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PARIGI

Nozze gay postume per la vittima dell'attentato

Xavier Jugelè si è sposato con Etìenne Cardile, con cui aveva già stretto un Pacs. Alla cerimonia hanno assistito anche l'ex presidente François Hollande e Anne Hidalgo, sindaco di Parigi. C'è un dettaglio: Xavier è morto il 20 aprile scorso, nell'attentato degli Champs Elysées. Quindi è nata una nuova tipologia di "matrimonio": quello postumo. E le conseguenze sono maledettamente serie.

Famiglia 02_06_2017
Tributo a Xavier Jugele

“Finchè morte non vi separi” è ormai formula decrepita. Per la laicissima Francia il matrimonio è proprio eterno, nel senso che si può contrarre anche con un defunto. Credevamo di averle viste tutte: dalla poligamia, al “nozze” omosex, dal “matrimonio” interspecie o transumana (con l’amico a 4 zampe) a quello con i robot per finire all’automatrimonio, ma ci sbagliavamo di grosso.

Il 30 maggio scorso il defunto Xavier Jugelè, poliziotto parigino ucciso il 20 aprile da un attacco terroristico sugli Champs-Elysées, si è “sposato” con il compagno Etìenne Cardile, con cui già aveva stretto un Pacs. Dopo essere volato in cielo è quindi convolato a nozze. Alla cerimonia hanno partecipato il sindaco della capitale Anne Hidalgo, l'ex presidente François Hollande, il ministro dell’Interno Gérard Collomb ed altre autorità, tutte accorse presso il XIV arrondissement di Parigi per assistere alla cerimonia. Insomma momento di rilevanza istituzionale e di grande spessore.

Non è un buffonata improvvisata dal sindaco o dal governo, ma facoltà disciplinata dall’art. 171 del Codice civile francese. C’è anche un organo del Ministero della Giustizia, il Dacs, che fornisce tutte le risposte in merito al matrimonio postumo, espressione tecnica di carattere giuridico. Ci sono formalità da espletare - come la presentazione di domanda scritta, il certificato di morte, etc. – e alcuni requisiti da soddisfare. Ci soffermiamo su due. Innanzitutto  occorre provare la volontà inequivocabile del de cuius di sposarsi. Sul sito del governo che spiega come sposarsi un cadavere vengono indicate le seguenti possibili prove: “documenti ufficiali (es. pubblicazioni matrimoniali), la redazione di un contratto di matrimonio, la prenotazione di una sala per la cerimonia, vari impegni presi (ristorante, fotografo, etc. ...), l'acquisto degli abiti, l’attestazione di aver partecipato ad un corso per fidanzati in vista di un matrimonio religioso, la testimonianza di genitori, delle famiglie, di amici, colleghi, etc.”.

Secondo requisito: occorre produrre “prove che dimostrino l'esistenza di una ‘grave causa’, come la presenza di bambini (certificato di nascita o un certificato medico di gravidanza), la stabilità e l'anzianità della convivenza (comunicazioni del fisco, fatture, certificati di domicilio emessi dal municipio), o le circostanze della morte”. Nel caso del poliziotto Jugelè il grave motivo è stato l’attentato subito a Parigi. Quindi la volontà di “sposarsi” c’era, ma la morte improvvisa del giovane ha stroncato sul nascere questo proposito.

Raccolte tutte le prove, si istruisce un fascicolo, lo si manda al Procuratore generale della Corte di Appello e al Procuratore del Tribunale regionale perché validino la richiesta. Alla fine l’ultima parola spetta al Presidente della Repubblica che tramite decreto autorizza le nozze post mortem. E dato che in Francia il matrimonio è sia etero che omo, il fatto che siamo in presenza di una richiesta di “matrimonio” omosessuale dal punto di vista burocratico non fa problema alcuno. Ecco quindi servito il “matrimonio omosessuale postumo”. 

Pare quindi di trovarsi di fronte ad un upgrade del matrimonio in articulo mortis disciplinato dal Codice di diritto canonico, un matrimonio necrofilo oltre il 90°. Perché il matrimonio così come è stato pensato da Dio, quello che sta nell’alto dei cieli e non all’Eliseo, è solo tra i vivi. «Alla risurrezione non si prende né marito né moglie, ma si è come gli angeli del cielo» (Mt 22,30) ci rivelò Gesù. Insomma con la morte del coniuge il matrimonio non solo finisce, ma non può nemmeno iniziare. L’amore invece tra gli sposi durerà per l’eternità.

L’art. 171 confermerebbe quindi il malsano detto popolare che il matrimonio è la tomba dell’amore, visto la possibilità di contrarlo con i trapassati. A posto di messe di suffragio, ben più utili per lo sfortunato poliziotto, cerimonie laiche per raccogliere “Un sì lo voglio” presunto, con tutte le conseguenze giuridiche prevedibili: legittime nei testamenti, pensioni di reversibilità, etc. Senza poi contare che il coniuge superstite, magari stanco di essere sposato con una salma, potrebbe chiedere divorzio e il defunto come potrebbe opporsi? Per par condicio dovremmo anche in questo caso provare la sua inequivocabile volontà di separarsi consensualmente oppure di adire alle vie legali. Come fare? Con una seduta spiritica? Seduta spiritica utile anche per sondare, di tanto in tanto, la volontà del compianto di continuare a rimanere sposato con il vivente, il quale poi dovrebbe rigar dritto dato che lassù tutti vedono tutto.

Se la vicenda non riguardasse la drammatica morte di una persona per mano di terroristi, verrebbe quasi da ironizzare auspicando che questa forma di matrimonio perenne – il governo francese ha declinato in modo personalissimo la proprietà dell’ “indissolubilità” – venga estesa anche qui da noi. Tra Marilyn Monroe, Cary Grant e indietro nel tempo fino a Cleopatra e il bel Paride ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta per i viventi. Inoltre, per coerenza logica, perché non far sposare anche due persone entrambe morte? I criteri prima indicati – volontà certa e gravi motivi – potrebbero valere anche in questo caso. 

Ma il matrimonio postumo è ahinoi cosa serissima. E’ la certificazione burocratica di un affetto, quasi che lo Stato non dovesse solo preoccuparsi dell’assunzione di particolari doveri nascenti dal vincolo – e solo i vivi possono soddisfare gli obblighi giuridici – ma anche dei sentimenti per chi non c’è più.

Curioso poi che l’ateo Stato francese faccia un’eccezione alla sua laicità, non solo certificando in carta bollata che esiste un Aldilà, ma – e non è un battuta, bensì mera constatazione – riconoscendo soggettività giuridica alle anime dei trapassati. Ma forse non è una eccezione, bensì una interpretazione ipertrofica della stessa laicità: uno Stato che pretende di estender il suo governo e le sue leggi là dove domina solo la signoria di Dio.