Notre Dame, monito per la cristianità. Ma la Vergine ci indica la Via
La Francia è stata spesso teatro di apparizioni mariane non a motivo della (passata) fedeltà cristiana ma a causa della progressiva perdita della fede. È in questo contesto che va letto il drammatico incendio che ha distrutto la cattedrale parigina di Notre Dame. L’allontanamento da Dio condanna l’uomo a smarrire la propria identità. Domato l’incendio, non è ancora spento il fuoco dell’odio anticristico che cerca di spegnere la fede nel Redentore. Ma la Madonna a Medjugorje ci ricorda che la Chiesa «è indistruttibile, perché mio Figlio le ha dato un cuore: l’Eucaristia».
- SE IL MONDO CHE DISPREZZA IL MEDIOEVO PIANGE PER NOTRE DAME di Luca Volontè
“La Francia ha corrotto l’universo, un giorno sarà punita. La fede si spegnerà in Francia”: così si legge nel testo, datato 3 luglio 1951, in cui è riportato il segreto che la Vergine rivela a Massimino Giraud nell’apparizione a La Salette del 19 settembre 1846. Una frase assai dura, che non si comprende appieno se non si considera che proprio in Francia nascono o si sviluppano quelle correnti di pensiero che sono causa diretta o indiretta dell’odierna apostasia dilagante: il razionalismo, l’illuminismo, il positivismo.
A prima vista, poste queste premesse, parrebbe difficile capire perché così tante delle apparizioni mariane moderne ufficialmente riconosciute dalla Chiesa cattolica abbiano avuto luogo proprio in Francia: basti pensare a Rue du Bac, a Parigi, nel 1830; a La Salette, nel 1846; a Lourdes, nel 1858; Pontmain, nel 1871. Ancora, bisogna rammentare che proprio in Francia, precisamente a Laus, hanno avuto luogo, dal 1664 al 1718, le apparizioni più lunghe della storia: per ben 54 anni, infatti, la Vergine Maria è apparsa a Benedetta Rencurel.
Perché un tale privilegio celeste viene riservato alla Francia? Verrebbe da pensare che sia a causa del glorioso passato cristiano, a partire dalla conversione del re Clodoveo (nel 496), seguito da tutto il popolo, che ha radicato la fede cattolica così profondamente nel paese da far meritare alla nazione l’appellativo di “figlia prediletta della Chiesa”. Ma la ragione è esattamente l’opposto: la Francia è stata così sovente teatro di apparizioni mariane non a motivo della (passata) fedeltà cristiana ma a causa della progressiva perdita della fede. In fondo, il medico visita più sovente chi è maggiormente malato.
È in questo contesto che, a mio parere, va letto il drammatico incendio che, nella notte tra il 15 e il 16 aprile (rispettivamente, primo giorno della Settimana Santa e memoria liturgica di Santa Bernadette Soubirous, la veggente di Lourdes, il santuario mariano più visitato in Europa, secondo nel mondo soltanto a quello della Virgen de Guadalupe, in Messico) ha distrutto la cattedrale parigina di Notre-Dame, edificio sacro risalente al XII secolo e patrimonio dell’Unesco. Un incendio sulle cui cause non si è ancora fatta piena chiarezza, ma sul quale occorre interrogarsi più in profondità, se non si vuol rischiare di lasciarsi sfuggire quello che può essere un segno importante per comprendere il tempo in cui viviamo e il futuro che si profila dinanzi a noi.
Una cattedrale è segno della devozione di un popolo, espressione della sua cultura artistica ma, soprattutto, segno visibile di un anelito verso l’infinito che anima il cuore di ogni uomo. Tanto che lo stesso edificio sacro - la cattedrale di Chartres ne è esempio sopraffino - veniva curato fin nei minimi particolari e rifiniture architettoniche anche sulla sommità di guglie e torri che svettavano alte nel cielo, laddove occhio umano non poteva arrivare. Ma lo sguardo di Dio sì. Insomma: ogni dettaglio era curato in maniera precisa perché la cattedrale era, anzitutto, segno della devozione e dell’amore per Dio, prima ancora che espressione dell’ingegno e dell’abilità umana.
La perdita di questa dimensione verticale condanna l’uomo a smarrire la propria identità. Come ben aveva sintetizzato San Giovanni Paolo II affermando che, rinnegato il Creatore, anche la creatura stessa va perduta. Se non so più di Chi sono - cioè se rinnego il mio essere figlio di Dio - neppure so più chi sono.
