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L'EDITORIALE

Nucleare, un'isteria irragionevole

Il dramma umano delle vittime di terremoto e tsunami è cinicamente oscurato dai media che usano i problemi alla centrale di Fukushima per rilanciare una campagna contro il nucleare.

Editoriali 16_03_2011

“Incubo nucleare”, “Catastrofe nucleare”, “Terrore radioattivo”: i titoli di giornali e tg in questi giorni non vanno tanto per il sottile. E visto il disastro provocato dal terremoto e, soprattutto, dal successivo tsunami con diecimila tra morti e dispersi, centinaia di migliaia di sfollati, mancanza di energia elettrica e cibo che comincia a scarseggiare, la cosa appare decisamente irrispettosa e cinica, visto che quanto al nucleare per ora si parla di rischi e potenziali pericoli. Tanto più che si ha la netta impressione che i problemi alla centrale di Fukushima Daiichi  siano enormemente amplificati non per l’interesse ai giapponesi che ne sarebbero vittime, ma per motivi ideologici legati alle scelte energetiche di casa nostra.


Non a caso si è subito messa in moto la macchina propagandistica del “mai più il nucleare”, tanto più che in Italia ci attende un referendum sul tema tra pochi mesi. Ed è molto alto il rischio che si ripeta il drammatico errore del 1987 quando, pochi mesi dopo la tragedia di Chernobyl, un referendum combattuto sull’onda dell’emotività, condannò l’Italia a privarsi dell’energia nucleare.

La sensazione è rafforzata dalla constatazione del modo in cui si è fatta in questi giorno una selezione delle notizie. Nello stesso distretto di Fukushima, infatti, il terremoto ha provocato l’11 marzo il cedimento di una diga e l’ondata d’acqua che ne è seguita ha cancellato un paese intero, portandosi via centinaia di abitazioni e provocando un numero imprecisato di vittime. Su questo episodio, solo pochi lanci di agenzia e nessuno che abbia chiesto uno stop alla costruzione di centrali idroelettriche. Del resto anche in Italia, abbiamo vissuto nel 1963 la tragedia del Vajont, con oltre 2mila vittime e nessuno si è mai sognato di chiudere tutte le centrali idroelettriche.


Si dirà che l’energia nucleare è potenzialmente più pericolosa di altre fonti di energia. Ma appunto, lo è “potenzialmente”. La realtà, anche dopo Chernobyl,  invece ci dice che è la più sicura e basta confrontare le vittime legate all’uso delle diverse fonti energetiche  - è un lavoro che svolge il Paul Scherrer Institute – per rendersene conto. Una precisazione va poi ripetuta sul caso Chernobyl, per chi non ricordasse cosa successe allora: l’esplosione del reattore nucleare fu soprattutto una tragedia del comunismo, perché a capo della centrale non c’era un ingegnere esperto ma un burocrate del partito che, ignorando i consigli dei tecnici, prese decisioni che provocarono quell’incidente. Non solo, la maggior parte delle vittime fu dovuta alla mancanza di informazioni da parte del regime (il presidente era allora Gorbaciov) che non mise in atto nessun sistema di sicurezza e per giorni nascose anche la notizia ai paesi confinanti.


Detto questo, non si vuole certo fare finta che a Fukushima non sia successo nulla, anzi non si possono escludere al momento anche conseguenze gravi. Ma in ogni caso resta che i fatti vanno guardati considerando tutti i fattori e senza isterismi ideologici. Su alcune questioni riguardante l’incidente in sé abbiamo già scritto.


Qualche parola bisogna però spendere sulle decisioni che dovranno essere prese in materia di politica energetica dal nostro paese. Se l’energia nucleare presenta dei rischi, non è che le altre strade ne siano esenti, anzi.


Oggi dipendiamo soprattutto dai combustibili fossili, petrolio e gas anzitutto, e da questa dipendenza stiamo giustamente cercando di svincolarci, almeno parzialmente visto che comunque per gli anni a venire tali combustibili continueranno a fare la parte del leone in tutti i paesi sviluppati. Il petrolio sappiamo che è inquinante, ma non solo: sappiamo anche che tutti i combustibili fossili, prima o dopo, sono destinati ad esaurirsi e quindi, andando in quella direzione, anche i costi tenderanno ad aumentare. Inoltre, la dipendenza da petrolio e gas significa dipendenza da paesi la cui affidabilità è molto a rischio. Per chi l’avesse dimenticato il nostro maggior fornitore di petrolio e gas è la Libia, e non sappiamo cosa potrà succedere nei prossimi  mesi. Ritrovarsi a subire i ricatti di un Gheddafi che riconquista il paese, non è uno scenario allettante.


Al di fuori di queste fonti ci sono il nucleare e le fonti rinnovabili. Queste ultime non hanno certamente la potenzialità di soddisfare il fabbisogno nazionale, e oltretutto sono già molto costose come ha dimostrato l’ultima relazione dell’Authority sull’energia. Mentre è importante continuare il lavoro di ricerca anche su queste fonti per migliorarne la resa, rimane il nucleare come alternativa per diminuire la dipendenza dai combustibili fossili. Con tutte le cautele del caso, certamente. Ma bloccare lo sviluppo di questa fonte significa condannarsi a scenari ben peggiori che non il rischio potenziale di un incidente nucleare.