Nozze gay celebrate da un giudice supremo
Usa, Ruth Baden Ginsburg, giudice della Corte Suprema, è stata fra i cinque alti magistrati che hanno abolito la Legge in Difesa del Matrimonio. Dopo pochi mesi, la stessa giudice ha celebrato le nozze gay di un suo amico.
Alla fine del giugno scorso, la Corte Suprema degli Stati Uniti si espresse per l’incostituzionalità del Defense of Marriage Act (il Doma, nel quale si definisce il matrimonio come unione tra un uomo e una donna), legge che costituiva l’ultimo baluardo contro il riconoscimento federale delle nozze gay. Tra i nove membri della Corte, furono cinque quelli che con il loro voto affossarono il Doma. Tra loro Ruth Baden Ginsburg, giudice ottantenne, che siede alla Corte Suprema grazie alla nomina del Presidente Bill Clinton. A distanza di poco più di due mesi da quel voto, perfettamente inserito nel solco della politica di Obama in tema di matrimonio omosessuale (altri due membri che si sono espressi contro il Doma, Elena Kagan e Sonia Sotomayor, sono stati nominati dall’attuale inquilino della Casa Bianca), la stessa Ginsburg ha officiato le nozze di Michael Kaiser, 59 anni, e John Roberts, 32.
Fin dal 2010, come affermato dal giudice della Corte, la Ginsburg avrebbe potuto celebrare matrimoni omosessuali, già legali nel District of Columbia, dove si trova la capitale Washington, ma, non avendo mai ricevuto richieste in tal senso, mai le si era presentata l’occasione. Interpellata dal New Yorker, la Ginsburg dichiarò a marzo che probabilmente nessuno le aveva mai chiesto di unire in matrimonio gay o lesbiche perché era nell’interesse del movimento omosessualista poter contare su giudici immuni da critiche. Non che non si sapesse come la pensa il giudice ottantenne – nelle previsioni sul voto della Corte era sempre indicata come tra i favorevoli alle nozze gay – ma indubbiamente l’immagine di un membro della Corte Suprema mentre celebra un matrimonio omosessuale non avrebbe potuto che destare clamore e dubbi circa il giudizio che successivamente sarebbe stato espresso. Meglio, per una volta, stare lontano dai riflettori.
Il valore simbolico della scelta di celebrare il matrimonio è stato sottolineato anche da uno dei due diretti interessati: Michael Kaiser ha infatti affermato di aver chiesto al giudice di sposarlo, in quanto amica di vecchia data, ma anche perché un tale evento può contribuire a rendere visibile il matrimonio omosessuale, che viene così percepito dalla gente come qualcosa che fa parte della vita e non come un motivo di divisioni e continui dibattiti.
Al Washington Post, una settimana prima di celebrare le nozze, l’ottantenne Ginsburg dichiarò che le persone che si amano e vogliono vivere insieme dovrebbero essere in grado di godere delle «benedizioni» del rapporto coniugale. Un proclama che ricorda il «Love is love» con cui Obama festeggiò sui social network la decisione della Corte Suprema avversa al Doma. Il membro della Corte ha anche detto di sperare che non passi troppo tempo fino al prossimo matrimonio omosessuale officiato da un collega (ella stessa ha annunciato di avere in agenda un’altra celebrazione per questo mese). Ma la militanza della Ginsburg a favore della propaganda della lobby Lgbt non si è fermata a quel gesto simbolico.
Venerdì scorso, a Philadelphia, invitata a parlare dal National Constitution Center, istituzione dedita a dibattiti e celebrazioni incentrati sulla Costituzione statunitense, la Ginsburg ha affermato che il crescente consenso a proposito di matrimonio gay riflette il «genio» della stessa Costituzione. Come riportato dall’Associated Press, secondo il giudice la Carta americana trova il suo fulcro nel concetto di uguaglianza, applicato da sempre a favore di categorie quali neri, donne ed oggi, appunto, omosessuali.
I fatti riguardanti il giudice Ginsburg mostrano chiaramente quanto la propaganda omosessualista si nutra di simboli ed immagini destinate a lanciare un messaggio ben preciso: la legge, lo Stato, le istituzioni tutte e chi le incarna “autorevolmente” approvano il matrimonio gay, che, da legale, ben presto diviene normale e sinonimo di uguaglianza e progresso. La foto di una signora ottantenne che celebra il matrimonio tra un suo vecchio amico ed il compagno di quasi trent’anni più giovane non può che giovare ad una campagna mediatica ormai inarrestabile.