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IL CASO DE MARI

Omofobia, l'Ordine dei medici processa le opinioni

Il medico-scrittrice sotto accusa per aver messo in guardia dai rischi dei rapporti omoerotici. L'Ordine cede alle pressioni delle lobby e apre un procedimento. Ma solo per le opinioni sull'omofobia, che non è reato e neppure patologia, e non per le affermazioni cliniche, che sono incontrovertibili. E ad appoggiare la De Mari arriva un insospettabile "avvocato". 

Libertà religiosa 20_01_2017
Silvana De Mari

Per aprire un procedimento presso l’Ordine dei medici basta una parolina magica: omofobia. Una parola che di per sé non rimanda ancora a nulla perché l’omofobia non è ancora reato. E neppure una malattia come ad esempio l’aracnofobia. Però è stata sufficiente la parolina magica per intimidire la dottoressa-scrittrice Silvana De Mari, che è finita nell’occhio del ciclone per aver sostenuto da medico alcune posizioni cliniche circa il rapporto tra i tumori dell’ano e la pratica dell’omoerotismo.

Come i lettori della Nuova BQ sanno la De Mari ha giustificato la sua mossa perché animata dall’intenzione di dire la verità, da medico, sulle controindicazioni della pratica omosessuale. Ovviamente la cosa non poteva passare via liscia perché oggi si possono toccare tutti i dogmi che in 2000 anni la Chiesa ha riconosciuto, ma il nuovo dogma dell’ideologia omosessaulista no. Chi tocca quello, muore.

E infatti la De Mari rischia di morire. Non nel senso letterale del termine, ma nel senso figurato dato che le sue parole adesso sono finite sul tavolo del presidente dell’Ordine dei Medici di Torino che ha deciso di aprire un procedimento. Proprio così: è lo stesso Giuido Giustetto a dirlo dalle colonne della Stampa: “Apriremo il procedimento disciplinare, chiedendole spiegazioni... il mondo è pieno di medici che dicono cose strane”.

Ma che cosa ha detto di strano la De Mari? Stando a quanto hanno riportato le associazioni Lgbt che l’hanno denunciata, sotto accusa ci sono le frasi dette dalla De Mari sulla pratica omoerotica. “Chiediamo la radiazione immediata della dottoressa De Mari dall’Ordine dei Medici di Torino per avere espresso in sede pubblica pareri obsoleti in merito ai rischi della sessualità omosessuale, alla definizione – velata di forti pregiudiziali omofobe – di Gay Bowel Syndrome, per aver ridicolizzato, umiliato, deriso, con la pietà pelosa di chi è in malafede, chi abbia rapporti omosessuali. Per avere lordato anche la sessualità eterosessuale, descrivendo come pericolose pratiche sicure, descrivendole in maniera turpe e paventando lesioni e inesistenti rischi di malattie”.

Questo il testo a corredo della petizione all’Ordine dei medici che è già arrivata a toccare quota 17mila firme. Circa le frasi dette dalla De Mari, la petizione sottolinea due frasi della dottoressa. Queste: “Quindi io mi batto per il diritto all’omofobia”, la prima e “l’omofobia deve essere un diritto umano riconosciuto”. Frasi che la De Mari ha scritto sulla sua pagina Facebook. Frasi nelle quali la De Mari spiegava che “in un paese liberale un uomo ha il diritto di infilare il suo pene nella cavità anorettale di un altro uomo e io ho il diritto di provare fastidio”. Inoltre prima di parlare del diritto umano riconosciuto la De Mari diceva che “l’unica soluzione è quella che un uomo fa del suo pene appartenga alla sfera privata, venga tolto dalla sfera pubblica. Se resta nella sfera pubblica l’omofobia deve essere un diritto umano riconosciuto altrimenti salta la libertà religiosa, salta il Cristianesimo”. Questa la frase completa della De Mari citata nell’esposto all’Ordine sulla piattaforma change.org.

Ora. Passi per il linguaggio piuttosto verista, non stiamo certo qui a scandalizzarci, ma la De Mari è un medico e nei suoi interventi pubblici recenti ha parlato da medico endoscopista specialista proprio di malattie dell’ano derivanti dalla pratica omoerotica.

Infatti nella petizione non c’è traccia della sua messa in guardia dalla pratica. Bensì sono sottolineate soltanto le due frasi relative all’omofobia. Che, e torniamo all’inizio, non è ancora un reato e non è ancora una malattia. Invece l’Ordine dei Medici è caduto nel tranello e si è prestato ad aprire un procedimento per quelle che di fatto restano opinioni non cliniche, ma morali. Delle parole dette dalla De Mari circa l’aspetto clinico, l’Ordine non si occuperà, eppure sarebbe questo il suo campo d’intervento. E non se occuperà perché l’evidenza scientifica le dà ragione.

Ne consegue che la dottoressa verrà processata dal suo Ordine di appartenenza (l'annuncio a livello mediatico, lei non ha ancora ricevuto nessuna convocazione ndr.) non per affermazioni che contraddicano le evidenze clinico-diagnostiche della medicina in materia di cancro alla cavità anorettale, perché appunto non ve ne sono, ma solo per le sue opinioni in merito ad un futuro reato e ad una futura malattia, non ancora riconosciuta. Che cosa c’entra tutto questo con la pratica medica? Nulla, intanto però l’Ordine ha mostrato bene come ci si pieghi di fronte a certi poteri che sanno usare sapientemente i media.

Poteri ai quali non tutti sembrano sottostare con l’anello al naso. E’ il caso di un collega della De Mari, noto per avere posizioni diametralmente opposte in campo etico rispetto al medico-scrittrice. Ma che su una cosa sembra essere d’accordo con lei: un conto sono le opinioni, un conto le risultanze scientifiche. La De Mari poteva aspettarsi di tutto, non certo che un medico così lontano da lei, diventasse senza volerlo il suo più convinto avvocato. Silvio Viale, medico al Sant’Anna ed esponente dei Radicali, sul suo profilo Fb ha giudicato «stupide» le opinioni della dottoressa (e qui siamo nel campo delle opinioni ndr.), ma considera sbagliata la richiesta di radiazione. Perché? «La radiazione – prosegue alla La Stampa - deve essere motivata da un aspetto professionale, cioè dall’eventuale promozione e magari pratica di terapie non scientificamente validate, e non da opinioni, per quanto demenziali. Altrimenti oggi si colpiscono i punti di vista di questa signora e domani di qualcun altro. La condanna di certe affermazioni, invece, deve essere preventiva e ferma».

Una frase da un pulpito insospettabile e che potrebbe essere usata a sua discolpa quando comparirà davanti al giurì di camici bianchi che l’ha convocata solo e soltanto per le sue opinioni.