnali di un innalzamento dello spread si sono registrati in maniera preoccupante e minacciosa. Sergio Mattarella forse affiderà già oggi l’incarico di formare un governo “neutrale e di servizio” che conduca il Paese alle prossime elezioni anticipate. Dopo 28 presidenti del Consiglio uomini, succedutisi dal 1946 a oggi, potrebbe toccare a una donna (Marta Cartabia? Lucrezia Reichlin?), ma al di là del dato di genere la vera domanda è sulla durata di un esecutivo che con ogni probabilità non otterrà neppure la fiducia e quindi lavorerà soltanto per assicurare una gestione ordinata del momento elettorale.

Diversa sarebbe la prospettiva qualora il governo ricevesse appoggi inaspettati da qualche forza politica consistente e venisse chiamato a elaborare in autunno la legge di bilancio e quindi ad affrontare i nodi spinosi delle clausole di salvaguardia, con l’aumento dell’Iva da scongiurare a tutti i costi. In quel caso il profilo del futuro premier dovrebbe essere magari più economico e a quel punto riprenderebbero quota le candidature di Carlo Cottarelli, già commissario alla spending review, e Salvatore Rossi, direttore generale della Banca d’Italia. Ma si capirà tutto oggi o al massimo domani.

Certo è che Pd e Forza Italia, dopo aver partorito il Rosatellum nella speranza mai dichiarata di poter fare un governo di larghe intese dopo il voto dello scorso 4 marzo, si trovano messi in ginocchio proprio dall’esito delle urne propiziato da quella legge e ora non sanno come uscire dalla trappola. Il voto anticipato, infatti, rischia di ridurre ancora di più il loro già magro bottino elettorale, a vantaggio di Lega e Cinque Stelle, che non vedono l’ora di tornare al voto.

Dal punto di vista politico si registrano fibrillazioni dentro il centrodestra, con il capopgruppo alla Camera del Carroccio, Giancarlo Giorgetti, che ha chiesto a Forza Italia un gesto di responsabilità, cioè di consentire di dar vita a un esecutivo Lega-Cinque Stelle attraverso l’appoggio esterno. Il passo di lato di Berlusconi servirebbe a ricomporre la frattura (apparente?) tra Lega e pentastellati, e a consentire la nascita di un governo politico. Viceversa, qualora gli azzurri, per paura di tornare al voto, decidessero di appoggiare il governo di servizio che sta per nascere, i leghisti ne trarrebbero le conseguenze e considererebbero chiusa l’alleanza. Anche Giorgia Meloni chiude a qualsiasi ipotesi di governo tecnico ("No a un Monti-bis", ha dichiarato la leader di Fratelli d’Italia). Ma dentro la coalizione arrivata prima il 4 marzo non mancano i distinguo: c’è chi, dentro Forza Italia, temendo un bagno di sangue nelle urne troppo ravvicinate, guarda con speranza a un esecutivo Lega-Cinque Stelle, pur non potendolo dichiarare; e c’è anche chi, pur non volendo avallare un’alleanza Salvini-Di Maio, spera che il governo che Mattarella sta cercando di far nascere duri più del previsto e consenta di non dover tornare al voto “in costume da bagno”.

I grillini, però, sono già in campagna elettorale e arrivano perfino a chiedere la modifica delle norme che regolano il voto degli italiani all’estero e che prevedono un preavviso di almeno 60 giorni. Per Luigi Di Maio si potrebbe votare anche a giugno, in una sorta di ballottaggio, visto che la legislatura non è mai partita. Il candidato premier dei Cinque Stelle ha già assicurato la ricandidatura a tutti gli eletti del suo partito e ha chiuso a ogni dialogo con i dem, anche per la prossima legislatura.

In casa Pd si ribadisce, invece, pieno sostegno ai tentativi di Sergio Mattarella, e si punta tutto sulla direzione convocata per il 19 maggio, chiamata a sbrogliare la matassa della gestione del partito, con l’eventuale riconferma dell’attuale reggente, Maurizio Martina, o con la convocazione di un congresso da tenersi subito dopo il voto anticipato, per eleggere un nuovo segretario. Intanto, però, i renziani lanciano la candidatura di Paolo Gentiloni quale premier di tutta la coalizione di centrosinistra alle prossime elezioni politiche, a prescindere dalla loro data.

Ora, quindi, il pallino ce l’ha in mano Mattarella, che ieri, ricevendo al Quirinale le squadre di calcio di Milan e Juventus, impegnate in serata nella finale di Coppa Italia, ha alluso alle difficoltà del momento con una frase sibillina ma neanche troppo: "Un arbitro ha bisogno della correttezza dei giocatori. Quando l’arbitro non si nota, è perché i giocatori si comportano in maniera corretta". Una critica velata ai bizantinismi e allo scarso senso di responsabilità dimostrato sin qui dai partiti.

Ma ormai il dado è tratto e bisogna rivotare presto. E allora, anziché votare in autunno, con il rischio che un nuovo esito incerto della sfida tra centrodestra e grillini impedisca la formazione di un governo che affronti la scadenza della legge di bilancio, meglio votare subito, già il mese prossimo, come chiedono i pentastellati, affinchè possa nascere già durante l’estate un nuovo governo. Far gestire a tecnici di passaggio le nomine in scadenza in queste settimane sarebbe l’ennesimo affronto agli italiani e la riprova di un presidenzialismo di fatto: Parlamento fermo, governo privo di legittimazione da parte delle Camere, Quirinale che detta gli equilibri e le decisioni, anche sulle nomine. Sarebbe davvero una democrazia stracciata.