SCENARI
Obama prende a calci l'Italia
Da quando è presidente annulla
una dietro l'altra le commesse militari per le industrie italiane. Necessaria
una risposta del premier Monti.
Attualità
06_02_2012
L’ 8 febbraio la Commissione Difesa del Senato discuterà del programma F-35, cioè dell’acquisizione dei nuovi jet statunitensi per le nostre forze aeree e navali. Come è stato ricordato su queste pagine, il tema ha scatenato una forte polemica tra chi vorrebbe evitare di aderire a un programma militare così costoso (oltre 16 miliardi di euro più i 2 già versati) e il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, che insieme ad Aeronautica e Marina difendono a spada tratta l’F-35.
In realtà queste acquisizioni non guardano solo alla qualità del prodotto. L’F-35 sarà forse un prodigio tecnologico in futuro ma per ora è molto indietro nella fase di sviluppo, come sottolinea anche il Pentagono che ne ha rallentato l’acquisizione, e costa sempre di più. I fattori che dovrebbero entrare in discussione dovrebbero riguardare l’interesse strategico dell’Italia e la disponibilità di Washington ad acquisire in cambio prodotti militari “made in Italy”. A differenza di George W. Bush jr., che ricompensò la disponibilità italiana ad inviare truppe in Iraq e Afghanistan con ampie commesse, il presidente Barack Obama ci prende regolarmente a calci in faccia. Senza voler riesumare le indebite pressioni della Casa Bianca per farci combattere la guerra libica contro il nostro alleato Muhammar Gheddafi, è sufficiente restare sul pano industriale per notare sgarbi reiterati ai nostri prodotti.
Nel 2009, appena insediatosi alla Casa Bianca, annullò l’ordine per la nuova flotta di elicotteri presidenziali, vinta dall’AW-101 di AgustaWestland (Finmeccanica). Una commessa da 6,5 miliardi di dollari destinati a raddoppiare, annullata quando erano già state prodotti sette velivoli.
Lo slogan populistico “buy American” utilizzato da Obama come strumento anticrisi si è tradotto in una serie di calcioni nel di dietro all’Italia.
Lo slogan populistico “buy American” utilizzato da Obama come strumento anticrisi si è tradotto in una serie di calcioni nel di dietro all’Italia.
Nonostante fosse il velivolo più adatto ai requisiti militari l’AW-101 è stato estromesso anche dalla gara pere gli elicotteri Combat Sar, specifici per il recupero dei piloti caduti dietro le linee nemiche e pochi giorni or sono la Defense budget priorities and choises, cioè la lista della spesa presentata dal capo del Pentagono, Leon Panetta, ha cancellato l’ordine per 38 cargo tattici Alenia Aermacchi C-27j Spartan.
La motivazione? Non servono più anche se sono il meglio al mondo per portare truppe e materiali negli angoli più remoti e in piste in terra battuta, ma i 21 già in produzione e 13 in servizio verranno venduti sul mercato raddoppiando così’ il danno all’azienda italiana che non riuscirà a vendere aerei nuovi ad altri Paesi finché non saranno piazzati gli “usati garantiti” ex statunitensi, più economici perché svenduti. Washington ce l’ha con gli italiani? Pare di si anche perché ambirebbe a togliere di mezzo l’industria europea (o renderla vassalla di quella americana) dal mercato degli armamenti approfittando del fatto che la crisi ha ridotto le commesse europee. Obama ci tratta a pesci in faccia e lo dimostrano anche le difficoltà incontrate dalla nostra Aeronautica per comprare dagli statunitensi ordigni e software necessari ad armare i velivoli teleguidati Reaper e Predator che abbiamo acquisito da loro.
La Casa Bianca non è però tenera neanche con gli altri europei. Basti pensare alla “porcata” tirata ai franco-tedeschi di Eads annullando la commessa per i nuovi aerei da rifornimento vinta dall’Airbus per indirne un’altra su misura per Boeing, sconfitta nella prima gara.
Il potere arrogante del “buy American” meriterebbe però una risposta adeguata. Finmeccanica ha in teoria le carte migliori per aggiudicarsi la competizione per il nuovo addestratore avanzato delle forze aeree statunitensi, con l'M-346 Master di Alenia Aermacchi. Si tratta senza dubbio del velivolo mi9gliore presente sul mercato nel suo segmento ma con l’aria che tira negli States non sarebbe male se l’8 febbraio governo e parlamento italiani dicessero forte e chiaro a Washington che compreremo l’F-35 solo se loro acquisteranno il Master e si terranno i C-27J.
Il potere arrogante del “buy American” meriterebbe però una risposta adeguata. Finmeccanica ha in teoria le carte migliori per aggiudicarsi la competizione per il nuovo addestratore avanzato delle forze aeree statunitensi, con l'M-346 Master di Alenia Aermacchi. Si tratta senza dubbio del velivolo mi9gliore presente sul mercato nel suo segmento ma con l’aria che tira negli States non sarebbe male se l’8 febbraio governo e parlamento italiani dicessero forte e chiaro a Washington che compreremo l’F-35 solo se loro acquisteranno il Master e si terranno i C-27J.
Il governo tecnico di Mario Monti ha una buona occasione per dissolvere i molti dubbi che circolano sull’autonomia del suo esecutivo non solo dall’asse Parigi-Berlino ma anche da Washington. Gli affari sono affari e l’Italia deve acquistare l’F-35 solo se ci conviene e se l’industria americana ci fornirà finalmente contropartite sostanziose e concrete. In caso contrario possiamo benissimo fare a meno di quell’areo acquistando nuovi Typhoon (ne avevamo ridotto il numero da 121 a 96) equipaggiandoli anche per l’attacco come fanno i tedeschi. Non è quello che vuole l’Aeronautica italiana e certo ci costerà comunque qualche miliardo ma almeno con il Typhoon lavoreranno le nostre aziende, da produttori e non da sub-contraenti dell’americana Lockheed Martin.
Certo la Marina senza F-35 non riuscirà a rimpiazzare gli Harrier sulla portaerei Cavour ma questo problema potrebbe essere risolto tra qualche anno acquistando o prendendo in leasing dai marines una ventina di F-35B con costi tutto sommato limitati. In ogni caso sono gli interessi nazionali che devono prevalere non le forme di vassallaggio politico, strategico e industriale. Restituire un paio di pedate a Obama potrebbe indurlo a portarci più rispetto e in ogni caso a un governo che vuole “salvare l’Italia” è lecito chiedere di spiegarci almeno a vantaggio di chi.