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INTERVISTA/ LORENZO MONTANARI

Oltre Trump: il trumpismo è in salute e fa crescere gli Usa

“Comunque vadano le elezioni, alla fine, il trumpismo non è affatto stato sconfitto”, dice a La Nuova Bussola Quotidiana Lorenzo Montanari, vicepresidente, Affari Internazionali, di Americans for Tax Reform (Atr). L'eredità del presidente Trump è molto importante. Perché "ha fatto votare il Partito Repubblicano da operai e minoranze etniche, segmenti dell’elettorato che nessun candidato, dai tempi di Nixon, era mai riuscito a conquistare". All'atto pratico "l’eredità più grande del trumpismo è la riforma fiscale". Tant'è vero che nei referendum economici del 3 novembre hanno vinto le politiche "trumpiane". "La causa pro-life è l’altra grande eredità che lasceranno Trump e Pence"

Esteri 13_11_2020
Manifestazione pro-Trump in Nevada

Ha vinto Biden? Non ancora, nonostante le congratulazioni ricevute da quasi tutti i capi di Stato e di governo occidentali (da ultimo, anche dal Papa, proprio ieri). Può ancora vincere Trump? Forse, anche se è improbabile, è ancora possibile. Di sicuro, nel mezzo di tutto questo rumoroso circo mediatico, è difficile comprendere gli umori degli americani. “Comunque vadano le elezioni, alla fine, il trumpismo non è affatto stato sconfitto”, dice a La Nuova Bussola Quotidiana Lorenzo Montanari, vicepresidente, Affari Internazionali, di Americans for Tax Reform (Atr). L’Atr, fondata e presieduta da Grover Norquist, è il più grande think tank del conservatorismo fiscale in America, sottopone un pledge, un patto, ad ogni candidato perché prometta di non alzare le tasse nel corso del suo mandato. E' un gruppo di pressione molto forte, storicamente ha determinato la vittoria o la sconfitta di candidati importanti, fra cui anche la bocciatura alle urne del presidente George Bush (padre) che, nel 1992 aveva disatteso il pledge. Montanari, che è anche redattore dell’International Property Right Index (che misura il rispetto della proprietà privata in tutti i Paesi del mondo) e del Trade Barrier Index (che misura il livello di libertà di commercio), si trova nella posizione ideale per trarre un bilancio temporaneo in tutta questa grande confusione seguita all’Election Day.

Montanari, che clima si respira fra i conservatori dopo il voto?

Aspettiamo di vedere il corso della giustizia americana: che sentenze saranno emesse dai tribunali locali e se la Corte Suprema vorrà esprimere il suo parere, pur considerando che le leggi elettorali, negli Usa, sono statali (locali, ndr). Se la Corte Suprema è a maggioranza conservatrice, cioè “originalista”, potrebbe rispettare la volontà degli Stati interpretando lo spirito federalista della Costituzione. In tal caso non si intrometterebbe. Non dò giudizi di merito, sembra che ci siano state frodi elettorali, dovranno essere portate prove concrete per dimostrarle. La classe dirigente repubblicana appoggia Trump, nel senso che sostiene il diritto di Trump a ricorrere. Ricordiamoci che Al Gore accettò l’esito delle elezioni solo il 13 dicembre 2000, il giorno prima della riunione del Collegio Elettorale (l’assemblea dei Grandi Elettori che eleggono il presidente, ndr). Non deve suscitare alcuno scandalo il fatto che Trump faccia ricorso e si opponga al risultato: è parte del gioco. Che ci siano poi degli elementi del partito che si stanno discostando da Trump, è anche questo prevedibile. Sappiamo benissimo che è stato ed è rimasto un uomo estraneo all’establishment repubblicano.

Che cosa resta del trumpismo?

E’ un fenomeno che ha fatto votare il Partito Repubblicano da operai e minoranze etniche, segmenti dell’elettorato che nessun candidato, dai tempi di Nixon, era mai riuscito a conquistare. Nessuno era riuscito a portare a casa del “Grand Old Party” un risultato così positivo fra gli afro-americani, i latinos e gli asiatici. Sui latinos c’è da aprire una parentesi, perché non costituiscono un “blocco”. L’unica parte dell’elettorato latino-americana che fa “blocco” è quella dei cubani ed è pro-repubblicana. Su tutti gli altri, dalle statistiche che abbiamo ricevuto, la maggioranza ha votato Biden, ma quest’anno c’è più trasversalità. In Stati come la Florida e il Texas, i latinos hanno votato in maggioranza per i Repubblicani. In Arizona, più che il voto dei latinos, ha giocato a sfavore di Trump la famiglia di John McCain (senatore, 1936-2018, ex candidato presidenziale nel 2008, ndr) che ha appoggiato Biden e ha così spaccato la base repubblicana. Va tenuto in considerazione che l’Arizona è un “feudo” di McCain, rivale diretto del presidente.

In che cosa si traduce, all’atto pratico, il trumpismo?

