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CHIESA

«Nozze ed esequie, non c'è nessuna novità»

La nuova Istruzione della Congregazione del clero sulla conversione pastorale delle parrocchie è stata salutata da molti media come una svolta, per la partecipazione dei laici ai funerali e ai matrimoni. Ma in realtà nell'istruzione è contemplato solo quanto già in vigore, e l'intenzione dichiarata è invece quella di frenare certe libere interpretazioni.

Ecclesia 21_07_2020

Giornali e telegiornali hanno sparato ieri titoloni sul "sì a nozze e funerali celebrati dai laici" a proposito della nuova Istruzione curata dalla Congregazione per il Clero, parlando sensazionalisticamente di "svolta". Ma è davvero così? “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa”, questo il nome del documento approvato da papa Francesco il 27 giugno 2020, nel capitolo dedicato agli "Incarichi e ministeri parrocchiali" investe "il Vescovo, a suo prudente giudizio" della possibilità di affidare "ai diaconi, alle persone consacrate e ai fedeli laici, sotto la guida e la responsabilità del parroco" alcuni compiti, tra cui "la celebrazione del rito delle esequie" e "dove mancano sacerdoti e diaconi", "previo il voto favorevole della Conferenza Episcopale e ottenuta la licenza dalla Santa Sede" la facoltà di assistere ai matrimoni.

Non è corretto, però, parlare di "svolta in Vaticano": infatti, come appare evidente anche nei rimandi, già nel n.9 dei Praenotanda compresi nell'Ordo Exsequiarum del 1969 viene disposto che le "esequie nella Liturgia della Parola possono essere celebrate dal diacono" e, "se la necessità pastorale lo esige, la Conferenza Episcopale può, con il consenso della Sede Apostolica, designare anche un laico". Una circostanza confermata nel 1997 nell'"Istruzione Ecclesiae de mysterio su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti", dove si legge che "i fedeli non ordinati possono guidare le esequie ecclesiastiche solo nel caso di vera mancanza di un ministro ordinato ed osservando le norme liturgiche in merito", precisando che "a tale compito dovranno essere ben preparati, sia sotto il profilo dottrinale che liturgico".

Dando un'occhiata a quest'ultimo documento, redatto 23 anni fa dalla Congregazione per il Clero insieme ad altri 7 dicasteri della Curia romana, è possibile smontare il sensazionalismo utilizzato da buona parte dei media per commentare la nuova Istruzione anche a proposito delle nozze: infatti, nell'articolo 10 dedicato proprio al tema "L'assistenza ai matrimoni", ci sono due capoversi che fanno riferimento alla "possibilità di delegare fedeli non ordinati ad assistere ai Matrimoni può rivelarsi necessaria, in circostanze molto particolari di grave mancanza di ministri sacri", specificando, però, che essa "è condizionata al verificarsi di tre requisiti: Il Vescovo diocesano (...) può concedere tale delega unicamente nei casi in cui mancano sacerdoti o diaconi e soltanto dopo aver ottenuto, per la propria diocesi, il voto favorevole della Conferenza episcopale e la necessaria licenza della Santa Sede".

Nulla di nuovo sotto il sole, dunque, con il documento approvato lo scorso 27 giugno: questa eventualità per le nozze, infatti, è già prevista nel Codice di Diritto Canonico nei canoni 1112 e 1116 laddove si dice che, in mancanza di sacerdote e diaconi, il Vescovo diocesano può delegare a presiedere anche un "laico idoneo" che sia "capace di istruire gli sposi e preparato a compiere nel debito modo la liturgia del matrimonio".

Piuttosto, va sottolineato il carattere di eccezionalità di questi casi non certo occultato nell'ultima Istruzione - differentemente da quanto fatto in molti titoli e articoli giornalistici - con la conferma di quella che è la regola generale che, in quanto tale, può ammettere eccezioni pur col consenso della Conferenza Episcopale e in accordo con la Santa Sede.

Il documento, al contrario, sembrerebbe voler mettere un freno a certe libertà interpretative che talvolta si concedono alcuni vescovi in merito alla partecipazione dei fedeli laici alla missione della Chiesa. Monsignor Andrea Ripa, infatti, nella presentazione d'accompagnamento all'Istruzione, scrive che "non è raro (...) che la visione della comunità parrocchiale e della cura pastorale proposti dal Magistero ecclesiale, dal Concilio Ecumenico Vaticano II fino all’insegnamento di Papa Francesco, e di conseguenza naturalmente entrati nella normativa canonica, diventino un quid troppo soggettivo, un vero 'secondo me', a discrezione del singolo Vescovo o del singolo gruppo, con interpretazioni non di rado improprie della vita di una comunità e del ministero dei pastori".

In questo stesso testo, il sotto-segretario della Congregazione per il clero ribadisce che il presente documento non contiene "novità legislative". E non a caso, in ambienti ecclesiali che potremmo semplicisticamente definire progressisti, l'uscita di "La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa" è stata accolta con grande amarezza e delusione, non senza critiche al pontefice accusato nemmeno troppo velatamente di aver esaurito definitivamente la sua spinta propulsiva riformatrice.

Ma d'altra parte, l'eredità del Concilio Vaticano II sulla collaborazione del laicato al ministero dei sacerdoti è riassunta in quanto disse san Paolo VI agli Uditori laici in un discorso del 1963: "La Chiesa è articolata in persone, organi e istituti che hanno distinte funzioni".
L'Istruzione divenuta pubblica ieri si colloca in questo solco, contrariamente a quanto sostenuto dai delusi. Quando denuncia il "clericalismo", molto spesso papa Francesco fa riferimento proprio alla "tentazione di clericalizzare i laici" presente in tanti preti, così come a quei "tanti laici (che) in ginocchio chiedono di essere clericalizzati". C'è da sperare che il modo fuorviante e superficiale con il quale buona parte dei media hanno annunciato novità - che in realtà non sono novità - su nozze ed esequie non esponga da domani i parroci alle richieste di chi vorrebbe farsi celebrare il matrimonio in chiesa dal migliore amico o dal capo ufficio.