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IERI VOTO E POLEMICHE

Ok a direttiva sul copyright, ma può cambiare ancora

E' stata approvata dal Parlamento Ue la direttiva sul copyright, che mira a fissare a livello europeo delle linee guida sulle regole per il diritto d’autore e lo sfruttamento economico delle opere dell’ingegno. Ma il segnale di disponibilità dei colossi come Google mostra che la versione finale potrebbe cambiare. 

Attualità 13_09_2018

Dopo la bocciatura dello scorso 5 luglio, è stata approvata dal Parlamento Ue la direttiva sul copyright, che mira a fissare a livello europeo delle linee guida sulle regole per il diritto d’autore e lo sfruttamento economico delle opere dell’ingegno. I voti a favore sono stati 438, 226 i contrari e 39 le astensioni. Con questa votazione sono state accettate alcune modifiche agli articoli 11 e 13, quelli più controversi, ed è stato dato mandato per i negoziati con il Consiglio e la Commissione, al fine di cercare un’intesa sulla versione definitiva della riforma. La votazione definitiva si terrà, probabilmente, nel gennaio 2019. Dopo l’approvazione del Parlamento Ue toccherà agli Stati membri recepire e mettere in atto la direttiva, il che darà spazio alla discrezionalità dei singoli Parlamenti.

Le modifiche apportate dal Parlamento Ue alla proposta originaria della Commissione europea intendono, in particolare, garantire a creativi e a editori una giusta remunerazione del loro lavoro quando è utilizzato da piattaforme di condivisione come YouTube o Facebook e aggregatori di notizie come Google News. La direttiva prevede che siano stipulati accordi di licenza equi e appropriati con i titolari dei diritti. Il caricamento di contenuti su enciclopedie online senza fini commerciali, come Wikipedia, o su piattaforme per la condivisione di software open source, come GitHub, sarà automaticamente escluso dall’obbligo di rispettare le nuove regole sul copyright.

Sono due gli articoli più contestati della direttiva, ribattezzati rispettivamente “tassa sui link” e “bavaglio al web“: l’articolo 11 introduce la possibilità per gli editori di chiedere il pagamento per l’utilizzo anche di brevi frammenti di testo, i cosiddetti “snippet”, dove viene visualizzata solo una parte del testo di un editore di notizie. I big, come Google e Facebook, dovranno pagare per lo sfruttamento di contenuti protetti dal copyright ed è previsto che saranno anche i giornalisti stessi, e non solo le loro case editrici, a beneficiare della remunerazione derivante da tale obbligo di responsabilità. La semplice condivisione di collegamenti ipertestuali (hyperlink) agli articoli, insieme a “parole individuali” come descrizione, sarà invece libera dai vincoli del copyright.

L'articolo 13 ribadisce la responsabilità delle piattaforme e degli aggregatori riguardo le violazioni del copyright - che vale anche per gli “snippet” - e prevede l'obbligo per le piattaforme di usare dei filtri per impedire la pubblicazione di contenuti protetti. Quindi i giganti della Rete, come YouTube e simili, saranno direttamente responsabili delle copie e degli spezzoni pirata caricati dagli utenti. Sono esclusi startup e piccole imprese del web.

Secondo il relatore del provvedimento, l’eurodeputato popolare tedesco Axel Voss, si tratta di “un buon segnale per l’industria creativa e culturale europea”.

Il vicepremier e Ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, su Facebook ha parlato di “una vergogna tutta Europea”. "D’ora in poi, secondo l’Europa, i tuoi contenuti sui social potrebbero essere pubblici solo se superano il vaglio dei super censori. Con la scusa di questa riforma del copyright, il Parlamento europeo ha di fatto legalizzato la censura preventiva. Oltre all’introduzione della cosiddetta e folle “link tax”, la cosa più grave è l’introduzione di questo meccanismo di filtraggio preventivo dei contenuti caricati dagli utenti", ha detto il leader Cinque Stelle.

"Chiedo al presidente del Consiglio Conte di prendere immediatamente le distanze dalle dichiarazioni infamanti del vicepremier Di Maio contro il Parlamento europeo. Minacciare l'unica istituzione Ue direttamente eletta dai cittadini è da analfabeti della democrazia", ha replicato il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, che aveva appena applaudito la decisione di "difendere la cultura e la creatività europea e italiana, mettendo fine al far west digitale".

Andrea Riffeser Monti, Presidente della Fieg, ha espresso "apprezzamento per l'esito del voto di Strasburgo sulla Direttiva copyright", così come Ricardo Franco Levi, presidente dell'Associazione Italiana Editori (AIE), che ha parlato di "vittoria per la libertà".

In una nota, le associazioni degli editori europee Enpa, Emma, Epc e Nme hanno dichiarato che le nuove regole "aiuteranno a garantire i nostri media indipendenti per la prossima generazione, la condivisione dei diritti per i giornalisti, una modernizzazione delle regole che non soffoca l'innovazione e che promuove l'equità nell'ecosistema digitale. Allo stesso tempo – aggiungono - la riforma del copyright consentirà ai lettori di continuare a condividere link, creare meme e utilizzare Wikipedia, sostenendo le vere notizie e non le fake news".

Ma come hanno reagito i giganti del web? Significativo un comunicato ufficiale di Google, nel quale si legge: "Le persone vogliono avere accesso a informazioni di qualità e contenuti creativi online. Abbiamo sempre detto che più innovazione e più collaborazione sono il modo migliore perché si possa raggiungere un futuro sostenibile per l'informazione e il settore creativo in Europa e siamo impegnati a mantenere una stretta collaborazione con queste industry". Un modo per dirsi pronti a collaborare alla realizzazione del mercato unico digitale in una logica di corresponsabilità e condivisione dei costi. Anche perché le negoziazioni tra istituzioni europee e Stati e le norme nazionali di recepimento di quella che sarà la versione finale della direttiva europea potrebbero modificare anche di molto l’impianto del testo normativo approvato ieri.