All’atto pratico l’eredità più grande del trumpismo è la riforma fiscale. Senza capirne la portata, non si comprendono neppure le dinamiche del voto del 3 novembre, che in moltissimi casi è il risultato di voti disgiunti. Il 3 novembre, infatti, gli americani non hanno votato solo per il presidente e per il Congresso, ma anche per 120 referendum in 32 Stati. Se analizziamo i risultati di questi referendum, ovunque, hanno premiato le posizioni anti-tasse e “trumpiane”.

Per esempio?

In California, Stato che vota democratico da decenni, nel referendum su Uber ha perso chi proponeva la sindacalizzazione dei suoi autisti. E’ una grande vittoria per la “gig economy”, un settore che dà lavoro a 60 milioni di persone. In Illinois, patria di Barack Obama, il governatore aveva proposto il referendum per abolire la flat tax e ha perso: rimane una flat tax del 4,95%. In Colorado, altro Stato democratico, l’Indepence Institute, un think tank conservatore, ha proposto il referendum per ridurre la tassa sul reddito personale e ha vinto. In Stati tradizionalmente democratici che hanno votato per Biden, dunque, sono state appoggiate politiche “trumpiane”. Il messaggio è passato: la gente riconosce l’importanza della riduzione delle tasse e di una politica economica snella. Ed è un modello che funziona. Fino a febbraio, gli Usa erano il Paese più dinamico del mondo. Nel 2018 era stato definito dal World Economic Forum come il Paese più competitivo, aveva tassi di disoccupazione ai minimi storici. E il sistema ha retto anche alla prova dell’epidemia. Quando sono stati proclamati i lockdown statali, la disoccupazione era schizzata al 14%, poi, da aprile ad oggi, sono stati recuperati 12 milioni di posti di lavoro ed oggi il tasso di disoccupazione è di nuovo al 6,9%. Quasi ai livelli pre-crisi.

Dazi e lotta all’immigrazione hanno rilanciato il lavoro degli americani?

Come Atr siamo sempre stati contrari al protezionismo economico. E siamo anche favorevoli all’immigrazione legale (sottolineo: legale). Lo scambio è un valore, l’immigrazione è un valore e l’America è diventata grande grazie all’arrivo di tanti talenti. Poi c’è l’immigrazione illegale che è tutta un’altra questione, perché è legata alla sicurezza. Ma le guerre commerciali e la lotta all’immigrazione, anche legale, sono i due lati negativi di questa amministrazione. Però il presidente ha compreso una questione fondamentale in economia: l’importanza della proprietà intellettuale quale volano del rilancio economico del Paese. E ha portato al centro del dibattito mondiale il problema della Cina e del suo continuo furto di proprietà intellettuali. Nonostante ciò, l’amministrazione Trump è riuscita a raggiungere un accordo di prima fase con i cinesi e riuscirebbe (o sarebbe riuscita) a far passi in avanti anche nei rapporti commerciali con l’Europa. Era dal 2009 che si parlava di un accordo di libero scambio con l’Ue, ma le due amministrazioni Obama non ce l’hanno fatta, non è dunque colpa di Trump se questo non c’è ancora. Ora Ue e Usa devono puntare insieme sulla protezione della proprietà intellettuale per fondare la loro partnership, considerando che sia nel vecchio che nel nuovo mondo, più di un terzo del Pil è prodotto da attività di innovazione, dove la proprietà intellettuale è tutto. E stiamo parlando di almeno 150 milioni di posti di lavoro.

In Louisiana ha vinto anche il referendum pro-life…

La causa pro-life è l’altra grande eredità che lasceranno Trump e Pence. Perché ricordiamoci che dietro a Trump c’è un grande repubblicano, quale Mike Pence, pro-life, primo vicepresidente a parlare alla Marcia per la Vita, anticipando Trump, il primo presidente a parteciparvi. La nomina di Amy Coney Barrett è stata sicuramente la dimostrazione di una maggior sensibilità della persona Trump per la causa pro-life. Ed ha scelto un giudice che rappresenta un’altra grande minoranza, quella dei cattolici.

Quale è allora la nuova base elettorale repubblicana?

E’ la “working people” più che la “working class”, dunque gente che lavora, non la “classe operaia” intesa in senso ideologico.

“Trump ha perso a causa del Covid”. Sempre che perda realmente queste elezioni, condivide questa analisi ricorrente?

Diciamo che, senza il Covid, Trump avrebbe vinto alla grande. Il Pew Research Center ha rilevato che il 57% degli americani avessero una percezione negativa della comunicazione presidenziale sull’epidemia. E ciò ha avuto il suo peso, considerando che l’opinione pubblica, in queste elezioni, ha valutato il Covid come seconda questione più importante, dopo l’economia. Il 52%, comunque, considerava positiva la performance economica. Quando l’istituto Gallup ha rivolto agli americani la famosa domanda, “stai meglio oggi o 4 anni fa?”, il 56% ha risposto di star meglio oggi. Questi sono i dati oggettivi su cui bisogna ragionare, quando si valuta l’operato di Trump.