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PROPOSTA DI LEGGE

Omofobia, la tentazione del compromesso

Il voto sull'omofobia è probabile che slitti a settembre, ma si fa strada un compromesso proposto da Scelta Civica. Si tratta di un grave errore che rischia di peggiorare la legge e di mandare all'aria il lavoro di chi si è battuto per fermarla.

Libertà religiosa 03_08_2013
Parlamento

Il disegno di legge sull’omofobia andrà in aula lunedì prossimo 5 agosto, ma con tutta probabilità – dati i tempi ristretti e i numerosi provvedimenti da votare prima delle ferie estive – il voto slitterà a settembre. E questa è una buona notizia, perché avremo sicuramente più tempo per far conoscere e spiegare la pericolosità di questo provvedimento che, se approvato, costituirebbe una grave violazione delle libertà personali. Senza dimenticare che, non fosse stato per quei pochissimi deputati che hanno combattuto in Commissione Giustizia e per noi, che insieme ad altri siti e associazioni, abbiamo sollevato il caso e mosso una parte di opinione pubblica, la legge sarebbe già passata alla Camera nell’indifferenza di tutti.

Ma nel frattempo s’avanza un pericolo che rischia di vanificare gli sforzi fatti finora, un pericolo che come sempre arriva dal campo “cattolico”. Ed è quella cultura del compromesso che nella fattispecie sta prendendo la forma di un doppio emendamento: da una parte si inserirebbe una clausola di salvaguardia per la libertà di espressione, in cambio si concederebbe l’introduzione dell’aggravante della pena per reati penali commessi sulla base di “discriminazione, odio o violenza” per motivi di omofobia o transfobia. Tra l’altro Ivan Scalfarotto, del Pd, primo firmatario della proposta di legge, ha già annunciato che in aula ripresenterà l’emendamento per l’introduzione dell’aggravante e in questo caso troverà il sostegno dei famosi cattolici del Pd e di Scelta Civica.

Protagonisti di questa bella trovata sono infatti alcuni deputati di Scelta Civica, che hanno trovato immediata sponda nel quotidiano della Conferenza episcopale, come dimostra da ultimo l’intervista dell’1 agosto al sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri, che considera positiva una legge sull’omofobia a patto di salvaguardare la libertà d’espressione. Non a caso potremmo dire, cavalca il compromesso chi non ha fatto alcuna battaglia fin dall’inizio e quindi probabilmente non si rende bene conto di quanto c’è in gioco.

Nella sostanza infatti, l’intenzione risulta impraticabile. Sui motivi per cui questa proposta di legge va rifiutata ci siamo già espressi più volte, qui aggiungiamo che l’aggiunta di questi due emendamenti non bilancia alcunché: da una parte si introduce infatti un’aggravante certa mentre dall’altra si introdurrebbe una clausola di salvaguardia che sarebbe a totale discrezione del giudice. La legge proposta infatti colpisce il reato di opinione, per cui introdurre una postilla in cui si afferma che, ad esempio, i preti possono anche dire di essere contrari al matrimonio gay, è di una debolezza estrema. Oltre al fatto che – come ha messo in rilievo da queste colonne il prof. Mauro Ronco – definire un ambito ristretto di esercizio della libertà d’espressione non farà altro che rendere più dura la repressione di ogni altra opinione.

Ma c’è un’altra questione che alla luce del Magistero dovrebbe essere chiara e che quindi boccia in partenza questo approccio: in nessun caso l’omofobia può essere accostata alla razza e all’etnia, che costituiscono la ragione della Legge Mancino-Reale di cui la proposta in discussione è un emendamento. E ce lo ha ricordato l’eccellente articolo di Tommaso Scandroglio, che ha ripercorso tutti i testi del Magistero in materia. Il documento del 1992 della Congregazione per la Dottrina della Fede su “Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali” spiega infatti che “la «tendenza sessuale» non costituisce una qualità paragonabile alla razza, all’origine etnica, ecc. rispetto alla non¬discriminazione. Diversamente da queste, la tendenza omosessuale è un disordine oggettivo (cf. Lettera, n. 3) e richiama una preoccupazione morale”. In altre parole: razza ed etnia sono condizioni naturali, l’omosessualità no.

Avallare perciò una legge che abbini l’omosessualità alla razza è contrario alla verità. Ma è proprio questo l’obiettivo del movimento gay: usare anche della legge per affermare la naturalità dell’essere omosessuale. Ancora il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede: : “Includere la «tendenza omosessuale» fra le considerazioni sulla base delle quali è illegale discriminare può facilmente portare a ritenere l'omosessualità quale fonte positiva di diritti umani, ad esempio, in riferimento alla cosiddetta «affirmative action» o trattamento preferenziale nelle pratiche di assunzione. Ciò è tanto più deleterio dal momento che non vi è un diritto all'omosessualità (cf n. 10) che pertanto non dovrebbe costituire la base per rivendicazioni giudiziali. Il passaggio dal riconoscimento dell'omosessualità come fattore in base al quale è illegale discriminare può portare facilmente, se non automaticamente, alla protezione legislativa e alla promozione dell'omosessualità. L'omosessualità di una persona sarebbe invocata in opposizione a un’asserita discriminazione e così l'esercizio dei diritti sarebbe difeso precisamente attraverso l'affermazione della condizione omosessuale invece che nei termini di una violazione di diritti umani fondamentali”.

Chi cerca un compromesso su questa posizione dunque va contro il Magistero, anche se avesse il sostegno di alcuni vescovi. Non solo: politicamente si manda all’aria il lavoro di quei pochissimi parlamentari di Pdl e Lega che invece stanno cercando di impedire l’estensione della Legge Mancino-Reale ai reati di omofobia e che, se supportati, possono avere ancora qualche possibilità di successo. Lo dimostra quanto è accaduto nei giorni scorsi in Commissione Affari Sociali della Camera, dove è passato il nulla osta al disegno di legge sull'omofobia con il voto contrario del Pdl, ma grazie all'astensione di Scelta Civica (Binetti e Gigli). Gli effetti deleteri di questa cultura del compromesso si estendono poi anche ad altri provvedimenti e ne è un esempio quanto è accaduto il 30 luglio nel voto sull'ordine del giorno presentato dalla Lega Nord in materia di "agevolazioni fiscali per l'acquisto di mobili finalizzati all’arredo di immobili che sono oggetto di ristrutturazione". Data la scarsità di fondi a disposizione, nell'ordine del giorno la Lega intendeva impegnare il governo a dare la precedenza alle coppie regolarmente unite in matrimonio. Contro l'ordine del giorno si sono schierati coloro che non vogliono discriminare le coppie di fatto. Ebbene, l'on. Binetti ha votato contro e l'on. Gigli si è astenuto. L'ordine del giorno ovviamente è stato bocciato in nome della non discriminazione.

Un ultimo punto è bene ricordare: ancora il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, come citava Scandroglio, raccomanda un atteggiamento chiaro da parte delle singole Conferenze episcopali:  “Laddove una questione di bene comune è in gioco, non è opportuno che le Autorità ecclesiali sostengano o rimangano neutrali davanti a una legislazione negativa anche se concede delle eccezioni alle organizzazioni e alle istituzioni della Chiesa”.

Sulla proposta Scalfarotto dunque, non ci sono spazi per compromessi, non basta ottenere un’eccezione per le organizzazioni ecclesiali: c’è il rischio di una legge che minaccia la libertà di tutti e quindi va rifiutata con chiarezza nella sua totalità.