Contro questo sguardo puntato alle cose di lassù (Col 3, 1-2) si leva lo spirito del mondo che cerca di ridurre la vita dell’uomo alla sola dimensione terrena, negando ogni trascendenza e apertura al divino. Proprio a questo mondo che odia la Verità, che è Cristo (Gv 14, 6), pensavo vedendo le fiamme ghermire e consumare ineluttabilmente la cattedrale di Notre Dame. E mi ritornava alla mente il monito lanciato dalla Regina della Pace a Medjugorje, alla fine del secolo scorso: “Cari figli, vi invito a riflettere sul vostro futuro. Voi state creando un nuovo mondo senza Dio, solamente con le vostre forze. Ed è per questo che non siete contenti, e non avete la gioia nel cuore” (messaggio del 25 gennaio 1997).
Certo, l’ateismo non è una novità. Ma l’apostasia dilagante dell’inizio del terzo millennio sì: perché di questo si tratta, cioè di un ateismo che, per quanto pratico e non sempre filosofico, è ormai diventato un fenomeno di massa. Per cui ben conviene distinguere, anche quando si parla della cristianità, tra battezzati e credenti (essendo questi realmente tali se, e solo se, sono anche praticanti).
Un ateismo di massa, dunque, che prepara il terreno per la massima impostura anticristica, per il momento cioè in cui satana siederà nel tempio indicando se stesso come dio al posto di Dio, come ha ben profetizzato San Paolo nella sua Seconda Lettera ai Tessalonicesi. Una circostanza diabolicamente perversa nei confronti della quale ha messo in guardia anche la Madonna a Medjugorje, dicendo che la terra è “ogni giorno più lontana da Dio” perché satana “mette se stesso al posto di Dio” (messaggio del 25 ottobre 2008).
Conferma di tali profezie mariane - perché tali si possono considerare, a mio avviso, tutti i messaggi di Medjugorje relativi al demonio ormai libero dalle catene (cfr. messaggio dell’1 gennaio 2001) e alla perdita della fede - vengono proprio dalla Francia, in cui lo spirito della laicité ha condotto dapprima a indifferenza religiosa, poi al rifiuto di Cristo, e oggi all’espressione di un laicismo che non di rado ha vestito anche i panni dell’intolleranza astiosa e violenta. A motivo della quale più d’uno si è chiesto se non ci fosse motivo di credere che dietro l’incendio di Notre Dame non potesse esserci un’esplicita intenzione di colpire la cristianità.
Quali che siano le reali cause materiali che hanno condotto alla distruzione di uno degli edifici sacri più importanti del patrimonio artistico mondiale, a noi dovrebbe premere anzitutto di cogliere il senso spirituale di un simile drammatico evento. E questo credo che stia anzitutto nel considerarlo un monito per la cristianità, per ricordare a ogni discepolo di Cristo che, se il mondo ha odiato il Signore, è normale che odi anche i suoi discepoli. E, ancora, si tratta di un monito che giunge il primo giorno della Settimana Santa, allorché la Chiesa cattolica si appresta a rivivere, giorno per giorno, il cammino del Cristo verso la croce gloriosa della Resurrezione, passando per la Passione e la salita del Calvario. Non si tratta solo di una pia devozione o di una sterile memoria storica, bensì di un memoriale vivo e attualizzante che ci rende consapevoli di come la Chiesa sia chiamata a rivivere la Passione del Signore, per conseguire poi il premio della Resurrezione eterna (cfr. Catechismo n° 675-677).
Domato l’incendio di Notre Dame, non è ancora spento il fuoco dell’odio anticristico che così violentemente cerca di distruggere la fede in Gesù Redentore e Salvatore del mondo, attraverso la persecuzione violenta della sua Chiesa. Ci sostengano, ancora una volta, le parole della Regina della Pace che, parlando della persecuzione odierna della Chiesa, così conforta i Suoi figli: “Ora la Chiesa soffre ed ha bisogno di apostoli che… vivendo l’Eucaristia col cuore, compiano opere grandi. Ha bisogno di voi, miei apostoli dell’amore. Figli miei, la Chiesa è stata perseguitata e tradita fin dai suoi inizi, ma è cresciuta di giorno in giorno. È indistruttibile, perché mio Figlio le ha dato un cuore: l’Eucaristia” (messaggio del 2 dicembre 2015). Facciamo tesoro di queste parole e raccogliamoci, con perseverante speranza, attorno all’Eucaristia, cuore dell’invincibile Chiesa di Cristo.