Obama non accoglie i rifugiati cristiani
Negli Stati Uniti, un giudice federale che seguiva una causa sui rifugiati siriani constata una scomoda verità: su 11mila siriani giunti negli Usa come perseguitati politici, solo 56 sono cristiani. Eppure i cristiani sono la minoranza più perseguitata in Siria. Come si spiega questa sotto-rappresentazione?
Negli Stati Uniti, una causa apparentemente secondaria intentata da un'organizzazione umanitaria contro il Dipartimento della Sicurezza Interna, ha svelato un po’ di altarini dell’amministrazione Obama. Si scopre, infatti, che il governo federale mantiene un segreto impenetrabile sull’identità di organizzazioni terroristiche che potrebbero essere infiltrate fra i rifugiati siriani. Ma soprattutto: che sono pochissimi i cristiani siriani accettati in territorio statunitense, mentre quasi tutti sono musulmani. E questo, anche agli occhi di un giudice federale, appare come un’inspiegabile politica che ha il sapore di una discriminazione religiosa.
La causa è stata intentata dall’associazione senza fini di lucro Heartland Alliance’s National Immigrant Justice Center, che chiede al Dipartimento della Sicurezza Interna di pubblicare (in base alla Legga sulla Libertà di Informazione) i documenti sulle organizzazioni terroristiche “di terza categoria”. Il Dipartimento, infatti, divide le organizzazioni terroristiche in tre categorie. L’identità delle sigle che rientrano nelle prime due è di pubblico dominio, nella terza sono ancora segrete. Il motivo della segretezza è chiaro: su di esse si devono raccogliere ancora informazioni di intelligence, anche attraverso interviste ai rifugiati. Dunque non può essere rivelata alcuna identità, per proteggere i testimoni e anche per indurli a parlare di organizzazioni che non sono ancora palesemente nel mirino. L’intelligence sta facendo il suo lavoro, insomma. E così hanno ragionato anche i tre giudici federali che hanno raccolto la causa intentata dalla Heartland Alliance: l’associazione umanitaria non può motivare “cosa potrebbe mai guadagnare il governo dall’accusare di terrorismo innocue organizzazioni”. Perché è soprattutto questo il motivo dell’associazione umanitaria: “sottolinea di non credere – dicono i giudici – che il governo mantenga segreti degni di nota sui richiedenti asilo”.
Ma è proprio fra le righe della motivazione dei magistrati che il giudice Daniel Manion esprime la sua “preoccupazione sull’evidente assenza di cristiani siriani fra gli immigrati da quel paese”. I cristiani costituiscono il 10% della popolazione siriana, ma sono “meno dell’1% dei rifugiati siriani ammessi negli Stati Uniti quest’anno”. A dirla tutta: sono una frazione insignificante. Barack Obama aveva promesso, all’inizio dell’anno, di dare ospitalità a 10mila rifugiati siriani. Nel corso dell’anno ne ha accolti mille in più, dunque 11mila in tutto fino a metà settembre. Di questi, i cristiani sono: 56 (cinquantasei).
I cristiani sono la minoranza più perseguitata della Siria. L’Isis prende di mira soprattutto loro, così come Al Nusrah (ex filiale di Al Qaeda in Siria) e la maggior parte dei gruppi fondamentalisti che combattono nelle file della ribellione anti-Assad. Quindi, anche da un punto di vista puramente umanitario, pur volendo ignorare motivi politici e religiosi, dovrebbero avere la priorità. Eppure sono pochissimi, una presenza pressoché irrilevante. L’amministrazione Obama, dichiara Manion, “non ha mai fornito spiegazioni convincenti su questa discrepanza che lascia perplessi”.
Ci sono, però, alcune spiegazioni che possiamo dare. La prima è stata fornita alla Nuova Bussola Quotidiana da Mtanios Haddad: i cristiani siriani tendono a restare in patria più di altre minoranze, proprio perché si sentono parte integrante del tessuto sociale del paese e non intendono arrendersi o fuggire. Le stesse istituzioni ecclesiastiche di Damasco, di qualunque confessione, invitano i cristiani a non partire, o per lo meno a rifugiarsi in paesi vicini, da cui possono tornare facilmente a casa. Questo aspetto non esaurisce la risposta, però. Perché 56 cristiani su 11mila rifugiati accettati negli Usa, sono una percentuale veramente troppo irrisoria anche rispetto ai cristiani fuggiti dalla Siria (circa 2% della popolazione cristiana). Un’altra plausibile spiegazione è politica. Obama ha esplicitamente dichiarato guerra al regime di Assad. I cristiani, non fosse altro che per motivi di sopravvivenza, sono quasi tutti schierati in difesa di Assad. Quindi, agli occhi dell’amministrazione Obama, sono “collaborazionisti”. I “perseguitati” sono, al contrario, gli islamici che combattono contro il governo di Damasco, anche se estremisti, anche se possibili membri di sigle terroristiche. Tornano anche alla memoria altri episodi dell’amministrazione Obama. Come quando, inizialmente, non concesse il visto alla suora irachena Diana Momeka, invitata negli Usa a prender parte a un convegno sulle persecuzioni religiose. Solo un'intensa mobilitazione mediatica ne aveva permesso l'ingresso. Stessa sorte toccata anche al governatore nigeriano cristiano Jonah David Jang. Unico cristiano e unico a cui era stato negato il visto su tutta la delegazione di capi di governo locale della Nigeria del Nord.
Quindi il sospetto di discriminazione anti-cristiana viene ed è legittimo. E si può spiegare solo con una malintesa politica di appeasement con l’islam, oltre che con una visione progressista del mondo e della storia in cui i cristiani sono ancora visti nel ruolo di privilegiati dalle potenze coloniali.