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MAGGIORANZE VARIABILI

Oggi qui, domani là. Così Renzi cambia e vince

Il dibattito politico sulla legge di stabilità, sulle unioni civili, sulla riforma costituzionale del Senato e sulla riforma della Rai sta accelerando la dissoluzione dei poli e la creazione di nuove maggioranze. Ma la cosa non turba il sonno al premier, pronto a sfruttare anche il soccorso di forze estranee alla maggioranza.

Politica 20_10_2015
Il premier Matteo Renzi

Il dibattito politico sulla legge di stabilità, sulle unioni civili, sulla riforma costituzionale del Senato e sulla riforma della Rai sta accelerando la dissoluzione dei poli e la creazione di nuove maggioranze. La cosa non turba più di tanto il sonno al premier, che intende arrivare alle prossime amministrative di primavera con un palmares di tutto rispetto, anche sfruttando il soccorso di forze ufficialmente estranee alla maggioranza. 

La settimana scorsa il Senato ha approvato in terza lettura il disegno di legge Boschi, che dovrà tornare in entrambe le Camere per una nuova lettura e che verrà sottoposto a referendum confermativo nel 2016. I voti dei verdiniani hanno contribuito a puntellare il governo, che ora intende trasformare la consultazione popolare in un referendum pro o contro l’esecutivo. Per fare questo, dovrebbe puntare sull’”election day” e fissare il referendum confermativo nello stesso giorno delle amministrative di primavera, ma non è detto che i tempi tecnici lo consentano. Nel frattempo, però, il partito del “no” al Nuovo Senato si sta allargando e vede insolitamente alleati Vendola e Berlusconi, grillini e Lega. È il primo dei fronti trasversali che si stanno creando in Parlamento e nel Paese. 

Il secondo fronte su cui centrosinistra e centrodestra faticano ad essere uniti è quello della legge di stabilità. Ovviamente queste considerazioni si riferiscono alla versione attuale del provvedimento, destinato a essere stravolto, come accade ogni anno, dai condizionamenti delle lobbies. Le prime anticipazioni hanno scosso il Pd e creato una fronda anti-governativa di almeno 80 parlamentari. I punti più controversi riguardano l’abolizione dell’Imu sulla prima casa, contestata dai dissidenti dem perché metterebbe sullo stesso piano le piccole proprietà immobiliari e le case di lusso, e l’innalzamento da mille a tremila euro della soglia di utilizzo dei contanti, che, sempre secondo Bersani, Cuperlo, Bindi e altri esponenti della minoranza Pd, agevolerebbe gli evasori. Per converso, su quei due punti, gran parte del centrodestra è d’accordo con Renzi, il che ha finito per alimentare un’oziosa e sterile discussione sull’impostazione di destra o di sinistra di quella manovra finanziaria. Fatto sta che anche sulla legge di stabilità Renzi sarà costretto a sostituire i voti del suo partito con quelli di altre forze politiche, a riprova della trasversalità di molte scelte fatte da Palazzo Chigi.

Sempre per quanto riguarda la legge di stabilità, un’altra insidia per l’unità della maggioranza di governo potrà arrivare dall’inserimento del canone nella bolletta elettrica. Non tutti sono d’accordo all’interno del Pd, e molti del centro-destra e del Movimento Cinque Stelle sono pronti ad alzare le barricate. Stesso discorso vale per la riforma Rai, che ha iniziato ieri nell’aula di Montecitorio l’iter di approvazione, dopo aver superato l’esame in Commissione. Si tratta di un testo fortemente innovativo, che assegna poteri rafforzati al direttore generale, trasformandolo in un capo azienda dotato della necessaria autonomia per compiere scelte strategiche senza passare dalle forche caudine di un consiglio d’amministrazione altamente politicizzato. Inoltre, il testo di riforma riduce il numero di membri del consiglio d’amministrazione. Su questi punti esiste un prevedibile “cartello” di forze politiche che oppone resistenza perché teme di perdere il proprio potere d’influenza sulla tv pubblica. Dal canto suo, però, l’esecutivo appare risoluto nel far sì che il disegno di riforma venga approvato definitivamente in entrambi i rami del Parlamento entro la fine del mese di novembre. Ciò al fine di consentire al direttore generale di scegliere le risorse migliori per la governance dell’azienda e le professionalità giornalistiche più adatte, anche per rilanciare la qualità dell’informazione del servizio pubblico radiotelevisivo.

Infine, trasversalità piena anche sui diritti civili. Il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, dopo una improvvida fuga in avanti, tesa più che altro a tentare di spaccare il Nuovo Centrodestra, ha fatto marcia indietro, richiamando la libertà di coscienza nel voto sui singoli articoli del disegno di legge Cirinnà. In particolare, sulle adozioni alle coppie gay esistono molte riserve dentro il Pd (i parlamentari Preziosi e Piccoli starebbero raccogliendo le firme su un documento che le esclude). Il Nuovo Centrodestra, gran parte dei parlamentari berlusconiani (non tutti, però), Fratelli d’Italia e Lega si sono apertamente schierati per il no. Perfino i grillini, che in passato hanno spinto molto per il riconoscimento dei diritti civili agli omosessuali, si sono detti indisponibili a votare il disegno di legge Cirinnà, non volendo fare da stampella a un governo evidentemente in difficoltà sul tema e in imbarazzo nei confronti del Vaticano e di milioni di cattolici.

Questa catena di maggioranze variabili su questioni decisive per il futuro della legislatura ha una genesi ben precisa: l’esito equilibrato delle elezioni politiche del 2013, che ci hanno consegnato un’Italia ingovernabile con un sostanziale pareggio tra le tre principali forze politiche. Nel frattempo, però, il Movimento Cinque Stelle sembra serrare i ranghi e prepararsi a governare dopo Renzi. La crescita dei grillini nei sondaggi lascia intendere che per un’ampia e crescente fetta di elettorato sono loro la vera alternativa al premier. Ed è su questo che dovrebbe seriamente riflettere il centrodestra.