Offensiva talebana. E l'Isis apre una sua radio
Mentre Usa ed Europa discutono su come rallentare il ritiro degli ultimi 12 mila militari alleati presenti in Afghanistan i talebani allargano l’offensiva militare invernale al sud e dopo aver conquistato una trentina di distretti in tutto il Paese puntano a prendere il possesso della loro tradizionali roccaforti a Helmand.
Dopo Kunduz tocca a Helmand. Mentre Stati Uniti ed Europa discutono su come rallentare il ritiro degli ultimi 12 mila militari alleati presenti in Afghanistan i talebani allargano l’offensiva militare invernale al sud e dopo aver conquistato una trentina di distretti in tutto il Paese puntano a prendere il possesso della loro tradizionali roccaforti a Helmand. Oltre 100 soldati e poliziotti afghani sono morti negli ultimi giorni nei combattimenti con i talebani a Sangin e l’intera provincia è sul punto di cadere nelle mani degli insorti. Lo ha annunciato il vicegovernatore Mohammad Jan Rasoolyar in un appello rivolto al presidente Ashraf Ghani su Facebook. Un appello lanciato tramite il popolare social media poiché, ha precisato Rasoolyar, «non avevo altro modo di entrare in contatto con il presidente».
Per il vicegovernatore la situazione è «catastrofica» al pari di quella registrata nel settembre scorso nella provincia settentrionale di Kunduz dove il capoluogo venne occupato dai talebani e per riconquistarlo le forze afghane ingaggiarono una furiosa battaglia che coinvolse anche centinaia di militari alleati dell’Operazione Nato Resolute Support che ufficialmente hanno solo compiuti addestrativi. Anche a Helmand sono dovute intervenire nei giorni scorsi forze speciali statunitensi, ma la situazione nella provincia che ha il record non solo di presenza talebana ma anche di produzione di papavero da oppio, resta drammatica. Rasoolyar ha criticato anche «l’indifferenza» di fronte alla morte «di 90 soldati» nei combattimenti di venerdì e sabato. I talebani hanno conquistato il distretto di Sangin dove combatterono aspramente per anni le truppe britanniche e poi statunitensi ma dove oggi le forze aeree statunitensi ancora schierate a Kandahar faticano a intervenire mentre giungono voci di reparti governativi che si rifiuterebbero di ingaggiare battaglia.
Un senatore di Helmand, Hashim Alkozai, ha detto che i talebani hanno bloccato tutte le strade verso il distretto di Sangin, conquistato tutte le sedi militari e della polizia nel distretto lamentando che non è stata fornita assistenza alla polizia di Sangin e che nemmeno il battaglione dell'esercito presente in un'area vicina è intervenuto nonostante la richiesta di aiuto. Da Kabul sono stati inviati rinforzi verso Sangin e il governo ammette di ricevere il supporto delle forze Nato pur sostenendo che sono le forze afghane a combattere sul terreno. Successi talebani si registrano anche nel distretto di Greshk mentre già la scorsa settimana era caduto dopo tre giorni di duri combattimenti il capoluogo del distretto di Khanshin. Il capo del Consiglio provinciale, Karim Atal, aveva indicato che il centro del distretto era caduto in mano agli insorti dopo la decisione di soldati e agenti di polizia di ripiegare verso una vicina base militare. Benché concentrino la pressione militare sulle aree meridionali, meno esposte al rigido inverno afghano, i talebani si fanno sentire anche a Kabul e dintorni. Lunedì un kamikaze ha ucciso sei soldati statunitensi nelle vicinanze della base aerea di Bagram, nella provincia centrale afghana di Parwan, schiantandosi con una moto su un gruppo di militari della missione Resolute Support.
