Nuova schiavitù? Quella del politicamente corretto
Il convegno in Vaticano su cambiamenti climatici e nuove schiavitù lancia un messaggio fortemente distorto, incolpando il riscaldamento globale di fenomeni che sono molto più antichi e hanno ben altra causa. E la cui risposta dovrebbe essere ben nota, almeno nella Chiesa.
«L’ecologia è totale, è umana. E questo è quello che ho voluto esprimere nell’enciclica Laudato si’: che non si può separare l’uomo dal resto». Queste parole pronunciate da papa Francesco martedì 21 luglio ai 70 sindaci convocati dalla Pontificia Accademia delle Scienze e Scienze sociali per discutere di “Nuove schiavitù e cambiamenti climatici”, potrebbero rappresentare la critica più radicale all’ambientalismo. Il pensiero ecologista dominante infatti vede l’uomo in conflitto con “il resto”, cioè la natura che lo circonda, e per questo il cardine di ogni politica ambientalista è proprio il massimo limite possibile alla presenza umana: sia quantitativamente, con il controllo delle nascite; sia qualitativamente, con il freno allo sviluppo (che consuma risorse). Non è un segreto – è scritto in molti libri – che per gli ambientalisti il mondo sarebbe molto meglio, e ovviamente in equilibrio, senza la presenza dell’uomo, al punto che le correnti più radicali si spingono fino ad invocare l’autoestinzione del genere umano.
Le parole del Papa che, offrendo una chiave interpretativa alla sua enciclica (“sociale”, “non verde”, ha tenuto a precisare), ha riposto l’uomo al centro del Creato, potrebbero dunque essere la critica più radicale a questo ambientalismo. Potrebbero.
In effetti, il messaggio uscito dal convegno organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze è di tutt’altro segno, di oggettivo sostegno a un certo ambientalismo che attribuisce all’attività umana ogni genere di male possibile. E non poteva essere altrimenti, visto anche il bizzarro accostamento tra cambiamenti climatici e “nuove schiavitù” che dava il titolo al convegno stesso. La spiegazione del titolo sta nel fatto, diceva la presentazione del presidente della Pontificia Accademia monsignor Marcelo Sanchez Sorondo, che «il riscaldamento globale è una delle cause della povertà e delle migrazioni forzate, e favorisce il traffico di esseri umani, il lavoro forzato, la prostituzione e il traffico degli organi». Affermazioni azzardate, peggiorate poi dal livello degli interventi che sull’onda dell’entusiasmo ha fatto del riscaldamento globale praticamente la causa principale se non unica delle nuove schiavitù.
Da qui anche la richiesta di un accordo globale sul clima che ci si aspetta venga siglato dai capi di Stato e di governo al summit di Parigi previsto per il prossimo dicembre.
Sarebbe davvero singolare se in Vaticano credessero sul serio che un accordo sulle politiche climatiche diminuirebbe la povertà, il flusso migratorio, la prostituzione e via dicendo.
Significherebbe anzitutto che da quelle parti le idee sono piuttosto confuse riguardo alla realtà mondiale. Ad esempio la povertà, dal secondo dopoguerra ad oggi è notevolmente diminuita in tutto il mondo, se è vero – statistiche FAO – che la percentuale di sottonutriti nella popolazione mondiale è scesa dal 37% del 1970 all’11% attuale, il tutto mentre la popolazione raddoppiava (dai 3 miliardi e mezzo circa agli oltre 7 miliardi). E neanche a farlo apposta, un contributo importante per questo risultato lo si deve all’incremento di produzione agricola (tra il 25 e il 40%) favorito dall’aumento di concentrazione nell’atmosfera della tanto vituperata CO2 (anidride carbonica), che è un potente fertilizzante. Peraltro, ci sarà pure un motivo se gli storici del clima definiscono i periodi più caldi della storia – dato che il clima è in continuo cambiamento dall’origine del mondo – “optimum” (romano, medievale), intendendo con questo che sono storicamente i periodi più positivi per la vita umana.
Pensare poi che le migrazioni forzate siano dovute ai cambiamenti climatici causati dall’uomo non trova alcun riscontro nella realtà. È vero che nel corso dei secoli i cambiamenti climatici hanno favorito insediamenti umani (perfino in Groenlandia, il cui nome significa “Terra verde”) o li hanno scoraggiati (tra il XVI e il XVIII secolo, durante la “piccola era glaciale” diverse città delle Alpi svizzere furono cancellate dai ghiacci). Ma tutto ciò è nella natura delle cose. Dei 235 milioni di migranti attualmente costretti a lasciare il proprio paese, nessuno può essere definito un “profugo ambientale”, malgrado questa definizione stia diventando molto popolare. Non a caso nessuno di quelli che approda sulle nostre coste dichiara di essere fuggito dal proprio Paese a causa dell’aumento di uragani che gli impedisce di vivere nel proprio villaggio. Un eventuale accordo a Parigi non aiuterebbe il governo Renzi nell’affrontare l’emergenza sbarchi.
E se pensiamo al traffico di esseri umani che c’è in Asia, soprattutto donne portate a forza in Cina da Vietnam e Corea del Nord, invece che prendercela con un leggero aumento di temperature dovremmo guardare agli effetti della “politica del figlio unico” in Cina che, provocando uno squilibrio demografico, fa sì che in quel Paese ci siano troppi maschi (già oggi circa 20 milioni) senza una femmina da sposare. Per queste povere donne un eventuale accordo a Parigi non solo non risolverebbe nulla, ma peggiorerebbe addirittura la situazione perché in cambio di una firma in calce all’accordo si perdonerebbe alla Cina anche più di quel che già oggi si fa finta di non vedere.
Che poi anche la prostituzione sia incrementata dai cambiamenti climatici – come si è sentito affermare in questi giorni - è decisamente risibile, a meno che non si intenda l’aumento di fatturato che si registra nelle città che di volta in volta ospitano le mega-conferenze sul clima.
Siccome la Chiesa è giustamente preoccupata dei tanti fenomeni di schiavitù che affliggono il mondo, meglio sarebbe affrontare le vere cause che sono molteplici: culturali, religiose (sarebbe interessante un focus su islam e schiavitù ad esempio), politiche, economiche, e così via.
Ma soprattutto ci si aspetterebbe, almeno in Vaticano, che una menzione – per quanto piccola – fosse riservata al peccato originale che, piaccia o non piaccia, è la “madre di tutte le schiavitù”, da cui tutto il resto discende. E da cui, tempo fa, è venuto Qualcuno a liberarci. Chissà se alla Pontificia Accademia delle Scienze si ricordano Chi è.