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EDITORIALE

Obiezione di coscienza, piccoli dittatori crescono

Su Micormega Paolo Flores d’Arcais chiede che venga vietata per legge l’obiezione di coscienza ai medici nei reparti che praticano l’aborto, perché non si può accettare che uno operi solo in base alle proprie convinzioni personali. Ma il fondamento dell'obiezione di coscienza è la realtà e la verità, è il bene oggettivo delle persone che il medico si trova di fronte. 

Editoriali 02_03_2017
Paolo Flores d'Arcais

Nel numero di Micromega in edicola, Paolo Flores d’Arcais chiede che venga vietata per legge l’obiezione di coscienza ai medici e al personale sanitario nei reparti che praticano l’aborto. Lo fa sulla scia della polemica circa il concorso della Regione Lazio per due posti di medico al San Camillo di Roma, concorso riservato ai soli candidati abortisti. La cosa, tuttavia, è destinata ad ampliarsi ben oltre questo caso, dato che, per esempio, anche a Treviso è stato indetto un concorso per due biologi riservato a chi non abbia remore morali verso la fecondazione assistita.

Flores sostiene che abortire è un diritto della donna e lo Stato i diritti li deve garantire. Poi dice che se un medico non vuole praticare aborti, faccia dell’altro, si occupi di altri campi, oppure non faccia il concorso. Se uno vuole attenersi al principio “non uccidere”, poi non deve arruolarsi in polizia o nell’esercito e quindi invocare il diritto di coscienza di non sparare. Faccia un altro mestiere.

Poi aggiunge che se passa l’idea che uno possa fare obiezione di coscienza quando qualcosa non è in accordo con le sue opinioni personali, succederebbe il caos. Anche un giornalaio potrebbe appellarsi all’obiezione di coscienza e non venderti una rivista che contrasta con le sue idee. Infine si chiede se sarebbe accettabile «che il 70% dei medici (in alcune regioni il 90%) si rifiutasse di fare trasfusioni perché la religione dei Testimoni di Geova le reputa un delitto? Chi non le vuole fare scelga un altro mestiere». In conclusione: chi ha un ruolo nello spazio pubblico deve essere indifferente al bene e al male e svolgere la funzione di dar corso ai diritti, oppure faccia dell’altro.

Il diritto all’obiezione di coscienza non trova la propria motivazione nella coerenza soggettiva con se stessi, la cosiddetta autenticità. Antigone non ha affrontato la morte per essere coerente con se stessa, ma con la “legge degli Dei”. Socrate non ha bevuto la cicuta per essere coerente con se stesso, ma con la Verità, al cui tribunale aveva sottoposto anche la Bulé di Atene.

So bene che il diritto all’obiezione di coscienza nel significato di Flores è frutto del soggettivismo moderno, secondo cui non ci sono verità ma solo opinioni e il valore non sta nelle idee professate ma nella sincerità con cui le si professa. Ma proprio qui è l’assurda contraddizione: dopo aver puntato sul diritto alla fedeltà assoluta alle proprie opinioni garantita dallo Stato, ora i sostenitori della democrazia del vuoto come Flores si accorgono che se così fosse la società non potrebbe reggere e perfino i giornalai farebbero quello che vogliono. Però, anziché correre ai ripari ripristinando il fondamento vero dell’obiezione di coscienza, ossia la realtà e la verità, preferiscono impedire quella stessa obiezione di coscienza soggettiva – come coerenza con le proprie opinioni – che essi stessi hanno culturalmente prodotto. L’esito è totalitario.

Secondo me anche al giornalaio dovrebbe essere concessa l’obiezione di coscienza nella vendita di riviste che corrompono (ma meglio ancora sarebbe non permetterne la stampa). E’ anche assurdo pretendere che uno che non voglia uccidere non possa fare il poliziotto o il militare. Non c’è infatti bisogno che costui invochi poi un diritto all’obiezione di coscienza a non sparare, perché nel caso di legittima difesa ciò è moralmente lecito. Il principio “non uccidere” non fonda un pacifismo assoluto, dato che, appunto, permette l’uso della forza in caso di legittima difesa. 

Infine c’è il caso delle trasfusioni ai testimoni di Geova. Flores: «Sarebbe accettabile che il 70% dei medici (in alcune regioni il 90%) si rifiutasse di fare trasfusioni perché la religione dei Testimoni di Geova le reputa un delitto? Chi non le vuole fare scelga un altro mestiere». Qui la contraddizione interna esplode. Il motivo per cui un medico in questo caso deve fare ugualmente la trasfusione non è la coerenza con la propria opinione oppure l’ossequio alla legge positiva, ma la fedeltà ippocratica al bene oggettivo dell’ammalato. Lo stesso motivo per cui il medico obiettore non pratica aborti. Se il funzionario pubblico dovesse solo dar corso ai diritti soggettivi, allora bisognerebbe attenersi ai desideri del paziente testimone di Geova o dei suoi familiari. Perché Flores chiede questo comportamento nei confronti delle motivazioni soggettive di una donna che vuole abortire e non lo chiede per le motivazioni soggettive di un testimone di Geova? 

Bisogna però riconoscere che Flores, dal suo punto di vista, ha ragione. La richiesta di abolire per legge l’obiezione di coscienza è, nella sua incoerenza, coerente. E questa coerenza ci fa capire dove si andrà a finire, applicando fino in fondo quel punto di vista. Il giornalaio venda di tutto, l’insegnante insegni di tutto, la farmacista venda di tutto, il medico pratichi di tutto, il parlamentare approvi di tutto, il sindaco sposi di tutto… altrimenti facciano altro. Se non è discriminazione totalitaria questa…