Omofobia, il braccio violento della legge
Una serie di programmi didattici universitari, anche molto aggressivi, promuovono i due cardini del movimento omosessualista: l'omosessualità è "naturale" ed è in corso una nuova "lotta di classe" fra gay ed eterosessuali.
Ci sono quelli come Barilla che la lezione sull’omosessualità e la parità di genere l’hanno capita tardi e quindi devono essere successivamente rieducati tramite pubbliche scuse e strategie aziendali “inclusive”. Poi ci sono quelli che non difendono a spada tratta la famiglia naturale, però anche in loro albeggia qualche dubbietto sul fatto che due maschi possano “sposarsi” o avere un bambino. Per costoro e in ossequio al noto adagio che è meglio prevenire che curare la comunità omosessuale sta studiando dei percorsi formativi ad hoc.
Presso l’Università di Padova infatti è al via un progetto didattico chiamato “Tuttidiversi”, progetto – così si legge sul sito ufficiale – “realizzato da studenti ed ex studenti con l’associazione Antéros LGBTI Padova ed il contributo dell’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario (ESU)”. Il percorso si snoderà attraverso cinque incontri, iniziati il 14 novembre scorso e che si concluderanno il 12 dicembre. Le tematiche affrontate riguarderanno le “discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, a partire dalle quali si discuterà di lavoro, migrazioni, disabilità, famiglie, inclusione sociale, politiche locali e diritti di coppie e singoli, transessualità”. In particolare si parlerà di discriminazione “nei luoghi di studio, di lavoro e nelle amministrazioni pubbliche” e “negli ambienti sportivi”. L’omofobia è davvero democratica, riguarda tutti e tutto.
Inoltre troviamo nella locandina anche il titolo di un altro incontro: “Migranti LGBT: quali diritti e quali opportunità?”. Non serve la sfera di cristallo per intuire che in quella conferenza si illustreranno gli espedienti amministrativi perché un “matrimonio” gay celebrato all’estero o un’unione omosessuale riconosciuta fuori dall’Italia possa recare qualche vantaggio giuridico anche qui da noi. Poco sotto Natale il ciclo di incontri si concluderà con “Pluralità delle forme di famiglia”. Lasciamo all’intuito del lettore immaginare di cosa si possa trattare.
“ll percorso è patrocinato da Unar (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali presso presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri)” – lo stesso ufficio che mise a punto per il Dipartimento Pari Opportunità un documento strategico per la diffusione in Italia del credo omosessualista - e trova sostegno nella famigerata Rete Lenford (associazione Avvocatura per i diritti Lgbt). Rete che poi è stata finanziata dall’Ordine degli Avvocati di Verona per mettere in piedi il prossimo 22 novembre il convegno dal titolo “Orientamento sessuale e identità di genere nella professione e nella previdenza forense”. Davvero il tema dell’orientamento sessuale può essere appiccicato a qualsivoglia tema che viene in mente: dalle previsioni meteo alla celiachia.
Torniamo al progetto che vede interessata l’università di Padova. Desta sorpresa che tra le qualifiche dei relatori non ci sia nemmeno un docente di ruolo: né un ricercatore, né un professore associato o ordinario. Eppure le porte del prestigioso e serioso ateneo patavino, che ha visto come studenti nomi come quello di Copernico e come docenti Galileo Galilei, si sono magicamente aperte a questo ciclo di incontri. Chissà come avranno fatto nonostante il livello accademico dei relatori non sia elevato. Certo, il gol è stato fortunoso, non ha centrato la rete direttamente, tanto è vero che il luogo dove si svolgeranno gli incontri è il Dipartimento di Scienze Chimiche che con l’omosessualità c’entra come Osama Bin Laden con la pace nel mondo. Non sociologia o giurisprudenza o psicologia, ma chimica. O forse questo dipartimento invece è il luogo più consono. I movimenti omosessualisti infatti tentano con gli alambicchi della propaganda ideologica del gender di inventarsi l’uomo nuovo: neutro nel suo orientamento sessuale fintanto che il soggetto non deciderà in merito.
Iniziative come queste non sono nuove. Lo scorso anno l’Università degli Studi di Milano elargì la bella sommetta di 4.000 euro per un ciclo di conferenze e cineforum organizzato dal gruppo studentesco Gaystatale. A titolo di cronaca: le iniziative proposte dall’Associazione “Erasmus Student Network” – un rete tra studenti che studiano all’estero – non ricevettero un becco di un quattrino perché – così si legge nel verbale del Consiglio di amministrazione – “tali progetti non rientrano nelle finalità indicate nell’avviso agli studenti”.
I soldi pubblici donati al gruppo Gaystatale furono spesi anche per stampare il manifesto che pubblicizzava questi incontri, manifesto che ritraeva Benedetto XVI truccato da donna: un papa drag queen. D’altronde la parola “omofobia” ormai è usata da tempo e da molti, invece il termine “cristianofobia” è un neologismo che non ha diritto di essere proferita dalle labbra di nessuno.
Di queste iniziative per educare le masse omofobe evidenziamo, tra gli altri, un aspetto in particolare. Il fine di tante iniziative culturali non è tanto quello di affermare che l’omosessualità sia una condizione normale. Bensì il fine è la rivendicazione che l’omosessualità sia naturale. Può sembrare un finezza linguistica, ma così non è. Se andiamo a verificare le modalità attraverso cui le lobby gay cercano di sdoganare l’omosessualità vedremo che l’aspetto dialettico-bellicoso è quello che la fa da padrone (ne sono testimonianza diretta i molti incontri sul tema a carattere critico boicottati con violenza da attivisti gay).
L’omosessualità non viene presentata come se fosse una bella giornata di Maggio. Non si esaltano gli aspetti positivi dell’omosessualità, invece si mettono sotto la lente di ingrandimento i conflitti sociali che essa provoca per mano di retrivi baciapile, le presunte istigazioni al suicidio e atti di bullismo, i nemici che vogliono attentare alla libertà individuale della persona omosessuale, le condotte discriminatorie, i diritti negati, etc. Si esalta la parte destruens, non quella costruens. L’approccio è sostanzialmente marziale, altro che gaio. In questo il movimento gay paga lo scotto delle sue ascendenze hegeliane e marxiste.
In altre parole questa strategia assai fosca che poggia sulla dinamica conflittuale tra due opposti inconciliabili è roba vecchia già vista con l’asserita, ma non provata, relazione violenta tra padroni e proletari, ricchi e poveri, nord e sud del mondo, maschi e femmine, donne e famiglia, scienza e religione. Ora tocca al conflitto tra “omosessuali ed eterosessuali”, categorie che nella realtà antropologica nemmeno esistono (la persona omosessuale è un eterosessuale latitante, ebbe modo una volta di scrivere il dott. Roberto Marchesini). E l’unico modo per risolvere il conflitto non è trovare un punto di convergenza, ma obbligare il nemico - l’uomo della strada che non sapeva nemmeno che qualcuno gli aveva dichiarato guerra - alla resa totale ed incondizionata.
Le iniziative benedette anche da alcune austere università pubbliche vanno dunque nella direzione di spingere la normalità ad esporre bandiera bianca perché poi sul campo di battaglia sventoli invece un altro tipo di vessillo: la bandiera arcobaleno del movimento gay.