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Non solo Ucraina. Ecco i cieli a rischio missili

L’Ucraina non è certo l’unica area in cui un jet di linea rischia di venire abbattuto per errore, ritorsione o semplice atto terroristico. I cieli dell’Algeria, del Malì, della Libia e dei Paesi, come l'Iraq e la Siria, dove sono in corso guerre, sono ad altissimo rischio.

Esteri 29_07_2014
Batteria di missili anti aerei

L’abbattimento del Boeing 777 malese nei cieli dell’Ucraina ha avuto forti ripercussioni sulle agenzie internazionali che si occupano di traffico aereo civile e sulle compagnie aeree, che sembrano aver scoperto solo ora che, ogni giorno, decine di velivoli di linea sorvolano aree ad alto rischio o vere e proprie zone di guerra. Reazioni dovute, in qualche caso un po’ isteriche o ispirate più a valutazioni politiche che di sicurezza, ma che in ogni caso dimostrano che un problema, rimasto per anni latente, è finalmente emerso.

In Ucraina orientale negli ultimi mesi sono stati abbattuti due dozzine di aerei ed elicotteri di Kiev, per lo più colpiti da missili antiaerei portatili, con un raggio d’azione limitato a circa 4mila metri di quota, ma in almeno un caso a quote superiori i 6 mila. Ciò nonostante, Kiev non ha mai chiuso i cieli di Donetsk al traffico aereo civile benché proprio lì si combattessero battaglie aeree e gli ucraini abbiano registrato intrusioni di jet da combattimento russi per fronteggiare i quali hanno schierato batterie di missili antiaerei Buk, non certo necessari per far fronte alle inesistenti forze aeree dei separatisti. Chiudendo lo spazio aereo sul Donbass, Kiev avrebbe ammesso di non avere il controllo su una parte consistente del suo cielo e del suo territorio, ma le agenzie internazionali del volo (specie quelle americane ed europee) avrebbero dovuto allertare già dalla primavera scorsa le compagnie aeree di evitare di sorvolare quella regione.

L'abbattimento del volo Mh17 potrebbe essere considerato "un crimine di guerra" secondo la commissaria Onu per i diritti umani Navi Pillay, ma consentire per mesi ai voli di linea di sorvolare zone di guerra non è forse un crimine? Il sospetto di una “gestione politica” dell’incidente esce rafforzato dalla decisione degli esperti internazionali di rinunciare a ispezionare il luogo dove è precipitato il Boeing 777, nonostante l'autorizzazione ottenuta dai ribelli e annunciata dal governo malese, «a causa dell'alto livello di pericolosità dovuto ai violenti scontri tra ribelli filo-russi ed esercito ucraino che imperversano nella zona». Gli organismi internazionali che non hanno esitato a far volare aerei di linea su un area di guerra, rinunciano a inviarvi i loro ispettori perché è pericoloso?

L’Ucraina non è certo l’unica area in cui un jet di linea rischia di venire abbattuto per errore, ritorsione o semplice atto terroristico. Molti voli diretti in Africa occidentale dall’Europa sorvolano il Sud dell’Algeria, il Malì, la Libia, Paesi dove sono in corso vere e proprie guerre civili o sono presenti milizie in grado di procurarsi armi di ogni tipo grazie al denaro incassato con i traffici di droga, armi ed esseri umani. Colpire un aereo in volo a 10 mila metri di quota non è facile e richiede sistemi missilistici a guida radar e personale ben addestrato, ma in fondo queste due condizioni non sono difficili da soddisfare per chiunque abbia pochi milioni di dollari da spendere ricorrendo al mercato nero e a mercenari. Gli arsenali dell’esercito libico di Muammar Gheddafi e parte di quelli degli eserciti ucraino, siriano e iracheno sono oggi “sul mercato” inclusi i missili antiaerei. Almeno 10 mila di quelli portatili a corto raggio sono scomparsi dalle caserme libiche e finiti sul mercato nero che alimenta insorti e terroristi. Armi che non possono colpire velivoli ad alta quota, ma restano letali quando gli aerei di linea sono appena decollati o in procinto di atterrare, opzione che da molti anni rappresenta una delle maggiori minacce terroristiche.

Che dire poi delle tante compagnie aeree che sorvolano regolarmente il cielo iracheno? Anzi, British Airways, Air France, Lufthansa e Qantas e altre volano verso Oriente passando su Mosul, la città irachena conquistata a inizio giugno dalle milizie dello Stato Islamico. Emirates ha annunciato ieri che i suoi voli diretti a Baghdad e Erbil (Kurdistan) cambieranno la loro rotta. Negli ultimi giorni a Washington è scattato un nuovo allarme per la sicurezza delle centinaia di voli passeggeri che passano ad alta quota sui cieli iracheni. L’intelligence Usa teme che i jihadisti sunniti dello Stato Islamico (Is) che controllano ormai saldamente il nord del Paese possano essere riusciti a impadronirsi di batterie di missili terra-aria di fabbricazione russa, come gli  SA-11 Gadfly sospettati di aver abbattuto il Boeing 777 della Malaysia Airlines. Missili trafugati dagli arsenali siriani o forse anche iracheni (entrambi gli eserciti ne sono equipaggiati).

Il Pentagono ha ordinato alle forze speciali inviate in Iraq per assistere le truppe di Baghdad di accertare le capacità anti-aeree dello Stato Islamico mentre la Us Federal Aviation Agency (Faa) ha proibito o limitato alle compagnie aeree americane il sorvolo dello spazio aereo anche di molti Paesi africani quali Congo, Etiopia, Somalia, Malì, Kenya, Sinai egiziano e Libia. Bando che si aggiunge a quelli in vigore su Est Ucraina, Corea del Nord, Iraq, Iran, Siria e Yemen.

L’improvvisa fobia per la sicurezza del traffico aereo civile ha colpito anche Israele a causa dei razzi lanciati da Hamas verso lo scalo aereo di Tel Aviv, l’aeroporto internazionale Ben Gurion. Lo Stato ebraico è forse il bersaglio più ingiustificato del bando dei voli considerato che nessun Paese ha fatto tanto quanto Israele per la sicurezza aerea. Solo i velivoli della El Al (e qualche aereo presidenziale) sono protetti da un sistema laser antimissile mentre lo “scudo” Iron Dome ha finora intercettato quasi tutti i razzi lanciati dai palestinesi e tutti quelli diretti verso il Ben Gurion. Un solo razzo è caduto a due chilometri da una pista ma non sembra essersi tratto di un “buco” nel sistema di difesa, ma solo di un razzo che il sistema di controllo dell’Iron Dome non ha ritenuto di dover intercettare perché non era diretto su aree abitate o obiettivi sensibili.   

Inoltre, la decisione di molte compagnie e agenzie occidentali di sospendere temporaneamente i voli su Tel Aviv comporta un forte danno d’immagine (oltre che economico) per Israele e aiuta Hamas nella guerra contro lo Stato Ebraico. I miliziani palestinesi che con oltre 2.500 razzi lanciati in 20 giorni sono riusciti a uccidere appena 3 civili israeliani, ora sanno, grazie agli occidentali, che per ottenere un risultato strategico è sufficiente lanciare ordigni verso l’aeroporto Ben Gurion. Anche se non lo colpiranno incasseranno comunque una vittoria simbolica sul fronte mediatico arrecando un grave danno a Israele.