I talebani hanno colpito anche la capitale dove tre razzi sono esplosi in due quartieri centrali di Kabul (Wazir Abkar Khan e Charah-e-Zambaq), non lontano dalla “zona rossa” dei principali uffici governativi, delle ambasciate, compresa quella Usa, e del quartier generale delle forze alleate. Il bilancio di un anno di offensive talebane è gravissimo anche per i civili con 1,2 milioni di profughi interni. Lo ha reso noto a Kabul la Commissione indipendente per i diritti umani afghana (Aihrc), sottolineando che la principale ragione di questo fenomeno è la mancanza di sicurezza e citando in proposito i casi delle province di Kunduz e Helmand. In una conferenza stampa, riferisce Tolo Tv, la presidentessa dell'Aihrc, Sima Samar, ha detto che «le statistiche del 2015 mostrano che un totale di 1.257.552 persone sono state costrette ad abbandonare le loro case, il che significa un incremento del 5% rispetto al 2009». Accanto a questo, ha aggiunto Samar, si deve segnalare un incremento del 21% nel numero delle persone che hanno l’Afghanistan a causa della guerra, che «nei mesi di giungo e luglio interessava 21 delle 34 province afghane».
Una situazione drammatica di cui Washington è consapevole. Il 18 dicembre il segretario alla Difesa statunitense Ashton Carter era giunto a sorpresa a Kabul per esaminare la fragile situazione della sicurezza dopo che il Pentagono ha pubblicato un rapporto in cui emerge che nel secondo semestre di quest'anno la conflittualità in varie province afghane è cresciuta. I media afghani ricordano che nel rapporto del Pentagono di 96 pagine si sostiene chiaramente che «la situazione complessiva della sicurezza in Afghanistan si è deteriorata con un aumento degli attacchi degli insorti che hanno avuto successo e con un numero più alto di vittime sia fra le forze di sicurezza afghane (più 27% rispetto allo scorso anno) sia fra i talebani». Carter ha ricordato che l'impegno per pacificare l'Afghanistan resta «una priorità massima degli Stati Uniti», ma la decisione del presidente Barack Obama di rallentare per il 2016 il ritiro delle truppe americane non pare sufficiente a frenare il collasso delle forze governative tra le quali aumentano le infiltrazioni talebane. Carter ha poi ricordato che al-Qaeda cerca un rilancio in territorio afghano, e che recentemente anche lo Stato Islamico è apparso nel Paese asiatico ponendosi come alternativo sia a governo sia ai talebani e da quattro giorni ha aperto una radio nella provincia nord orientale di Nangarhar.
Ad annunciarlo sono le stesse autorità afghane che hanno chiesto l'aiuto della Nato per distruggere la stazione dell'organizzazione terroristica che trasmette su una frequenza Fm. In una dichiarazione all'agenzia turca Anadolu, un portavoce del ministero della Tecnologia e Telecomunicazione ha spiegato che «l'Isis trasmette su una frequenza concessa dal ministero ad un'altra emittente». Emittente che secondo lo stesso portavoce «ha dovuto chiudere dopo un attacco armato subito in precedenza. Al centro del problema afghano c'è la debolezza strutturale delle forze di sicurezza che non riescono a tenere testa alle offensive degli insorti che si moltiplicano in tutto il Paese. Pesa la carenza di mezzi pesanti, soprattutto di aerei ed elicotteri e un addestramento limitato insufficiente a fronteggiare miliziani esperti e veterani della guerra agli alleati.
L’unica risposta concreta sarebbe riposta bel rafforzamento della presenza militare alleata non ai livelli degli anni scorsi (quando la Nato schierava 140 mila militari) ma almeno al livello di 25/30 mila effettivi divisi in Battle Group operativi con fanteria leggera, artiglieria, forze aeromobili ed elicotteri disseminati nelle sette regioni militari afghane e in grado d intervenire repentinamente in appoggio alle truppe di Kabul. Uno sforzo bellico che nessuno in Occidente è però disposto a sostenere, specie sulla lunga distanza, e così ci si limita a protrarre un’insufficiente missione addestrativa mentre l’Afghanistan cade progressivamente nelle mani degli insorti.