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L'OPINIONE

Operazione Libia, un salto (disorganizzato) nel buio

Gli accordi con Gheddafi su economia e clandestini rischiano di rivelarsi un boomerang in caso di insuccesso dell'intervento.

Attualità 24_03_2011
Gheddafi

Gheddafi è un dittatore con trascorsi da terrorista - e questo è un dato da tenere presente - ma l’iniziativa internazionale contro la Libia è stata realizzata male, è partita in ritardo e con evidente disorganizzazione. Divisa persino sulla leadership della missione: con grandi difficoltà a trovare l’intesa su a chi spetti la guida delle operazioni militari, con gli Stati Uniti decisi a cedere il comando e con una Francia sempre arrogante.

Che sia la Nato a dover ricoprire il ruolo di comando, come auspicato dall’Italia, è determinante. Obama ha l’esigenza di dare un volto “non-Usa” alla campagna e spera che altri Paesi, soprattutto arabi, annuncino presto un loro contributo. Inizialmente si è nutrita la speranza che Gheddafi si spaventasse di fronte alla missione della coalizione internazionale, allentando conseguentemente la pressione militare e rendendo così possibili i mutamenti auspicati dalle forze alleate nel quadro politico interno e regionale.

Ma il Rais libico, invece, ha recitato la parte della vittima: ha proclamato i civili “caduti per mano occidentale” facendo passare in secondo piano nell’opinione pubblica araba le migliaia di morti trucidati dai suoi mercenari. Ha recitato, persino, la parte del moderato che rispetta la risoluzione, accusando gli alleati di tentare invece di aggirarla. Gheddafi potrebbe, inoltre, mettere in imbarazzo la coalizione cessando il fuoco per alcuni giorni.

Bombardare la Libia è stato un salto nel buio, necessario per porre al riparo gli insorti dalla vendetta del tiranno, che stava per riprendere il controllo totale del territorio. C’è da sperare che i ribelli si organizzino per far cadere il regime, approfittando della copertura aerea fornita dalla coalizione, altrimenti la situazione diventerà davvero difficile. Ma finora gli insorti, disorganizzati e male attrezzati, non sono riusciti a capitalizzare il vantaggio sul terreno e rimangono immobilizzati. Se la crisi si prolungherà il contesto tenderà a complicarsi sempre più. Questo ha spinto la coalizione all’impiego massiccio di missili da crociera: si è sperato di sferrare alle forze del dittatore il colpo risolutivo per accelerarne la caduta. Ma in questo modo si è anche rischiato di provocare forti malesseri all’interno della coalizione.

La decisione della Lega Araba di dissociarsi dalle modalità di esecuzione della campagna è la dimostrazione della difficoltà per i regimi arabi di sostenere un’eccessiva offensiva aerea. Se i governi arabi passassero realmente a un’opposizione decisa all’iniziativa, la situazione si complicherebbe ancor di più. Gheddafi avrebbe così anche l’opportunità di denunciare, con più forza, l’azione in corso come l’ennesima aggressione occidentale ai danni del popolo arabo, motivata unicamente dalla sete di gas e petrolio.

Un epilogo della missione diverso dal rovesciamento del regime del Rais rappresenterebbe un pesante insuccesso per l’Occidente e per la comunità internazionale. Con Gheddafi, pur concedendo troppo al suo “folklore”, l’Italia aveva trovato a fatica una convivenza, dettata esclusivamente da interessi economici: dalla Libia proviene un’importante parte del nostro petrolio e del nostro gas, e molti miliardi di euro libici sono investiti in nostre aziende. L’accordo con la Libia, inoltre, è stato decisivo per fermare l’afflusso di clandestini nel nostro Paese. Ora c’è una profonda preoccupazione per le ondate migratorie ed anche se in Italia, come sempre, faremo la nostra parte, riteniamo comunque che l’Europa, un’Europa politicamente sempre più debole, dovrà farsi carico del problema.

Così come la Francia e la Gran Bretagna sono passate velocemente all’azione nella missione, auspichiamo che, con altrettanta tempestività, ci sostengano per risolvere i problemi derivati da questo colossale flusso di immigrati che, quotidianamente, si riversa sulle nostre coste. L’intervento militare internazionale non è certo il primo nel suo genere; speriamo che quello libico possa essere incisivo e, soprattutto, meno cruento e più rapido possibile. Il tempo, in questa delicatissima congiuntura internazionale, rischia di diventare il vero “nemico”.

 

*Presidente Movimento Cristiano Lavoratori (Mcl)