A PROPOSITO DI HEREAFTER
Orgoglio e solitudine del vecchio Clint
Fa discutere l'ultimo film di Eastwood
che affronta il "dopo la morte".
Opera religiosa o anticristiana?
Attualità
10_01_2011
Clint Eastwood a ottant'anni riesce ancora a spiazzare il pubblico con opere di volta in volta affascinanti e impeccabili dal punto di vista stilistico e provocatorie per quanto riguarda le scelte morali dei personaggi. Il titolo del suo ultimo film (Hereafter, l'aldilà) però è fuorviante, sbagliato, ammicca a un certo spiritualismo oggi in voga, ma in realtà non è il centro della storia raccontata.
Si potrebbe intitolare invece “Orgoglio e solitudine”. Sono questi i temi fondamentali delle tre recenti pellicole nelle quali il regista californiano ha affrontato questioni religiose. In Million dollar baby (2004) Frankie, allenatore di boxe interpretato dallo stesso Eastwood, partecipa alla messa quotidiana per 23 anni, tenta di parlare con il prete dei suoi dubbi teologici ma non trova ascolto. Alla fine, consapevole di compiere peccato mortale, stacca il respiratore all'atleta seguita e amata come una figlia per anni, ormai paralizzata e senza una gamba in seguito a un incidente sul ring. Divorato dal senso di colpa, fuggirà da tutti ritirandosi in un luogo nascosto e solitario. In Gran Torino (2008) Walt (sempre Eastwood), burbero vedovo isolato dalla famiglia in un quartiere popolato d'immigrati, si trova a difendere i vicini coreani impegnati in lotte fratricide tra gang. Un prete giovane, per esaudire il desiderio della moglie, lo tallona con la speranza di convincerlo a confessarsi. Walt non ne vuole sapere, ritiene il prete inesperto e saccente. Si confesserà solo dopo aver deciso di sacrificare la sua vita (è comunque malato e gli resta poco tempo) per far arrestare i membri della banda colpevole di stupro. Va nella loro tana, li aizza e li provoca fino a quando gli sparano, assassinandolo mentre recita un'Avemaria. Cade a terra allargando le braccia, con la cinecamera che indugia su quel corpo quasi crocifisso.
Anche in Hereafter compare un prete, al momento della cremazione del fratello del piccolo Marcus, e viene descritto come il burocrate di un rito insignificante. Poi il bambino, cercando in internet, ascolta prima la predica di un imam, poi quella di un rabbino ed infine quella di un pastore, per decidere, in pochi secondi, che quei discorsi non fanno per lui. Spegne il computer e va alla ricerca di risposte a modo suo. Frankie, Walt e Marcus sono dominati da un'unica passione: l'orgoglio. Nel momento decisivo, dinanzi alla morte, ha ragione Doninelli (Luca Doninelli, Peccato, anche il duro Clint cade nella melassa new age, Il Giornale, 7-1-2011), i protagonisti di Eastwood sono tutti 'giustizieri solitari' che sentono la legge umana, e anche quella divina, insufficiente o muta, e quindi scelgono autonomamente.
Anche Marcus, che certo ha molte attenuanti, si muove senza chiedere nulla a nessuno, sperimentando diversi cialtroni del paranormale, fino a quando, sempre grazie a internet, ne trova uno che gli sembra un sensitivo sincero, ma non si capisce il motivo. In una recente intervista Eastwood ha dichiarato: «Penso che basare la storia su una delle religioni istituzionali avrebbe distratto dal tema vero che è poi l'impatto della morte sulla quotidianità di queste persone. Inoltre schierarsi con una religione avrebbe reso il film troppo categorico. Se uno crede in un dio particolare, sa già quel che è giusto e quel che è sbagliato» (Alberto Crespi, No, non c'è religione quando incontriamo la morte, L'Unità, 8-1-2011).
Dunque in questa storia la fede viene scartata in partenza, perché si ritiene il dubbio più attraente della certezza. In fondo anche i preti dei suoi film sono così, troppo indaffarati per ascoltare oppure capaci solo di risposte preconfezionate, senza partecipazione al dolore altrui. Anche l'altro personaggio, la giornalista Maria, sempre vissuta in un ambiente ateo senza mai porsi domande sulla vita dopo la morte, quando inizia a farsele in seguito a un'esperienza di “pre-morte”, conduce caparbiamente la sua battaglia per poter scrivere un libro-testimonianza. La possibilità della fede non viene minimamente vagliata, in fondo lei ha visto con i suoi occhi...
Ma l'orgoglio smisurato di chi cerca e prende decisioni senza chiedere aiuto non può che portare alla solitudine. Frankie si condannerà all'anonimato, forse per espiare il male compiuto; Walt va incontro alla morte come un cowboy disperato in un duello all'ultimo sangue, nel quale ancora una volta avrà la meglio l'orgoglio di aver scelto come morire, attraverso un bel gesto e senza aspettare i tempi della malattia. Infine il sensitivo è malinconicamente solo perché conosce i danni che può provocare un cattivo uso del suo 'dono', anche per esperienza, e cerca di non ripetere gli errori del passato. In questi ritratti di solitudini l'arte del regista Clint Eastwood eccelle, qui va cercata la bellezza e la verità del film, qui s'incunea il desiderio buono di un aldilà che dia significato a un'esistenza vuota o inautentica.
Si può dire che la risposta del film sia contigua al pensiero di qualche Nuovo Movimento Religioso (Massimo Introvigne, Il cortile dei gentili. La Chiesa e la sfida della nuova religiosità: «Sette», nuove credenze, magia, 2010) ? Le sequenze finali in realtà sembrano andare in un'altra direzione: ottenuto il contatto con il sensitivo, il bambino comprende che non deve vivere schiacciato dal ricordo del fratello e gli viene detto di non cercare più esperienze del genere. La giornalista, grazie al suo libro sull'aldilà, conosce il sensitivo e quando si danno appuntamento al bar, si vede lui che ha una premonizione molto umana: immagina di baciarla, ma non è una delle sue solite visioni, è quanto probabilmente avverrà presto, senza bisogno di sfoderare poteri soprannaturali anche perché Maria si sentirà finalmente compresa. Insomma tutta la storia converge e si conclude su solitudini che, attraverso un'esperienza religiosa, superano l'angoscia, riallacciano legami.
A Eastwood non interessa l'esperienza religiosa come fine dell'esistenza umana e nemmeno la qualità della stessa (poco si vede e si dice su queste visioni), conta per lui che il dramma arrivi a una soluzione capace di riaffermare l'eroismo di chi decide autonomamente, accettando comunque le conseguenze delle proprie scelte. In fondo una visione libertaria e agnostica, tipica di quasi tutti i suoi ruoli da attore. Difficilmente questo film, che rimane significativo anche per la realtà sociale che si staglia sullo sfondo, spingerà verso la ricerca di esperienze paranormali, però certo rinvigorirà l'orgoglio di chi non vuole nemmeno prendere in considerazione la serietà della risposta della fede cristiana al mistero della morte e della vita.